giovedì 17 dicembre 2009

ARIA DI NEVE

Nevica!
... e allora libri legati alle basse temperature, in senso fisico o metaforico, in cui il gelo non sempre si scioglie nel calore del focolare come avviene nelle fiabe, ma alla cui suggestione non si può rinunciare.

• PETER CONIGLIO. RACCONTO D’INVERNO
Basato sulle storie di Beatrix Potter, Sperling & Kupfer, 22,00 euro
Il racconto della Potter è basato su una delle sue opere meno note, ma non meno affascinanti: la scrittrice ammise di aver scritto una storia diversa, in cui non ci fossero solo persone per bene, ma due personaggi antipatici, Tommy Tasso e il signor Tod. Un pomeriggio d’inverno, un’avventura a lieto fine per Peter coniglio e il cugino Benjanim, che riescono ad evitare i pericoli della foresta e a fare una buona azione in pieno clima natalizio.
Libro illustrato, con una sorpresa all’ultima pagina: un meraviglioso albero innevato pop-up.

• IL PIANETA DEGLI ALBERI DI NATALE
Gianni Rodari, Einaudi ragazzi 2008, 15,50 euro
L’edizione riprende fedelmente l’originale del 1962 con le illustrazioni del grande Bruno Munari: due uomini d’ingegno e fantasia.
Il Pianeta degli alberi di Natale, la cui esistenza è stata anticipata nel libro Filastrocche in cielo e in terra, trova ora definizione: lo scopre Marco, un bambino di Roma (del Testaccio), che come un naufrago galleggia in groppa al suo cavallo a dondolo e viene recuperato dalla Via Lattea dall’equipaggio di un’astronave proveniente proprio dal misterioso Pianeta.
Un romanzo talmente bello, da meritare la lettura non solo dei bambini.

• ALTRI GIORNI, ALTRI ALBERI
Paolo Caredda, ISBN 2009, 16,00 euro.
Scrittore genovese, Caredda è prima regista e documentarista poi anche scrittore: quella appena uscita per ISBN (Milano) è una favola rivolta ad un pubblico adulto, una fantasia per giorni non chiari, come si legge nel sottotitolo. Siamo a Genova, ma in una Genova fuori dal tempo e dallo spazio, in cui si scatena una guerra fra gli alberi di natale che rappresentano i diversi quartieri. Surreale, ma con un’anima gentile, ricco di riferimenti e citazioni tratte dal cinema e dalla letteratura.
Le illustrazioni in b/n sono di Alvise Renzini, artista bolognese, che si esprime con videoclip, animazione, grafica televisiva e… disegno. Dal 1997 espone in collettive e personali e firma produzioni per televisione e cinema.


• PROFUMO DI GHIACCIO
Yoko Ogawa, Il Saggiatore 2009, traduzione di Paola Scrolavezza, 16,00 euro
E’ un giallo che arriva dal Giappone. A scriverlo una scrittrice contemporanea fra le più famose, in Giappone come all’estero (traduzione delle sue opere in francese, spagnolo, tedesco, inglese, cinese), laureata all’università di Tokyo con il professore che traduce Paul Auster in giapponese e traduce ora le opera della stessa Ogawa in inglese.
Una storia che parte dall’estremo Oriente per arrivare nel cuore dell’Europa, a Praga, sulle tracce di un amore e di un enigma. Una storia dove si incontrano profumi conturbanti e calcoli matematici e in cui il destino delle persone, come nella migliore tradizione Giapponese, è scritto nei loro nomi: il significato di Ryoko, la protagonista che ripercorre la storia dell’amato, è “colei che cerca destini”.
Dopo il sorprendente e delicato romanzo La formula del professore (2003, in italiano 2008 per Il saggiatore), un’altra opera legata alla matematica.
Per citare altri titoli della Ogawa tradotti in italiano: L’anulare (1994, in Italia Adelphi 2007), breve romanzo in cui si racconta di uno speciale laboratorio dove vengono conservati “esemplari” (esemplari di vario genere, dai funghi a…..; e la raccolta di racconti Una perfetta stanza d’ospedale (1989, in Italia per Adelphi 2009).

• PRIMA DI DOMANI
Jorn Riel, Iperborea 2009, traduzione di José Maria Ferrer, 13,50 euro
Danese, esploratore ed etnologo, inviato dell’ONU in medio oriente ed in estremo oriente, Riel a vent’anni (siamo negli anni ‘50, Riel nasce nel 1031 a Odense) si unisce ad una spedizione di esploratori e si stabilisce in Groenlandia, dove trascorre diversi anni, allo scopo di registrare le modifiche dello spessore del ghiaccio ed inviarne i dati per radio in Danimarca: la vocazione di scrittore forse nasce proprio là nel silenzio bianco (delle quaranta opere scritte circa venti sono ambientate in Groenlandia).
La sua misura di narrazione è il racconto, lo skroner, tipicamente nordico, in cui alla realtà si aggiunge un po’ di ironia, un po’ di immaginazione, un po’ di esagerazione.
Le prime raccolte di racconti risalgono al 1974, quando viene pubblicato La vergine fredda (in Italia con Iperborea nel 2002) e da allora Riel non ha mai smesso di scrivere: il legame con la natura, il timore ed il rispetto per essa sono sempre evidenti, sia nei racconti “nordici” che in quelli di ambientazione più calda che Riel ha conosciuto girando il mondo come inviato ONU. Come pure è sempre presente l’utopia di una società senza confini.
Dei panorami nordici si raccontano il ghiaccio, il candore e le lunghissime notti, le tempeste di neve, i rumori sordi della banchisa, gli iceberg vaganti. E poi la vita dei cacciatori (è inevitabile il collegamento con Hans Ruesch e il suo Paese dalle lunghe ombre ormai introvabile) e , il tocco originale di Riel in tutti i racconti (si prenda ad esempio quelli della raccolta Una storia marittima del 1986, tradotta in Italia sempre per Iperborea nel 2004), l’ingresso di personaggi buffi e di situazioni improbabili a sorprendere il lettore.
Prima di domani, è invece un romanzo che vuole raccogliere la memoria storica del popolo Inuit e vuole richiamare l’attenzione sulla tragedia del loro massacro. Tradizione, avventura e realtà storica si fondono in una delle opere più intense del grande scrittore danese, premiato nel 1994 dai Librai danesi come migliore scrittore dell’anno.

• NEVICA E HO LE PROVE. CRONACHE DAL PAESE DELLA CICUTA
Franco Arminio, Laterza 2009, 9,50 euro
E’ un diario quello di Arminio, in cui la neve non manca, provenendo lo scrittore dall’Irpinia: già dall’introduzione si immagina il Paese, di cui si parla, un paese teatro con un attore e poi tanti attori, un “luogo dove dio, la morte e la poesia si danno convegno perché altrove non li vuole nessuno”. Un paese che , a vederlo da fuori, con gli occhi del lettore, suscita curiosità, fa sorridere e infastidisce negli incontri con i diversi personaggi, ciascuno dei quali racconta una storia, una parte della storia, quella che già è più vicina e conosciuta.

• SOTTO LA NEVE
Antje Ravic Strubel, Barbés 2009, traduzione di Elisabetta Terigi e Franziska Peltenburg-brechneff, 12,00 euro
Narrativa tedesca contemporanea: la Strudel è nata di Postdam nel 1974. Ha grande successo in Germania dove ha già pubblicato tre romanzi. Sotto la neve (traduzione letterale del titolo originale, pubblicazione in Germania nel 2001) è la prima opera tradotta in italiano. Un romanzo ad episodi, una storia d’amore omosessuale fra due ragazze, raccontata in modo originale, con un continuo cambio di punti di vista che spiazzano il lettore e poi lo riconducono sulla strada maestra. Forti nevicate e ambienti caldi, vetri ghiacciati e letti sfatti ancora caldi per il corpo che li ha appena lasciati: un continuo contrasto, non solo legato alla temperatura, ma anche ai personaggi, ai loro caratteri e alle situazioni. Una bella prova narrativa.

• FARSI UN FUOCO
Christophe Chabouté, da una novella di Jack London, edizioni BD 2009, 10,00 euro
Da Jack London non ci si aspetta che il Klondike, le foreste gelate e i cercatori d’oro. E questo si trova nel volume appena pubblicato in Italia per BD (originale pubblicato nel 2007 per le Editions Vents d’Ouest): l’originalità è che si tratta di un albo a fumetti, in cui il testo non è ovviamente la parte predominante della narrazione. Sono le immagini che portano nel gelo del nord, a conoscere la vita di un cercatore, sono i disegni dai quali esce un freddo vero: si sentono il vento, il silenzio, i passi nella neve, la solitudine, e il freddo che entra sotto la giacca di pelliccia e gela, gela, gela

mercoledì 16 dicembre 2009

CON IL FREDDO FUORI DALLA FINESTRA: LIBRI IN CUCINA E PIETANZE IN LIBRERIA

Mi sto divertendo a costruire liste di libri a tema: questa volta propongo libri che abbiano a che vedere con la cucina. Non solo ricettari, ma libri illustrati, brevi saggi, romanzi, memorie legati alla preparazione dei cibi.

• GUARDA E CUCINA. UN LIBRO DI RICETTE ANCHE PER BAMBINI
Tina Davis, Corraini 2006, traduzione dall’inglese di Francesca valente, 20,00 euro
La grafica del libro attinge ad illustrazioni della fine degli anni ’20, anni ’30 e ’40 (ampiamente documentata nella nota in conclusione del libro)
Gli argomenti trattati: utensili da cucina, misurini e dosatori, la preparazione della tavola (posizione corretta dei bicchieri, delle posate e di tutto ciò che sta sul tavolo apparecchiato). Poi ricette, semplici e gustose per bambini (sotto la supervisione degli adulti) e per chi si avvicina al piacere della cucina. Completano il volume pagine destinate alla scrittura delle proprie ricette.

• INDOVINA CHI VIENE A MERENDA
AnnaLaura Cantone e Giacomo Gazzola, Leonerdo publishing 2009, 16,90 euro
Albo illustrato, con testo in rima: una bimba per i personaggi delle sue fiabe preferite prepara deliziose merende. Focaccia farcita, cialdine dell’orco, torta soffice del porcellino, pan di fata, torta sacher-ronf (per addormentare 6 principesse golose), frappè di ciliegie e lamponi(per 2 lupi vegetariani)

• FIABE IN CUCINA
Aa.Vv. (più autori cooperano con testi, foto e illustrazioni), La coccinella 2009, 19,90
Per bimbi un po’ più piccoli, sia per l’illustrazione che per le pagine cartonate con cartoncini scorrevoli, che illustrano le diverse fasi di preparazione: tortini di Biancaneve, biscotti di Hansel e Gretel, panini Bibbidi Bobbidi, Aladino Cous cous, Ghiacciolini del bosco di Cappuccetto rosso, Perle della Sirenetta, zuppa di Pollicino.

• IL RIPOSO DELLA POLPETTA E ALTRE STORIE INTORNO AL CIBO
Massimo Montanari, Laterza 2009, 15.00 euro
Storico, docente di Storia medievale e di Storia dell’alimentazione, giornalista e scrittore, Montanari dalla fine degli anni ’70 ci parla di alimentazione e gastronomia: suoi L’Atlante dell’alimentazione e della gastronomia, il pentolino magico, il Cibo come cultura, La fame e l’abbondanza, Il formaggio con le pere.
Il riposo delle polpette, quel tempo necessario perché l’impasto si rassodi e si amalgami, secondo Montanari è un po’ come il tempo dei pensieri, che vanno fatti decantare per elaborare le idee. La cucina non è solo il luogo dove si producono cibi per la sopravvivenza e il piacere, ma anche uno spazio del pensiero, uno spazio per allenare la mente. Un libro curioso, intelligente, piacevole, che svela segreti e racconta le storie nascoste dietro cibi e alimenti.

• SPRECHI
Tristram Stuart, Bruno Mondatori 2009, tradotto dall’inglese da Pier luigi Micalizzi, 22,00 euro.
Una specie di atlante di un mondo povero e di un mondo sprecone, due mondi non separati, che si sovrappongono: il nostro mondo è povero e nonostante questo spreca. Come recita il sottotitolo Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare. Stuart raccoglie informazioni, interviste dati in giro per il mondo e configura un presente tutt’altro che roseo. Si occupa di produttori, di distribuzione, di consumo di energie per produrre derrati e prodotti alimentari. Spazia nei campi dell’agricoltura, della pesca, del mercato della carne. Considera i consumatori, distinguendo chi produce solo da chi consuma solo. Ma sottolinea anche nuove proposte, idee e progetti per uscire da un meccanismo destinato all’autodistruzione.
Non solo un libro ecologista, nel senso stretto, ma anche un libro per un vivere ed un consumare responsabile.

• AVANZI POPOLO. L’ARTE DI RICICLARE TUTTO QUELLO CHE SI AVANZA IN CUCINA
Letizia Nucciolotti, Stampa alternativa 2009, 20,00 euro
Questo libro propone una cucina che diventa modo di essere e di vivere, una scelta di qualità, di cura e di economia, il tutto tra ricette consigli e racconti. Una cucina in cui l’avanzo non è uno scarto, ma un alimento, atto a preparazioni culinarie di tutto rispetto, che gratificano il palato e al contempo coniugano l’equilibrio della spesa con il rispetto dell’ambiente e il contenimento degli sprechi.
L’autrice indica innanzitutto i criteri per fare una buona spesa, poi una serie di ricette divise in categorie che seguono l’andamento del pasto. Brevi racconti chiudono i singoli capitoli.
Un valido “ricettario”, di facile consultazione e con proposte appetitose.

• LA PASTA FRESCA E RIPIENA
Roberta Schira, Ponte alle Grazie 2009, 16,80 euro
Ultimo volume della collana Il lettore goloso, diretta da Allan Bay (giornalista enogastronomico diventato famoso sei anni fa con Cuochi si diventa, in cui proponeva un metodo per cucinare basato su ricette semplici, che implicassero anche contaminazioni di tradizioni, arricchite con aneddoti e consigli).
Ingredienti, utensili, impasti, ripieni, cottura, salse e condimenti, trucchi e suggerimenti: un viaggio attraverso le tradizioni regionali italiane alla scoperta di tecniche, ricette e storia di un’arte antica.

• MISTICANZE. PAROLE DEL GUASTO, LINGUAGGI DEL CIBO
Gian Luigi Beccarla, Garzanti 2009, 15,00 euro
Storico della lingua e critico letterario, Beccaria si addentra nel mondo della cucina, mettendo in tavola le parole del cibo e intorno al cibo; viaggiando fra banchetti sontuosi, cucina futurista e spuntini frugali; guardando anche all’estetica delle ghiottonerie che ha ispirato letterati e filologi; parlando di eccessi e smoderatezze in contrasto con sobrietà; riti del cibo e sue valenze simboliche, di cibi ricchi e cibi poveri.

• FRITTATE D’AUTORE
Maria Grazia Accorsi, Sellerio 2007, 16.00 euro
Dopo Personaggi letterari a tavola e in cucina, l’autrice ritorna sul connubio letteratura – cibo, ipotizzando che ciascun scrittore abbia una sua cucina, così come una sua lingua personale. Come le case e gli abitanti/personaggi, così il cibo descrive e colloca: Come tanti sono i pranzi letterari, tante sono le cucine letterarie, dove si cucinano i cibi, dove li si mangia, dove li si vive. Nel tempo, nello spazio, psicologiacamente, antropologicamente. E la corrispondenza fra personaggi/individui cucina/cibo è reciproca e reversibile.
Con la Accorsi si viaggia nel tempo e nello spazio sulle tracce di Jane Austen, di Kipling, Saba Sartre, Fitzgerald, Dostoevskij, fra pietanze e tavole imbandite.

• IL CROCCANTE E I PINOLI
Antonella Ottai, Sellerio 2009, 10,00 euro
Per concludere la carrellata di libri che hanno in qualche misura legame con il cibo e la cucina, questo piccolo gioiello della Ottai: L’idea nasce da una semplice richiesta della figlia, novella sposa, di avere insieme a qualche mobile o oggetto di casa anche le ricette gustate in famiglia. Ed ecco un quadernetto dove le poche, semplici ricette, raccontano molto più di famiglia che non di cucina. O meglio servono come spunto per raccontare le storie di famiglia, la sua origine, la sua fisionomia, i suoi spostamenti. Con ascendenze ungheresi, e abruzzesi, residenza romana, discendenza in parte ebrea: cibi contaminati dagli avvenimenti, dai luoghi e dai ricordi. Sapori ed odori che fanno casa sempre e comunque: come la torta di mele, che nella casa nuova dove si è appena traslocato dopo una separazione, dà un sentore di famiglia. O come il Tokany, portato dalla tradizione magiara, ma rivisto e corretto nella nuova realtà.
Una lettura piacevole davvero.

mercoledì 9 dicembre 2009

NASCITA E MORTE DI UN FUOCO


Una raccolta di liriche dedicate ad Achille, eroe e uomo, guerriero e figlio, divino e mortale. Componimenti che toccano il cuore: è difficile sceglierne uno, condividendo il pianto e l'ira di Teti, la stanchezza e il dolore di Achille, il desiderio di Elena.

MORTE DI PATROCLO
il suo corpo tra le cose che si spezzano
legna da bruciare le gambe e le braccia

ombre sulla sua pelle
come tracce calpestate
buio agli angoli chiusi degli occhi
polvere nera nelle trecce intatte

vuota la tenda e il mondo
perduta la sua voce

muoia tutto quello
che vive e respira

solo morte intorno
al suo corpo morto

vivano ancora le mani di Achille
solo per stroncare vita

vivano gli occhi di Achille
solo per vedere vendetta

vivano queste gambe veloci
ancora soltanto
per raggiungerlo con un balzo
sulla sponda nera
che me lo beve.


Chi parla è Achille, chi lo racconta è Chiara Poltronieri nel delicato volumetto Nascita e morte di un fuoco, pubblicato con cura da Scripta edizioni.

venerdì 4 dicembre 2009

A' PARIS


quanto è bella Simone!

giovedì 26 novembre 2009

ALLA RICERCA DEL SE', VIAGGIANDO

Libri che parlano di un viaggio: non viaggio motivato da ragioni professionali, non viaggio per turismo, né per motivi religiosi, né viaggio per motivi di istruzione.
Eppure, considerando che si parla di “spostamenti da un punto di partenza ad un punto di arrivo”, quelli che vengono descritti nei libri raccontati qui sotto sono a tutti gli affetti viaggi. Stati Uniti da est ad ovest, dal Canada al Messico, da Parigi al lago Baikal, in furgone, in camper, in treno, con mezzi di fortuna. Ma sono viaggi anche e soprattutto in senso metaforico: sono viaggi di conoscenza, percorsi che i protagonisti fanno ala ricerca di un sé perduto.

• MIRIAM TOEWS
IN FUGA CON LA ZIA
Marcos y Marcos 2009, traduzione dall’inglese di Claudia Tarolo (una degli editori), 15,50 euro
In fuga con la zia è il secondo libro pubblicato in Italia della Toews: la scrittrice canadese affronta il tema dell’adolescenza, del rapporto genitori figli, dei legami familiari, delle famiglie a maglie larghe in cui i legami si allentano e poi si ricuciono. Argomenti già trattati nel precedente Un complicato atto d’amore (2004, pubblicato da Adelphi nel 2005), il suo primo libro tradotto in Italia. Ma nei quattro anni che sono intercorsi tra un lavoro e l’altro, sembra che la visione della scrittrice sia cambiata, sia maturata: l’adolescente, che suscitava sentimenti di compassione perché sola, incompresa, abbandonata a se stessa dagli adulti ora è cresciuta, nonostante la tenera età è adulta, fa sorridere il contrasto fra gli abiti da bambina e le caramelle spiaccicate sulla maglietta e la saggezza dei suoi discorsi.
La storia è quella di una giovane zia, che decide di accompagnare i due nipoti adolescenti (15 e 11 anni) dal padre: la loro mamma è ricoverata in ospedale (ennesimo ricovero per la donna che soffre da sempre di crisi depressive, con minacce di suicidio) e lei, appena rientrata da Parigi dopo un fallimento amoroso, non si sente in grado di affrontare la situazione diversamente. Dal Manitoba al Messico, durante un rocambolesco viaggio, le cose cambiano e come nelle migliori favore, o forse come sono nei film americani, le cose cambiano. Tutti gli attori subiscono una trasformazione, prendono coscienza di sé e affrontano la vita: gli adulti diventano adulti, gli adolescenti diventano adolescenti (nel senso che rallentano il loro ingresso nel mondo dei grandi nel quale erano stati prematuramente buttati).
Personaggi ben definiti, con piccole invenzioni per alleggerire la trama. Discorsi diretti ed indiretti che si confondono, quasi a denunciare una necessità di corrispondenza fra parola e pensiero.
Autobiografico per quel che riguarda la complessità dei legami familiari (la Toews in continuo contrasto con i genitori, abbandona molto giovane la casa paterna ed inizia a viaggiare per il mondo), forse con un desiderio malcelato di riabilitare il suo passato.
Appassionata di cinema, si cala anche nel ruolo di attrice nel 2007 interpretando una pellicola messicana presentata a Cannes lo stesso anno ed ottenendo in Messico l’Ariel Awards come miglior attrice.

• MICHAEL ZADOORIAN
IN VIAGGIO IN CONTROMANO
Marcos y Marcos 2009, traduzione dall’inglese di Caludia Tarolo, 16,50 euro
Seconda prova anche per Zadoorian con il pubblico italiano: con il precedente Second hand, pubblicato nel 2008 (MyM), aveva conquistato i lettori americani ed europei con l’originalità del racconto, con la delicata storia d’amore, con l’ironia. Con In viaggio in contromano ritroviamo lo stesso stile per una storia dolce-amara. Da Detroit a Disneyland in camper, una coppia di anziani signori lungo la Route 66.
Lui, John affetto da demenza senile, alla guida e Ella, stanca di lottare con un male incurabile: se da questi elementi ci potrebbe dedurre una trama triste, in realtà il racconto di Zadoorian è tutt’altro. La serie di circostanze, di invenzioni, di atti sconsiderati che i due simpatici vecchietti mettono in atto, consapevolmente o meno, lungo le strade americane, fra incontri sorprendenti e telefonate a casa per tranquillizzare i figli spaventati dalla loro fuga, rendono la lettura piacevole e commovente.
La scelta di ripercorrere (da cui il contromano) le orme di un viaggio fatto tanti anni prima con i bimbi piccoli, l’idea di farlo ormai oltre i limiti d’età (di nuovo in contromano), superando i limiti convenzionali: Zadoorian ridà ai suoi personaggi quella forza e alla fine anche dignità umana, che la quotidianità della vita da anziani a tolto loro.
Racconto esilarante.

• MICHELE LESBRE
IL CANAPE’ ROSSO, Sellerio 2009, 11.00 euro
La Lesbre inizia a scrivere non giovanissima: prima si sposa, mette al mondo dei figli, lavora come istitutrice in una scuola materna… e poi si mette a scrivere. Esordisce con brevi storie noir per poi approdare al romanzo breve di dimensione più intima.
Con Una ragazza tutta sola (Excelsior 1881, 2007) e Il canapé rosso (Sellerio 2009) la Lesbre ci parla di donne e di solitudine: solitudine come spazio per ritrovarsi, nel primo romanzo pubblicato in Italia era uno spazio fisico circoscritto alla casa in cui la protagonista decide di trasferirsi, nel Canapé è uno spazio senza confini.
Il canapé rosso è il punto di partenza per un altrove molto lontano, nell’immaginario e nella realtà: dal divano rosso dell’appartamento parigino dove la nostra protagonista racconta ad un’anziana signora di donne forti, coraggiose, che hanno lasciato un segno nella storia in contrasto che la sua “normalità”, al viaggio in Transiberiana verso il lago Baikal.
Il raccontare di eroine fa scattare una spinta improvvisa per cambiare la situazione: un viaggio, ma non uno qualsiasi, un viaggio difficile, in una terra sconosciuta, in cui i silenzi incombono come il destino. E davanti al finestrino la donna vede scorrere le praterie e le steppe, ma vede anche il riflesso di se stessa. Il Baikal non è più lo scopo del viaggio: è il punto di ritorno, la rinascita, la nuova vita.
Pulito nello stile, affascinante per i paesaggi che seppure non fanno da protagonisti, conferiscono al racconto un tocco di piacevole esotismo, profondo nell’affrontare le paure dell’anima.

lunedì 23 novembre 2009

GIALLO MITTELEUROPEO CON TOCCO ESOTICO

Senza nulla togliere agli scrittori scandinavi che da qualche tempo monipolizzano il panorama del Giallo, alla ricerca di nuove suggestioni, spostando l'attenzione un po' più a sud, un po' più ad est...
• VEIT HEINICHEN (Germania)
LA CALMA DEL PIU’ FORTE
E/O 2009, traduzione di Silvia Montis, 18.00 euro
Nato a Stoccarda nel 1957, Heinichen è prima di tutto un libraio e un editore (co-fondatore nel della Berlin Verlag, vincitrice del premio Casa editrice dell’anno nel 1994 e nel 1999). Dal 1997 risiede in Italia, a Trieste, dove ambienta una serie di gialli il cui protagonista è il Commissario Laurenti.
I morti del Carso (e/o 2003): Trieste città di confine, fa da sfondo alla storia che introduce il commissario Proteo Laurenti sulla scena del crimine europeo: un nuovo personaggio del giallo e una nuova città si fanno spazio a pieno diritto fra altri protagonisti del genere letterario. Una scrittura appassionata, che entra nella città, ne fa sentire la bora e il calore dei caffè, fa percepire le soglie di confine fra il buono e il cattivo, fra l’Italia e la Slovenia.
Morte in lista di attesa (e/o 2004): politica, chirurgia estetica, traffico di organi sono gli ingredienti del secondo capitolo del commissario Laurenti. Squallore, ricchezza e immancabile ironia ad alleggerire la trama.
A ciascuno la sua morte (e/o 2005): il mare di Trieste e un delitto irrisolto del passato che prende nuova vita. Non forse la storia migliore di Heinichen, ma sempre con uno stile impeccabile che rende piacevole la lettura
Le lunghe ombre della morte (e/o 2006): armi, munizioni e documenti della Seconda Guerra Mondiale che portano le indagini dal presente al passato, dagli anni ’70 di nuovo al presente con le indagini che riportano stranamente a csa dello stesso Laurenti.
Danza macabra (e/o 2008): ancora Trieste. Il tema è quello dei rifiuti e del loro commercio. Si incrociano delinquenti serbi, addetti del consolato corrotti (consolato di un piccolo e sconosciuto paese dell’Est), sangue e violenza, in un ambiente eterogeneo ed indefinibile di una terra senza una precisa identità se non quella mitteleuropea
La calma del più forte (e/o 2009): mafia e alta finanzia, politici corrotti, crisi finanziaria e speculazione edilizia. Temi di attualità per la sesta indagine del commissario Laurenti. Trieste ancora punto di incontro e scontro, città di grandi traffici e di dubbie frequentazioni, nella quale Laurenti si muove sulle tracce del cane Argo.


• ZORAN DRVENKAR (Croazia)
SORRY,
Fazi 2009, traduzione dal tedesco di Vincenzo Gallico, Fabio Lucaferri, Violeta Marotta, 19.00 euro
Drvenkar nasce in Croazia nel 1967 e si trasferisce nel 1970 a Berlino con la famiglia. Scrive in tedesco, esordendo con libri per bambini e ragazzi, per i quali ottiene numerosi riconoscimenti.
L’idea di Sorry è originale: un’agenzia di servizi, che offre un servizio molto molto particolare. Un servizio di scusa, chiedere scusa: se non c’è il tempo di chiedere personalmente perdono, per qualcosa che si è fatto o non fatto o qualcosa che si è detto o non detto, ci si può rivolgere all’agenzia e pagare perché qualcuno lo faccia al posto del diretto responsabile. Sostanzialmente i clienti si rivolgono all’agenzia perché qualcuno chieda perdono in loro vece. E i servizi dell’agenzia sono talmente richiesti da alimentare buoni guadagni per i quattro berlinesi che hanno avuto l’idea di fondarla. Il mondo sembra aver trovato una via d’uscita, un modo per liberarsi la coscienza, ma chi si assume l’onere, per quanto ben remunerato, non riesce a rimanere estraneo alle responsabilità altrui. Interviene nei quattro protagonisti il coinvolgimento personale, soprattutto quando si trovano di fronte al cadavere di una donna: la spinta ad analizzare le motivazioni che spingono i clienti a chiede scusa diventa allora necessità di sapere le ragioni del delitto, necessità di indagine senza via d’uscita, partecipazione diretta al caso giudiziario.


• VILMOS KONDOR (Ungheria)
BUDAPEST NOIR,
E/O 2009, traduzione dall’ungherese di Laura Sgarioto, 18,00 euro
Nato nel 1954 in Ungheria, Kondor ritorna nel suo paese natale dopo il conseguimento della laurea in Ingegneria chimica alla Sorbona. Insegna matematica e fisica e nel frattempo scrive romanzi: Budapest noir è il suo quarto manoscritto, ma è il suo primo libro pubblicato (nel 2008 in Ungheria, ma i diritti sono stati acquistati in Polonia, Germania, Francia Olanda, nel 2009 viene pubblicato in Italia). Sono stati venduti i diritti per la trasposizione cinematografica.
Budapest noir è ovviamente ambientato a Budapest: Kondor ama l’Ungheria e ama Budapest e la racconta gli anni ’30 –’40 – ’50.
Nel 1936 inizia il racconto di Budapest noir e l’avventura di Zsigmond Gordon, il giornalista di cronaca giudiziaria che diventa l’investigatore di Kondor: l’omicidio di una ragazza, senza documenti ma con una copia di un libro di preghiere femminili ebraiche porta Gordon ad indagare nei bassifondi della città ma anche negli ambienti dell’alta società. Una storia romantica e tragica, in cui non mancano pregiudizi razziali e religiosi e grossi interessi economici. Il tutto alla soglia della seconda guerra mondiale, con le tensioni politiche, le intolleranze e le aggressività del fascismo emergente. Sullo sfondo una grande capitale europea, con i suoi fasti ed i suoi vizi.
Condor ha già pubblicato in Ungheria il seguito di Budapest noir (la traduzione del titolo potrebbe essere Il peccato di Budapest): una storia ambientata nel 1939, in cui Gordon indaga sull’uccisione di un collega e Sandor Nemes, detective in pensione, indaga su un traffico di cocaina. Le due indagini si sovrappongono e rivelano il coinvolgimento dipoliziotti corrotti e politici aderenti al nazismo Ungherese.
La particolarità di Condor, che si ispira a Hammet, Thompson e Willford, è di raccontare in terza persona e di non esprimere giudizi ma di indurre il lettore a formularli, in una sorta di lettura interattiva.


• MEHMET MURAT SOMER (Turchia)
SCANDALOSO OMICIDIO A ISTANBUL
Sellerio 2009, traduzione dal turco di Anna Lia Proietti Ergun, 13,00 euro
Nato ad Ankara nel 1959, Murat Somer è uno degli scrittori di punta della nuova narrativa turca. Famoso per le sue crime story, ambientate a Istanbul, dove lo stesso Somer risiede dal 1982.
Il detective di Somer parla in prima persona (si espone), e racconta la sua vita come bella di notte e uomo di giorno, perché il detective è in realtà un travestito: di giorno tecnico di computer (Somer ha lavorato come ingegnere alla Sony), giovane, bello, economicamente benestante, con una posizione sociale, di notte lavore nel suo locale notturno nel quartiere malfamato di Istanbul.
Quelle di Somer sono storie che, diventendo e sdrammatizzando, raccontano le due facce della realtà, due aspetti che rivendicano gli stessi diritti alla vita e alla dignità. Attraverso la storia dai toni noir, Somer vuole rendere pubblica la diversa umanità che popola Istanbul e non solo, vuole lottare attraverso il suo protagonista, che non ha caso è senza nome, per avere uno spazio.
La trama è costruita scientificamente, bilanciando momenti intimi ad altri corali, pause silenziose a spazi congestionati di persone.
Una ragazza, un uomo potente, un omicidio, il disinteresse della polizia mettono il nostro curioso detective sulle tracce dei responsabili, fra gente normale, organizzazioni criminali e gente insospettabile.
Si sorride leggendo Somer, pur calati in un noir movimentato e coinvolgente.

giovedì 12 novembre 2009

BERLINO/DDR

Poiché ritengo che i narratori siano significativi quanto i saggisti nel raccontare gli eventi storici, propongo una seconda puntata dedicata a Berlino e alla DDr. Ai giornalisti ed agli storici aggiungo quindi due autori che sono testimoni, interpreti, registi e fotografi della vita oltre cortina:

• INGO SCHULZE
ADAM E EVELYN
Feltrinelli 2009, traduzione di Stefano Zangrando, 16,50 euro
Ingo Schulze è uno dei più importanti scrittori tedeschi ed europei contemporanei: nato a Dresda nel 1962, drammaturgo e redattore, si trasferisce a Berlino nel 1993. Inizia a scrivere nel 1995 pubblicando una raccolta di racconti, che mette in evidenza le sua doti di scrittore (in Italia esce con Mondatori nel 1999 33 momenti di felicità ).
- Semplici storie(1998, Mondadori 2001): piccolo capolavoro. Sono 29 storie, racconti legati fra loro nel tema della quotidianità della provincia dell’ex DDr all’indomani della caduta del Muro: piccole cose, semplici storie, come anticipa il titolo, di persone comuni che variamente cercano di sopravvivere ai cambiamenti che la riunificazione a portato (tipo corsi universitari che all’improvviso schierano professori diversi e mettono in difficoltà gli studenti prossimi alla laurea)
- Vite nuove (2005, Feltrinelli 2007): Germania 1990, a nemmeno un anno dalla caduta del Muro, la vita dei tedeschi dell’Est, da un lato le inadeguatezze del quotidiano a confronto con le vite extra blocco, dall’altro il desiderio di capitalismo da parte di alcuni, che vedono nel nuovo modello, tanto a lungo proibito e contrastato, la via più sicura per una vita felice.
- Bolero berlinese (2007, Feltrinelli 2008): tredici storie che riportano all’Ingo Schulze degli esordi. Storie che escono dalla DDr e vanno in giro per il mondo, per poi ritornare all’interno della Germania. Elementi tragicomici e delicatezze stilistiche non mancano.
- Adam e Evelyn (2008, Feltrinelli 2009): una coppia di tedeschi della Germania Est nell’estate del 1989, quando la situazione politica è in fermento, ma per i tedeschi dell’Est sono ancora chiuse le frontiere verso l’Occidente. Le possibilità di movimento sono verso i paesi del blocco orientale: è in Ungheria che si reca Evelyn dopo aver scoperto il compagno Adam in flagranza di tradimento. Ed è dall’Ungheria che Adam teme possa una fuga definitiva di Evelyn verso l’Occidente… Romanzo d’amore, in cui il contesto storico entra come protagonista negli eventi.


• FRIEDRICH CHRISTIAN DELIUS
LA PASSEGGIATA DA ROSTOCK A SIRACUSA
Sellerio 1998, traduzione di Dina Trapassi, 7,75 euro
Delius nasce a Roma nel 1943 da genitori tedeschi: di lui non si è conosciuto molto sulla nascita italiana fino alla pubblicazione del romanzo autobiografico pubblicato da Archinto proprio quest’anno: Ritratto della madre da giovane racconta dell’arrivo in Italia della donna, ventuenne, dalle coste del Baltico, all’ottavo mese di gravidanza, al seguito del marito, ufficiale della Wehrmacht improvvisamente richiamato in Africa.
Prima dell’opera autobiografica: Il mio anno da assassino (Spartaco 2008) e La domenica che vinsi i mondiali (Le lettere 2006), ma soprattutto nel 1998 La passeggiata.
Romanzo “storico”, che si basa su un fatto di cronaca: nell’estate del 1988 un cameriere di Rostock raggiunge le coste della Danimarca e quindi la RFD con l’intento di rifare il viaggio che il conterraneo Seume aveva fatto più di un secolo prima ed aveva raccontato nella sua Passeggiata fino a Siracusa nell’anno 1802.
Romanzo di viaggio, perché racconta la sorpresa del cameriere Gompitz nello scoprire le bellezze architettoniche e del paesaggio.
Romanzo politico, perché Gompitz di fatto fa una fuga turistica, vuole poi rientrare in DDr, mettondo in crisi il sistema ed incarnando il pensiero di molti tedeschi della DDr che chiedevano solo la libertà di viaggiare.
Piccolo gioiello della letteratura tedesca contemporanea, che nel ripercorrere l’antico viaggio, modifica lo schema stilistico.

lunedì 9 novembre 2009

BERLINO

A vent'anni dalla caduta del Muro, rimpiangendo di non aver vissuto l'evento, qualche titolo di recente uscita per capire meglio la valenza di quello che accadde la notte del 9 novembre 1989:

• GYORGY DALOS
GIU’ LA CORTINA. IL 1989 E IL CROLLO DEL COMUNISMO SOVIETICO
Donzelli 2009, traduzione dal tedesco di Melani Traini, 25,00 euro
Ungherese residente a Berlino, testimone del momento storico, Dalos ricostruisce gli eventi che determinarono la caduta della Cortina di ferro, portando il lettore in Polonia, Ungheria, DDr, Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania per coinvolgerlo in tutti i movimenti che portarono allo sgretolarsi delle dittature dell’Europa dell’Est:
Per pura curiosità: l'espressione Cortina di ferro, già usata nel 1945 da Goebbels (gerarca nazista) e da Dulles (agente segreto americano), entra nel linguaggio politico e storico nel 1946 in seguito ad un discorso di Churchill per individuare la linea di demarcazione fra blocco orientale sotto influenza e controllo sovietico e blocco occidentale, sotto controllo americano.

• FREDERICK TAYLOR
IL MURO DI BERLINO. 13 AGOSTO 1961 – 9 NOVEMBRE 1989
Mondadori 2009, traduzione di Francesca Gimelli, 23,00 euro
Giornalista inglese, docente a Oxford, esperto di storia tedesca (suo il volume Dresda, pubblicato sempre per Mondatori), Taylor intrecciando fonti ufficiali, documenti, testimonianze personali racconta la storia del muro dalla notte fra il 12 e il 13 agosto 1961, la notte in cui improvvisamente per ordine di Ulbricht (leader tedesco orientale) venne divisa in due la città di Berlino per impedire l’accesso dei tedeschi della DDr alla Germania occidentale. Taylor ricostruisce le ragioni che portarono alla costruzione del Muro, descrive la vita dei Berlinesi dopo quella notte del 1961, racconta le dinamiche politiche del blocco orientale, lo sconcerto dei paesi occidentali e degli Stati Uniti e la contemporanea immobilità nel timore di scatenare un ulteriore conflitto (nucleare) con L’URSS.
L’attenzione di Taylor è non solo per gli eventi politici, ma per la vita quotidiana: le paure, i tentativi di fuga, la nascita dei movimenti dissidenti.

• MICHAEL MEYER
L’ANNO CHE CAMBIO’ IL MONDO. LA STORIA NON DETTA DELLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO
Il Saggiatore 2009, traduzione di Barbara Piccioli, 19,00 euro
Giornalista americano, capo redazione del Newsweek per la Germania e l’Europa orientale, era a Berlino Est il 9 novembre 1989. A vent’anni di distanza analizza gli eventi, la fine della Guerra Fredda, riconoscendo che il merito non fu solo degli Stati Uniti come per qualche tempo si è creduto dopo la storia frase di Reagan a Gorbacev nel 1987.

• ANGELO D’ORSI
1989. DEL COME LA STORIA E’ CAMBIATA, MA IN PEGGIO
Ponte alle Grazie 2009, 16,00 euro
Giornalista, professore di storia all’università di Torino, D’Orsi guarda al dopo 1989, fa un’indagine delle reali conseguenze di quell’evento. La fine della Guerra Fredda, che avrebbe dovuto portare a pace e benessere diffusi, ha visto nel ventennio successivo, i fiorire di tutta una serie di eventi tragici sia per il blocco orientale che per l’Occidente.
Meno racconto cronologico e più analisi dei significati, la conclusione di D’orsi è che le speranze del 1989 siano state tradite su tutti i fronti. Dal punto di vista politico, sociale, economico.
Ampio apparato di note. Bibliografia e cronologia.

• PAOLO MACRY
GLI ULTIMI GIORNI. STATI CHE CROLLANO NELL’EUROPA DEL NOVECENTO
Il Mulino 2009, 16,00 euro
Macry insegna Storia contemporanea all’Università di Napoli. In questo breve saggio prende in esame quelli che sono stati gli avvenimenti storici che nel corso del XX secolo hanno preceduto i grandi eventi: non fa quindi riferimento solo al 1989 e alla caduta del Muro di Berlino, ma anche alla fine delle grandi dinastie (Romanov, Asburgo), alle partite conclusive della prima e della seconda guerra mondiale… Infine anche la caduta del Muro (con la M). L’evidenza è che gli ultimi giorni sono accumunati da errori po9litici, coincidenze, inefficienze amministrative, antagonismo collettivi. Senza che ci sia una sorta di predestinazione.

• GIAN ENRICO RUSCONI
LA REINVENZIONE DELLA GERMANIA
Laterza 2009, 8,00 euro
Un centinaio di pagine per raccontare la poliedrica Berlino, città con una storia pesante alle spalle e con un futuro pieno di speranze: un laboratorio non solo di ingegneria ed architettura, ma di cultura/e in continuo movimento. Una città reinventata per una nazione reinventata.

• ERALDO AFFINATI
BERLIN
Rizzoli 2009, 17,00 euro
Opera di narrativa, racconto di viaggio, ricerca di risposte, indagine nei luoghi comuni e nel continuo mutamento di una città in divenire. Eraldo Affinati sembra in viaggiatore incantato che approda a Berlino e vaga per le strade alla ricerca dei luoghi che ne hanno segnato la storia, sembra un turista che desidera assaporare il clima fiutando il tempo del cambiamento. Statue e palazzi, scrittori e opere d’arte, profumi e sapore di birra, fabbriche dimesse e nuova architettura.
Una città leggenda


• PETER MOLLOY
LA VITA AI TEMPI DEL COMUNISMO. INTERVISTE VENT’ANNI DOPO
Bruno Mondatori 2009, traduzione di Alessandro Storti, 20,00 euro
Gente comune, agenti segreti, prigionieri politici, memnri di partito, studenti, padri di famiglia: Peter Molloy, giornalista della BBC, dà loro voce, indicando nomi e cognomi, muovendosi in Germania Est, Romania, Cecoslovacchia. Un collage di voci diverse, accumunate dalla stessa realtà storia e dalla stessa voglia di libertà.

• FEDERICO ROMERO
STORIA DELLA GUERRA FREDDA. L’ULTIMO CONFLITTO PER L’EUROPA
Einaudi 2009, 30,00 euro
Attraverso la documentazione dei protagonisti e il distacco storico di vent’anni, Romero, docente di Storia dell’America del Nord all’Università di Firenze, propone una rilettura della Guerra Fredda: genesi del conflitto e percorso che portò alla sua fine, investendo i sistemi comunisti dell’Europa dell’Est, facendo svanire la divisione dell’Europa in due blocchi e portando allo sgretolarsi del grande Impero Sovietico.

• BEN LEWIS
FALCE E SBERLEFFO. UNA STORIA DEL COMUNISMO ATTRAVERSO LA SATIRA
Piemme 2009, traduzione di Franca Genta Monelli, 19,00 euro
Inglese, autore di importanti documentari per la BBC, Lewis per anni ha raccolto storielle buffe, barzellette, vignette in ogni angolo dell’Europa dell’Est ricostruendo una storia del comunismo attraverso la satira. Barzellette documentate storicamente, concentrandosi su russia e Paesi del blocco, perché in altre aree come la Cina e il sud-Est asiatico, pure aderenti al comunismo, non si è verificato un simile fenomeno di proliferazione della barzelletta/sberleffo contro il regime. Non è una raccolta completa, anche per il fatto che molte barzellette sono basate sui giochi di parole, troppo difficile da rendere in traduzione, a scapito del significato della satira stessa.
Divertente.

• JEAN-AMRC GONIN E OLIVIER GUEZ
LA CADUTA DEL MURO
Bompiani 2009, traduzione di Marco Marinelli, 21,50 euro
Giornalisti francesi (Gonin era a Berlino nel novembre del 1989, il secondo vive da anni a Berlino), raccontano il mese che precede la caduta del Muro. Attraverso gli incontri dei leader politici, la visita di Gorbacev, i racconti delle persone, lasciando i nomi dei politici e inventando i nomi delle persone comuni, basandosi sempre e comunque su documenti ed interviste. Ne emerge un quadro complesso ed affascinante. Gli aspetti più interessanti sono: a) le organizzazioni dissidenti, composte da giovani, studenti, operai, madri e padri di famiglia; b) le assemblee ed i cortei, che invadono non solo Berlino, ma anche Lipsia, Halle, Magdeburgo…; c) il ruolo della chiesa e dei pastori luterani; d) la rivoluzione pacifica; e) la richiesta di libertà di viaggiare, la libertà di movimento; f) il desiderio di rimanere in Germania e non di emigrare; g) i movimenti all’interno del partito che operano per il cambio di gestione; h) il sostegno indiretto di Gorbacev, che impone ai militari russi in Germania Est di non intervenire; i) la reazione di molti militari tedeschi, che non intervengono.
Piacevole lettura, che porta a documentare in maniera più approfondita i diversi aspetti dell’evento che ha segnato la svolta nella storia del Novecento.

mercoledì 28 ottobre 2009

UN RICORDO DI MIO PADRE

Ogni anziano che vedo
Mi ricorda mio padre
Quando si innamorò della morte
Al tempo in cui si raccoglieva il grano.

Ne vidi uno a Gardiner Street
Che inciampavca sul marciapiede,
Mi diede una mezza occhiata,
Avrei potuto essere suo figlio.

E mi ricordo del musicista
Esitante sul suo violino
A Braywater, Londra,
Lui pure mi ha posto quell'enigma.

Ogni anziano che vedo
Nel tempo che ha i colori di ottobre
Sembra dirmi:
"Una volta fui tuo padre"

(tratto da Andremo a rubare in cielo, di Patrick Kavanagh, a cura di Saverio Simonelli, Ancora 2009)

martedì 27 ottobre 2009

ATTRAVERSO UN VETRO OPACO

Nonostante la giovane età Petra Hulova (Praga 1979) è una grande scrittrice. Non è una frase ad effetto. E’ la realtà. Pubblica nel 2002 il suo primo romanzo In memoria di mia nonna (questa più o meno la traduzione del titolo), che diventa in breve tempo uno dei più letti del decennio nella Repubblica Cèca: ambientato in Mongolia dove la scrittrice ha trascorso un anno di studio, è la storia di tre generazioni di donne. La prima traduzione in inglese dell’opera viene pubblicata in questi giorni negli Stati Uniti.
Due anni dopo (2004) vede la luce Attraverso un vetro opaco, appena pubblicato da La Tartaruga, prima traduzione italiana.
La scrittura è asciutta, senza discorsi diretti, o meglio con il discorsi diretti inseriti nel racconto in prima persona prima di un figlio poi di una madre. Monologhi, inseriti in uno spazio silenzioso, il mondo fuori. Fuori da quel vetro opaco che separa dal resto, il fuori da se stessi. Un romanzo introspettivo, di ricerca personale, dove i personaggi sono due, un figlio ed una madre/moglie/donna, eterno legame, conflitto senza scontro fisico, senza confronto verbale. Due entità separate da un vetro, appannato gelato sporco. Uno palcoscenico con un solo personaggio, un personaggio solo, illuminato nel momento in cui ha la parola, una immagine in bianco e nero, senza tempo.
Dal 2004, la Hulova ha scritto altri quattro libri: attendiamo le traduzioni.
(Attraverso un vetro opaco, Petra Hulova, traduzione dal cèco di Laura Angeloni, La Tartaruga 2009)

venerdì 23 ottobre 2009

PICCOLO GRANDE RE



Una favola.
Un breve e vivace componimento narrativo, i cui attori sono esseri animati o cose inamnimate, ed il fine è di far comprendere praticamente e in modo facile e piano una verità morale. Dal latino fabula, a sua volta derivante dal più arcaico verbo fari nel significato di parlare. Etimologicamente parlando.
Piccolo Re e Grande Re , un albo illustrato appena arrivato in libreria per le edizioni Arka, è una favola deliziosa. Dolce e delicata narrazione di Nicola Cinquetti, accompagnata dalle belle illustrazioni di Daniella Vignoli.
Non una fiaba (non ci sono orchi e fate) ma un piacevole racconto, la cui morale non ha limiti di età. Per vivere sereni con semplicità in un mondo colorato dalla fantasia, giocando con i contrari filosofici.
(Piccolo re e Grande Re, di Cinquetti - Vignoli, Arka 2009)

mercoledì 21 ottobre 2009

A PARIGI, PARLANDO ARABO A SAINT-GERMAIN

Un uomo, quarantenne, residente in Francia da trent’anni, esperto di alta finanza, direttore di banca, decidere di dare una svolta alla sua vita: abbandona la casa materna nella banlieue parigina per trasferirsi a Parigi, nel cuore pulsante della ville lumière per vivere finalmente libero. Non ha più voglia di dover render conto alla madre e al fratello, non ha più voglia di pranzi domenicali con tutta la famiglia, di dover tornare a casa la sera ad un’ora decente perché la madre non si preoccupi, non ha più voglia di discutere sul suo stato civile, scartando regolarmente tutte le fidanzate che gli vengono proposte… Desidera essere libero, vivere in un bell’appartamento in centro adeguato alla sua posizione sociale e alle sue ingenti disponibilità economiche, ma soprattutto desidera “frequentare” quante più donne possibile.
L’idea è quella di diventare a tutti gli effetti un quarantenne francese. Perché in realtà francese non è: la pelle sbiancata dalle creme, i capelli ricci fatti stirare sistematicamente dal parrucchiere di fiducia, il nome francese mascherano sapientemente un uomo algerino di nome algerino, di famiglia algerina, di religione musulmana.
L’idea è quella di dare inizio ad una vita da bohemien, accompagnandosi con giovani donne francesi. Ma la realtà è che, nonostante tutti i suoi sforzi, incontra solo donne di origine algerina, più o meno emancipate, più o meno osservanti, ma che immancabilmente lo piantano in asso.
A complicare gli intrecci amorosi, la fatale, costante, presenza delle opere letterarie di una scrittrice algerina di dubbia esistenza.
La situazione, raccontata all’autrice come durante una terapia psicoanalitica, è spesso comica, quasi grottesca, con la figura della madre che ossessivamente cerca di riportare il figlio all’interno di quella che per lei è normalità e tradizione.
Alla fine ci si domanda se il racconto di Mohamed Ben Mokhtar/Basile Tocquard sia realtà o finzione, se Hadda, Khadija, Djamila, Fatima abbiano davvero incontrato il nostro uomo, oppure siano frutto della sua immaginazione…
Divertente, irriverente nel descrivere la vita del maschio single, curioso nell’accompagnare il lettore dal Café de Flore al jazz bar in Saint-Germain, dalla librerie La Hume al Café des Amis di Ménilmontant: Leila Marouane descrive la difficoltà di vivere a cavallo di due culture, il desiderio di assimilarsi alle abitudini del luogo in cui si vive, senza dimenticare (per volontà o per incapacità) quelle del luogo in cui si è nati.
Leila Marouane è nata in Tunisia, a Djerba, nel 1960 da genitori algerini impegnati attivamente nella lotta politica. Cerca rifugio in Francia nel 1990 e vi si trasferisce stabilmente nel 1991, a Parigi, dove inizia la carriera giornalistica. Al suo attivo una decina di pubblicazioni, fra romanzi e saggi: Vita sessuale di un fervente musulmano a Parigi è il terzo libro tradotto in Italia (precedenti Doppio ripudio e Castigo degli ipocriti, pubblicati entrambi dalla piccola grande casa editrice Epoché nel 2004 e 2006). Nel 2006 è stata ospite della Fiera del libro di Torino insieme a Ghosh, Darwish, Mishra, Gutierrez e altri all'interno del progetto Lingua Madre, che riunisce scrittori di paesi extra europei accumunati dal lavoro innovativo sulla loro tradizione culturale.
(Vita sessuale di un fervente musulmano a Parigi, Leila Marouane, traduzione dal francese di Gaia Panfili, E/O 2009)

mercoledì 7 ottobre 2009

ASPETTANDO GIPI



Infanzie a confronto, un viaggio nel passato che trova riscatto nel presente.
Cieli bigi e mare mosso. Un sorriso innocente.
Gipi tra qualche giorno sarà in libreria...
(Gli innocenti - Baci dalla provincia, Gipi, Coconino press)

venerdì 11 settembre 2009

CORREVA L'ANNO 1973, ERA L'11 SETTEMBRE

11 SETTEMBRE, Cile, Santiago.
1973. Colpo di stato. Dittatura. Terrore. Buio.
Pinochet di augusto aveva solo il nome.
Molto si è scritto e molto si scriverà.
Su Internazionale n. 811/04-10 settembre è stato pubblicato un articolo di Cristobàl Pena tratto dal mensile colombiano Gatopardo sulla ricchissima biblioteca di Pinochet. Curioso: un uomo che da una parte bruciava i libri (degli altri) e dall'altra spendeva patrimoni (non suoi) per arricchire la sua collezione privata con preziosissimi volumi.
Per gli scrittori cileni erano anni difficili. E lo sono tutt'ora: per fare i conti con quel passato ci vuole tempo, e il coraggio di affrontarlo.
Fra le pubblicazioni recenti, mi hanno colpito le storie raccontate da due scrittori diversi, ma accumunati dallo stesso desiderio di denunciare i fatti, senza rinunciare all'ironia.
Agli anni della dittatura fanno riferimento le storie di Pedro Lemebel: alcuni dei racconti di Baciami ancora, forestiero (Marcos y Marcos, 2008) e il suo meraviglioso romanzo Ho paura, torero (Marcos y Marcos, 2004). Sempre allo stesso periodo ritorna Luis Sepulveda con il suo ultimo romanzo L'ombra di quel che eravamo (Guanda, 2009).
Pochi anni di differenza fra loro. Lemebel vive in Cile, Sepulveda in Spagna. Conseguenza della dittatura: qualcuno è rimasto per resistere, qualcuno è partito per contrastare e per far nascere una resistenza politica da esule. Ciascuno racconta la storia guardando ai sopravvissuti: lo stile narrativo non assume i toni foschi del dolore o quelli duri dell'accusa. Piuttosto è satirico e dissacratorio in Lemebel, spiritoso e lieve in Sepulveda. Non per rattristare gli animi ma per ricordare e far diventare quel passato il passato di tutti, di chi l'ha vissuto e di chi è troppo giovane anche per averne memoria. Scrive Kapuscinski in Giungla polacca (Feltrinelli 2009): Secondo una credenza africana, un uomo muore veramente solo quando muore l'ultima delle persone che lo conoscevano e lo ricordavano. In altre parole, cessiamo di esistere quando nel mondo non esiste più un solo portatore di memoria di noi.
Lunga vita a tutti.
( Ho paura torero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; Baciami ancora, forestiero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; L'ombra di quel che eravamo, di Luis Sepulveda, Guanda; Giungla polacca, di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli)

mercoledì 26 agosto 2009

UN ALTRO TEMPO

Per noi come per gli altri esiliati,
come per gli altri incontabili fiori che non sanno contare
e tutti gli animali che non devono ricordare,
è oggi che viviamo.

Tanti provano a dire Non Ora,
tanti hanno dimenticato come
si dice Io Sono, e si sarebbero
persi, se avessero potuto, nella storia.

Per esempio, chinandosi con grazia tanto antiquata
alla bandiera giusta nel posto giusto,
borbottando come vecchi mentre s'arrampicano per le scale
del Mio e del Suo o del Nostro e del Loro.

Proprio come se il tempo fosse quel che volevano
quando ancora era dato in dono e in possesso,
proprio come se avessero torto
a non desiderare più d'appartenere.

Nessuna meraviglia se tanti uomini muoino di dolore,
tanti sono così soli quando muoiono;
nessuno ha ancora creduto o gradito una bugia:
un altro tempo ha altre vite da vivere.

(Un altro tempo, W.H. Auden, Adelphi, traduzione di Nicola Gardini)

martedì 14 luglio 2009

L'Atlante 2009, Le Monde diplomatique

Importante ausilio per comprendere, o tentare di comprendere, gli arcani meccanismi che governano gli equilibri internazionali, è l'Atlante 2009 de Le Monde diplomatique: Il mondo alla rovescia
Il sommario propone:
• Nuove tendenze di geopolitica;
• Il mondo visto da dodici grandi Stati del Nord e del Sud;
• Le reali sfide energetiche del pianeta;
• I conflitti che persistono;
• Le promesse e le difficoltà del continente africano.
Il tutto corredato con: più di 300 carte, diagrammi e grafici; le priorità a breve e le informazioni essenziali; gli interventi di economisti, sociologi, scienziati politici, demografi, storici, ambientalisti ... per avere una visione quanto più sfaccettata possibile degli avvenimenti e del futuro; una vasta bibliografia (siti web, libri e relazioni) per approfondire la ricerca.
L'analisi è coordinata da Alain Gresh, Jean Radvanyi, Philippe Rekacewicz, Catherine Samary.
(L'Atlante 2009, aa.vv., Le Monde diplomatique/Manifestolibri 2009)

sabato 27 giugno 2009

QUANDO L'IRAN ERA PERSIANO

Ho bisogno d'un amante che,
ogni qual volta si levi,
produca finimondi di fuoco
da ogni parte del mondo!
Voglio un cuore come inferno
che soffochi il fuoco dell'inferno
sconvolga duecento mari
e non rifugga dall'onde!
Un Amante che avvolga i cieli
come lini attorno alla mano
e appenda,come lampadario,
il Cero dell'Eternità,entri in
lotta come un leone,
valente come Leviathan,
non lasci nulla che se stesso,
e con se stesso anche combatta,
e, strappati con la sua luce i
settecento veli del cuore,
dal suo trono eccelso scenda
il grido di richiamo sul mondo;
e,quando,dal settimo mare si volgerà
ai monti Qàf misteriosi da
quell'oceano lontano spanda
perle in seno alla polvere!
(Il fuoco dell'amore divino, Gialal Al-Din Rumi)
La fonte e la traduzione del testo sono attinte dal sito www.sufi.it

SMARRIRSI IN GIARDINO

Lieve come la neve e i paradossi, così inizia Il giardiniere smarrito. Esce per la collana dei Quaderni d’Ontignano che prende nome da un luogo reale, ma senza più identità agricola né contadini. Un posto di campagna, trasformato in residenza per ex cittadini. Il giardiniere anzi, pur avendo una tata di nome Elsa, non esiste: si chiama Andrea Borenstein; è ebreo, è dotato della straordinaria capacità di viaggiare, ed errante appare fin dal primo capitolo, mentre lascia impronte in un candido paesaggio della Transilvania. Il libro, scritto da Oliva di Collobiano, usa, quindi, la neve che muta i contorni alle cose, il felice nomadismo di un personaggio inventato e la commozione di un aggettivo per smarrire anche il lettore. Qualcosa che l’autrice considera utile, prossimo nel doppio significato fisico e spirituale all’altro verbo a cui si fa implicitamente riferimento: l’errare. Sembrerebbe impossibile che un giardiniere come un capostazione possa smarrirsi. Farebbe parte, nell’immaginario, di quelle persone radicate e radicali, che riversano il mondo entro mappe certe. Invece, questo giardiniere che ha il genio di una tranquilla irrequietezza vive l’avventura, affidandosi non alla fantasia, ma all’osservazione. In un punto, viene anche specificato che si annoia. Gli succede, perché ciò fa parte del rischio di chi guarda in continuazione. A furia di guardare ciò che si vede, Borenstein comincia a mutare la propria percezione del bello, a capire come si formi naturalmente la bellezza. Scopre, a volte fornendo esempi a volte solo accennando, che il giardino non è un luogo chiuso, esiliato dal paesaggio. E che solo facendone parte è in grado di procurarci il piacere di abbandonarsi alla vista. Il giardino, allora, non inizia e finisce, è un’opera aperta, rispetto a se stesso e a quello che lo circonda. Esprime contemporaneamente la doppia tenacia dell’uomo e della natura. Se desiderato in tale modo il giardino finirebbe, forse, per coincidere con l’Eden che fu.
Ninfa e villa Maser
Nei primi appunti di Borenstein emergono alcune visioni che precedono i concetti stessi. Una riguarda il bordo. Nella campagna lavorata con i trattori, inghiottiti i sentieri, resta il bordo, «la coltre di terra, omogenea che assorbe e trattiene come un manto i riflessi del giorno, della notte e, là in fondo, del cielo», appena un piega che increspa la superficie silenziosa dei campi. È un segno che distingue senza tagliare. Nel giardino di Ninfa, a sud di Roma, invece, sono proprio le mura antiche che lo circondano a incastonare il verde straripante, alimentato da una gelida vena d’acqua, sullo sfondo della «montagna aspra e arida, alta». Una relazione tutta giocata sul contrasto di forze, di volontà. Altrove, il giardino di villa Maser, vicino a Treviso, mette in scena le giuste proporzioni di forme e affetti, la convivialità, l’amicizia tra persone, il rapporto mediato con la campagna. E gli stessi dei, abbondantemente ritratti, segnano sia la proprietà sia l’umanità del luogo. Per Borenstein è l’occasione di formulare uno dei suoi aforismi: «Ecco cosa è il giardino: un pezzo di terra segnato dall’uomo, e quando l’appropriazione riesce e gli anni la rafforzano crea sintonia con la Natura». Lungo e sempre nuovo è il viaggio del giardiniere smarrito, ma ci sono quattro descrizioni che messe in sequenza restituiscono con precisione lo scopo del suo vagare: l’impressione di casualità, di disordine che contraddistingue il giardino del Topkapi e la sua città, Istanbul, dove, alla fine, s’insinua la certezza che ciò che è casuale può essere ricercato, rimandando in questo caso ad altre stanze del destino, ai recessi fioriti dell’harem. Altrettanto in Anatolia, quando si manifesta agli occhi del viaggiatore la matrice ittita del paesaggio, questo serpeggiare di boschetti, coltivazioni e alberi da frutto, nascosti in un labirinto di vallette e pinnacoli di roccia. «Giardini indefiniti», li chiama, cogliendo la presenza di antiche divinità legate al ciclo vegetativo. E ancora, contemplando l’ossatura di muri a secco e lastre di pietre infitte nel terreno che fanno da sinopia alle colline della Scozia. Collegando la loro linea grigia, astratta, bidimensionale, ai dettagli fisici delle icone bizantine, dei quadri di pittori senesi e giotteschi, in cui l’alterità dell’ambiente segue un alfabeto sacro quanto i visi e le vesti dei santi. Qui, Borenstein innalza una lode alle «recinzioni e muretti che siano di pietra, di legno o di arbusti, di fascine, di canne e foglie seccate di palma» e aggiunge che la comunione tra opere, ruderi e natura forma «giardini nuovi» e che bisogna «riconoscere certi luoghi come giardini».
Selinunte: un’epifania
Infine, come un’epifania, sorgono allo sguardo del giardiniere e del lettore le rovine di Selinunte, un nostro, occidentale zen. Epifania è intuizione, il punto d’arrivo del meditare. Cosa dice il caos di colonne e architravi abbattuti dalla violenza dei terremoti? La vanità della storia, certo, ma anche e più preziosa la scelta di non restaurare, lasciando che per osmosi le rovine tornino alla pietra che le ha generate, al magma sotterraneo. Al mare africano, al tappeto di fiori e di stelle il compito di riconciliare spazio e tempo, di rigenerare quotidianamente l’idea di giardino. Il segreto dell’equilibrio sta in un unico elemento d’appoggio: la duna di sabbia, eretta su progetto di Pietro Porcinai che piega il suo braccio sul lato nord-est. Sabbia a fare da quinta, dando profondità al cielo e un bordo al vagabondare della mente.
La recensione è di Nicola Dal Falco
(Il giardiniere, di Olivia di Collobiano, Libreria editrice fiorentina, 2008)

martedì 19 maggio 2009

BANGLADESH. INFERNO DI DELIZIE

Ripreso il mare, dopo quarantatre giorni di navigazione raggiungemmo il Bengala, un vasto paese dove si produce tantissimo riso... e anche molto brumoso: quelli del Khorasan lo chiamano Dozakh-i pur ni'ma, che (in persiano) significa "inferno pieno di delizie".
Così Ibn Battuta nel 1328 racconta al Ibn Juzayy, per espresso desiderio del sultano del Marocco, a proposito del Bengala.
Il Bengala non è il Bangladesh, il primo è una regione geografica, il secondo uno stato. Ma Stefania Ragusa sceglie a ragione la definizione di Ibn Battuta, il Marco Polo arabo, per descrivere questo stato del subcontinente indiano, indipendente solo dal 1971 (il suo ingresso nell'Onu è del 1974).
La sua superficie è metà di quella italiana, la sua popolazione più di due volte tanto, secondo i dati dell'Onu (ma, ben si sa, i dati anagrafici in paesi come questi sono stime e il grado di approssimazione è normalmente sotto stimato).
Da quanto racconta l'autrice, il Bangladesh, ancora estraneo alle rotte turistiche, è un paese ricco di contrasti, molto lontano dalla nostra realtà, anche se tante sono le persone che, provenendo da lì, lavorano in Italia e più in generale in Europa e molte sono le aziende occidentali che dislocano parte o tutta la produzione in Bangladesh.
Stefania Ragusa affronta il primo viaggio in Bangladesh su mandato di Glamour, il giornale per cui lavora, per seguire una troupe di medici di Progetto Sorriso nel Mondo. Poi torna altre volte perché il Bangladesh esercita su alcune persone un'attrazione sinuosa e fatale.
Bangladesh. Inferno di delizie non è racconto di viaggio, o meglio non è solo questo. E' molto di più: è amore per un paese e per le sue genti (oltre ai Bengalesi, ci sono i migranti Binari e diversi gruppi tribali di varia consistenza), è denuncia di realtà assolutamente sconosciute al mondo occidentale, è testimonianza di convivenza di etnie diverse e religioni diverse, di tradizioni antiche e voglia di cambiamento, di donne che lottano per avere un ruolo nella società, è storia di bambini a cui ritorna il sorriso, è storia di incontri, è grido di paura per le catastrofi ecologiche che si continuano ad ignorare.
E' ricco il Bangladesh di Stefania Ragusa: le 185 pagine del libro (edizioni Vallecchi nella collana Off the road) dicono molto di più di quanto non sia scritto.
E' un libro da leggere, oltre che perché documentato, serio e affascinante, anche perché sostiene Progetto Sorriso nel Mondo (www.progettosorrisonelmondo.org), un'associazione internazionale onlus per il trattamento e la cura delle malformazioni e deformità cranio facciali nei paesi in via di sviluppo, attiva in Bangladesh, Burundi, Congo e Guatemala.
(Bangladesh. Inferno di delizie, di Stefania Ragusa, Vallecchi 2008)

venerdì 15 maggio 2009

ANATUF CHE DIVENTERA' UN UOMO BLU


Un libro che racconta di sabbia, di dromedari, di venti e di uomini.
Illustrazioni che hanno il colore caldo della sabbia e il blu del cielo. Parole che descrivono ciò che un bimbo, il piccolo Anatuf, vede seguendo il padre nel deserto africano. Proverbi e detti tradizionali, che traducono l'antica saggezza dei Tuareg.
Il volumetto è pubblicato da Edt nella collana Paesi e popoli del mondo (premio Andersen 2008 come miglior collana di divulgazione): si viaggia in compagnia di Atanuf e si impara la vita del nomade e l'essenza della sua libertà.
Non abbiamo storia, perché i nostri padri l'hanno scritta sulla sabbia e il vento l'ha portata via. Il deserto sembra eterno a colui che lo abita e offre questa eternità all'uomo che saprà essergli fedele. Dio creò il deserto affinché gli uomini vi potessero crescere la loro anima. L'amicizia è una strada che scompare nella sabbia se non si rifà senza posa.
( Anatuf e gli uomini blu, di Sofia Gallo il testo, di Dalila Mebarki i proverbi e i detti, di Marco Paci le illustrazioni, Edt 2009)

venerdì 8 maggio 2009

GEOGRAFIA SACRA

Al di là del valore documentario, delle ipotesi pro o contro una tesi archeologica, di questo o quel racconto venato di miti, il significato di Geografia Sacra, il libro di Giovanni Feo, sta nella ricerca del paesaggio. Impresa che necessita di due elementi: un territorio e un orecchio affinato per captarne la voce.
Dietro il sipario, prima che la scena si illumini, è generalmente il suono ad offrire in anticipo il tema, a predisporre lo spettatore di fronte alla storia. Ed è sempre un racconto, l’ordine scelto per concatenare indizi e ricordi, la persistenza e la seduzione di un nuovo punto di partenza, a metterci sulla via.
Oltre i cambiamenti, i pensieri e le azioni che un territorio comanda o subisce nel corso dei secoli, spesso rimane qualcosa di remoto che, in sé e per sé, prima dell’evidenza di un rudere, risuoni in chi ha voglia di ascoltarne l’eco. È probabile che ciò avvenga quando la mente si allinea al corpo e il sapere alla percezione del passato, quando le cose intorno iniziano a parlare un altro linguaggio.
Forse, si tratta, innanzitutto, di uno stato d’animo, l’aver smosso un velo sulla natura.
Anche se molto resta ancora da dimostrare con la pallida ed esigente precisione della scienza, è iniziato un processo di arricchimento del mondo circostante, una lievitazione di significati: il territorio si è trasformato in paesaggio, in corpo visibile. Ed appena appare una forma ecco che tende ad affiorare il suo messaggio.

Dal territorio al paesaggio
Di questo scrive Giovanni Feo, di una geografia sacra, ma sarebbe più giusto dire consacrata, che potrebbe riappropriarsi di tutti i segni che altri uomini vi opposero per capire qualcosa della scena che si svolgeva contemporaneamente dentro e fuori di sé.
Se, in questo caso, è la valle del fiume Fiora o la localizzazione del Fanum Voltumnae, il bosco sacro dedicato alla dea Voltumna, centro del centro della nazione etrusca, piuttosto che gli osservatori celesti di quei popoli del mare che hanno risalito le vie d’acque verso l’interno, in un altro contesto di tempo e di spazio potrebbe trattarsi del proprio quartiere e dello sterile intreccio di un sistema stradale. In ogni caso, è lì, nell’immediato fuori, che ci si può perdere nei due sensi possibili: dell’assenza o di una possibile visione.
Allora, se quel poggio collima con la sella che interrompe la linea dei monti, se il lago contiene un seme d’isola, se dei massi affioranti, uniformemente incisi, si allineano su certe direttrici, forse il territorio annuncia il tema natale di un paesaggio. La proiezione ortogonale di una qualche domanda.
Questo ci indica la ricerca di Feo e seguendone i passi si incontrano alcuni luoghi mirabili. Fra i molti, quelli che forse destano maggiore curiosità, sono due: Poggio
Rota coronato da un gruppo di megaliti, lungo la valle del Fiora, e l’isola Bisentina, nel lago di Bolsena, punta del compasso, da cui misurare e suddividere un’intera regione.

Genti venute da oriente
Dal punto di vista storico ci muoviamo in un arco di tempo che va dalla fine del neolitico all’età del rame (tra il 4.000 e 2.000 a.c.) quando in un’area compresa nelle attuali provincie di Grosseto e di Viterbo, cominciò a diffondersi la metallurgia, favorita dalla presenza di minerali e dall’arrivo di popolazioni, originarie dell’area egeo-anatolica. La cultura che vi si insedia è detta di Rinaldone dal nome di una località del viterbese.
La svolta che interessa l’autore avviene in quella fase della storia umana in cui lo sforzo più impressionante si concentrò nella realizzazione di complesse opere megalitiche che traducono conoscenze non comuni, legate all’osservazione celeste, essenziali per chi si metteva in mare alla volta di nuove terre.
Una di queste è stata riconosciuta tra la vegetazione di Poggio Rota grazie ad una semplice informazione, avuta mentre Feo girovagava sul monte Tellere, vicino a Pitigliano. Stava osservando i segni che ricoprono molti dei massi affioranti, allorché il proprietario del fondo, gli ha chiesto cosa facesse. Ottenuta una risposta soddisfacente, l’uomo replicò che ne conosceva anche un altro di posto interessante.

Dieci pietre in cima al poggio
E grande è stata la sorpresa dell’autore che si è ritrovato, di lì a poco, di fronte ad una struttura formata da dieci pietre che affiorano sulla sommità del poggio. Cinque di esse, alte tre metri, formano un cerchio più interno e le altre, più basse di circa la metà, sono leggermente spostate verso l’esterno. Tutte presentano fori circolari e nicchie più o meno accentuate, come se ne vedono sulle rocce lungo le pendici del monte Tellere.
Un tempo, si trattava, di un unico sperone di tufo che è stato scavato al centro e sezionato con dei tagli verticali che permettono di inquadrare alcuni punti dell’orizzonte.
Fino ad oggi, è stato possibile accertare che il complesso non ha origini naturali e che, quindi, il suo aspetto si deve alla mano dell’uomo, ma soprattutto che si trova esattamente lungo la linea solstiziale.
«Ponendosi al centro della struttura – scrive Giovanni Feo – si ha di fronte un megalite appuntito che guarda verso nord-ovest. Il 21 giugno, data del solstizio estivo, al
momento del tramonto l’astro di luce scende perpendicolarmente sul megalite a punta, per un attimo si posa sulla cima del masso, poi cala dietro di questo e, infine, tramonta oltre la sella tra le due vette del monte Nero che si stagliano all’orizzonte».
Per accostarsi a un simile monumento e ritrovare, al di là del colpo d’occhio, un po’ del fervore dei suoi costruttori, basta ricordare che, nel V millennio avanti cristo, l’universo religioso era presumibilmente dominato da due entità opposte, femminile e maschile, terra e cielo, dalla cui interazione scaturiva e si perpetuava il dramma della vita.
Di questo dramma, la contrapposizione tra giorno e notte appariva come la manifestazione più eclatante e pervasiva. Come sottolinea Feo, la morte apparente del sole, la sua caduta in braccio alla notte, era vissuta con inspiegabile ansia. Così, la sua ricomparsa, all’altro capo dell’orizzonte, veniva salutata con pari sollievo. Quando il fenomeno fu collegato ad un’idea di alternanza, crebbe il desiderio di fissarne i termini temporali. L’architettura sacra, nelle sue forme più remote, deve a questa attesa, a questa domanda, la sua imponente ragion d’essere.

La scoperta del centro?
Dalla cultura di Rinaldone a cui Feo fa risalire i megaliti di Poggio Rota e gli altri siti che punteggiano la valle del Fiora, discende per sovrapposizioni e nuovi flussi migratori la civiltà etrusca. L’autore vi legge una sostanziale continuità di prospettive spirituali, condensate in una scienza sacra – la geomanzia – dove si intrecciavano spirito di osservazione e afflato religioso. Collegando tra loro siti e scoperte, arriva a precisarsi una mappa allargata su cui applicare l’antico principio della quadripartizione dello spazio che presuppone un punto mediano. Quel punto è l’omphalos, l’ombelico da cui scaturisce come una sorgente l’ordine invisibile del mondo e in corrispondenza del quale si erge l’axis mundi, punto di contatto e di ancoraggio tra l’alto e il basso.
Le sue tracce sono posate tra i cinque e gli otto metri di profondità sul fondo del lago di Bolsena, evidenziate da un tumulo a forma ellittica lungo ottanta metri e largo sessanta, visto e descritto, insieme ad altri tre, tutti alla stessa distanza dalla riva, durante le immersioni dell’archeologo Alessandro Fioravanti. L’area, ricoperta dal lago in tempi preistorici, insieme a molte rocce tempestate di coppelle, aveva il suo culmine in un luogo tuttora visibile: il monte Tabor.
Il fatto che il monte corrisponda al punto più alto dell’isola Bisentina, sul lato settentrionale del lago di Bolsena, rende la percezione del tutto ancora più netta.
Qui, inoltre, proprio in cima al rilievo che domina l’isola si apre un pozzo di venticinque metri che raggiunge un’ampia camera circolare, scandita da sedute e collegata a sua volta da un corridoio di quarantacinque metri.
Secondo Feo, l’intera area, già consacrata nei secoli precedenti, fu scelta anche come santuario della confederazione etrusca, luogo del Fanum Voltumnae, il bosco della dea Urcla, patrona della terra e delle acque, latinizzata in Voltumna (Fortuna). Alle quattro regioni che facevano capo all’omphalos, corrispondevano dodici lucumonie e altrettante città. Bolsena, quindi, e non Orvieto, come si è spesso detto nonostante alcuni importanti dettagli ricordati dalle fonti antiche e, soprattutto, malgrado le scoperte intorno e sotto il lago, avrebbe ereditato da un passato più remoto la sua funzione di centro.
Un’ultima nota riguarda il presente, un presente con lunghe radici. Ancora oggi, a Valentano, tra due laghi, quello di Bolsena e il piccolo occhio del cratere di Mezzano, si svolge un rito che sembra corrispondere ad antichi modelli. Ma sentiamo le parole di Feo: «All’alba del 14 agosto, giorno che precede i festeggiamenti per l’assunzione di Maria, un gruppo di persone si incontra in un campo che, da sotto il paese, si distende per quattro chilometri in direzione di una piccola e isolata collina. Due bianchi bovini aggiogati iniziano a tracciare il solco con un vecchio aratro…».
Il lavoro inizia al sorgere del sole e tutta la tensione dei partecipanti è concentrata nel mantenere il solco perpendicolare in modo che sia inondato dai raggi. La cura estrema sta , poi, nell’evitare che qualche zolla ricada all’interno. Che la luce impregni di sé il grembo della terra appare ancora più evidente appena si fa notte. Allora, nel solco diritto vengono accesi decine di lumini. Si compie così una ierogamia tra cielo e terra. Quel primo solco, rivissuto, avrebbe fatto schizzare nel mondo un bambino divino, quel Tagete etrusco, dotato di parola profetica e di una primeva sapienza agricola.

( Geografia sacra di Giovanni Feo, edizioni Stampa Alternativa /Nuovi Equilibri, 2006)_ Autore della recensione è Nicola Dal Falco

venerdì 24 aprile 2009

UNA POESIA DI KOLLERITSCH

Ho forse tradito la promessa,
regalato ingenuamente
la speranza,
di catturare la luce con il laccio,
l'inizio dell'apparizione,
dei due occhi?
(Nessuna domanda, in Paralleli consolatori di Alfred Kolleritsch,
Passigli 2009, traduzione di Beatrice Donin)

mercoledì 8 aprile 2009

LA NATURA DI CRISTINA GRANDE, INFEDELE SOLO UN PO'

E' da poco in libreria Natura infedele di Cristina Grande. Una storia fatta di frammenti, la vita di una famiglia di Saragozza nella seconda metà del secolo scorso. Immagini che mi ritornano in mente come già vissute o già viste in un altrove meno esotico della Spagna. Legami personali e ambienti già vissuti, non direttamente forse ma attraverso i racconti delle generazioni precedenti alla mia.
Renata racconta in prima persona: racconta di sè, della sorella gemella, tanto diversa da lei, della mamma e del padre. Riferisce le storie dei nonni, dei genitori, della sorella Maria e soprattutto le sue. La sensazione è strana: sembra che Renata apra una vecchia scatola in cui sono racchiuse le foto di famiglia (immagino in bianco e nero le più vecchie, a colori le più recenti, con quei colori un po' appannati quasi sbiaditi che ho incontrato tante volte negli album dei miei). Sembra che le prenda a caso, una ad una, senza seguire un ordine cronologico, e componga la sua vita per un estraneo osservatore taciturno. Non sparpaglia le foto su un tavolo, non c'è una scaletta per la narrazione.
E forse ancora più curioso è il fatto che non sia evidente un trasporto nel raccontare, un coinvolgimento che susciti un qualsiasi sentimento. Una lettura fredda, attraverso le tessere di un mosaico andato in frantumi. Forse non ci sono nemmeno tutti i pezzi. Forse è Cristina, l'autrice, che vuole ricomporre la sua vita. Per rivederla, lucidamente, dall'esterno, per trovare un qualcosa di sè che le è sfuggito.
Non so se il racconto sia autobiografico. Forse no, anche se gli spazi nei quali si muove Renata sono gli stessi in cui ha vissuto la Grande. Se lo fosse, metterebbe a nudo una ricerca personale, un'autoanalisi raccontata non solo all'analista (l'ipotetico ascoltatore muto) ma ad un pubblico invisibile, un pubblico fisicamente assente ma psicologicamente attento. Se non lo fosse... la mia ammirazione per la Grande sarebbe ancora maggiore: un modo di raccontare emozionante senza dimostrare emozione.
Cristina Grande ha pubblicato in Spagna due raccolte di racconti (La novia parapente, del 2002, e Direcciòn noche, del 2006). Altri suoi lavori appaiono in diverse antologie, accanto ai nomi di Peter Handke, Cees Nooteboom, Enrique Vila-Matas e molti altri.
Cristina Grande ha studiato cinematografia. Cristina Grande è una fotografa. L'angolatura per osservare lo scorrere della vita è particolare, sia nello scatto che nel racconto, che risulta quasi una dettagliata didascalia. Cristina Grande guarda alla donna, osserva, studia l'inquadratura.
Natura infedele è il primo libro pubblicato in Italia. L'editore è Marcos y Marcos, che ancora una volta, riesce a scoprire un talento nuovo.
Meravigliosa anche la copertina di Lorenzo Lanzi: delicata, una farfalla indossa un colore per apparire (un rosso morbido), per non passare inosservata, anche se per un tempo breve, brevissimo.
(Natura infedele, di Cristina Grande, traduzione di Barbara Bertoni, Marcos y Marcos 2009)

giovedì 26 febbraio 2009

LE DONNE SPOSATE DI CIPRO

Le donne sposate tessono le fila del proprio nero destino
come accorate Cassandre
e se anche sapessero tutto ciò che è stato scritto
leggerebbero pur sempre lo stesso romanzo
sperando che la fine della storia questa volta possa cambiare,
ma sono loro, non il libro,
che cambiano con lo sforzo di cambiare


Mehmet Yashin è cipriota, di lingua turca. E' un poeta, oltre che saggista e romanziere. I versi, che ho scelto, sono raccolti in una deliziosa antologia curata e tradotta da Rosita D'Amora, appena pubblicata da Argo.

martedì 24 febbraio 2009

BESTIE, UOMINI E DEI: sulle tracce del barone Ungern

Petrus Filippi ci offre il resoconto di uno straordinario viaggio attraverso le estreme regioni orientali dell'Asia sulle tracce di Ungern: Manciuria, Mongolia e Russia asiatica.La conversazione sarà accompagnata da immagini e approfondimenti del tibetologo Fabian Sanders sui culti buddhisti della Mongolia e sull'ambiente in cui, a cavallo degli anni venti, si mossero il barone Ungern von Sternberg, il calmucco Ja Lama e l'avventuriero Ferdinand Ossendowsky.

Nell’agosto del 1917 il barone Ungern von Sternberg, dopo aver combattuto i bolscevichi nell’esercito bianco, raggiunse l’ataman Semënov in Transbaikalia e organizzò una Divisione Asiatica di Cavalleria (Asiatskaja konaja divisija) in cui confluirono mongoli, buriati, russi, cosacchi, caucasici, coreani, giapponesi, cinesi e perfino tibetani.
Il 3 febbraio 1921, alla testa dei suoi uomini, il barone investì Urga costringendo alla fuga la guarnigione cinese e facendo a pezzi i seimila uomini giunti a rinforzo del Soviet che vi si era instaurato. Liberato dalla prigionia il Jetsun Dampa, Buddha Vivente e Bogdo Khan di Mongolia, gli venne da questi conferito il titolo di ‘Primo Signore della Mongolia e Rappresentante del Sacro Monarca’.
L’intenzione di Ungern era quella di restaurare la teocrazia lamaista, creando una grande Mongolia dal Baikal al Tibet e facendone base per una scorreria verso occidente, sulle orme di Gengis Khan. Il suo vero scopo era infatti una lotta contro il mondo nato dalla rivoluzione francese, per giungere alla restaurazione d’un ordine teocratico e tradizionale in tutta l’Eurasia.
Nell’agosto del 1921 il calmucco Dambijantsan, un lama guerriero nima-pa noto come Ja Lama, dopo avere ospitato Ungern nella propria yurta, lo consegnò ai partigiani dello Jenisej di P.E. Shcetinkin. Il 15 settembre Ungern venne processato a Novonikolaevsk (Novosibirsk). Riconosciuto colpevole d’aver preparato il rovesciamento del potere sovietico per restaurare la monarchia dei Romanov, fu condannato a morte per fucilazione. Altre fonti riportano che tale tradimento fu solo una copertura propagandistica e Ungern riuscì a sottrarsi ai bolscevichi proseguendo la sua lotta nella Russia asiatica.

Nello stesso periodo l’ingegnere polacco Ferdinand Ossendowsky nel suo libro "Bestie, uomini e dei" narrò l’odissea occorsagli tra il 1920 e il 1921 quando, attraversando il centro Asia, avrebbe scoperto l’entrata a uno straordinario regno sotterraneo. Ospite poi del Bogdo Khan di Mongolia, venne a sapere che ‘più di sessantamila anni fa un santo scomparve nel sottosuolo con un’intera tribù e non riapparve mai sulla faccia della Terra. Tuttavia, da allora, molte persone hanno visitato quel regno: Sakyamuni, Undur Gheghen, Khan Baber e altri ancora. Nessuno sa dove si trovi questo luogo. Alcuni dicono in Afghanistan, altri in India. Tutti coloro che vivono nel regno sotterraneo sono salvi dal Male ed entro i suoi confini il crimine non alligna. La scienza ha potuto svilupparsi pacificamente e non esiste minaccia di distruzione. Il popolo sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande regno popolato da milioni di uomini e il Re del mondo è il loro sovrano. Egli conosce tutte le forze della natura, legge in tutte le anime umane e nel grande libro del loro destino. Egli governa non visto ottocento milioni di uomini sulla superficie della Terra ed essi seguono ogni suo ordine.’

venerdì 6 febbraio 2009

MALA TEMPORA CURRUNT

Mala tempora currunt...
Forse non tutti ricordiamo il giuramento d'Ippocrate e la dichiarazione dei diritti dell'uomo.

Propongo il giuramento moderno, sostanziale aggiornamento di quello che Ippocrate, medico di Cos, formulò nel 430 a.C.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo,
GIURO:
- di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
- di perseguire la difesa della vita, la tutela fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
- di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
- di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
- di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
- di promuovere l' alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
- di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
- di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
- di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
- di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
- di rispettare i Colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
- di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
- di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
- di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
- di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.


La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, all'articolo 1 recita:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

E forse è bene ricordarci, sempre, che a ciascuno di noi può capitare di trovarsi dall'altra parte. Che potrebbe esserci nostro padre, nostra madre, nostro fratello, nostra sorella, il nostro compagno, nostro figlio...

martedì 27 gennaio 2009

IL CAUCASO


Il Caucaso da sempre costituisce un'area di frontiera tra l'Europa e l'Asia, tra cristianesimo ed islam, tra il vicino Oriente e le grandi steppe eurasiatiche.
L'area comprende i territori limitati fra il mar Nero (ovest) e il Mar Caspio (est), fra le catene mantuose del Grande Caucaso (con la cima più alta nel monte El'brus) a nord e il Piccolo Caucaso (con il monte Ararat) a sud. Frontiere impervie, attraversate comunque nel corso dei secoli da popoli invasori che spingevano gli abitanti a rifugiarsi sulle montagne. Il risultato è un crogiuolo di etnie, di lingue, di tradizioni culturali e religiose, che non si distribuiscono in maniera omogenea sul territorio, ma piuttosto a macchia di leopardo, rendendo difficile affrontare uno studio unitario.
L'estrema frammentazione etnoculturale, le ripercussioni dei violenti impatti con le popolazioni nomadi delle steppe e la millenaria assenza a nord di entità politiche sviluppate e stabili prima del consolidamento dell'impero russo hanno fatto sì che sin quasi ai nostri giorni i popoli del Caucaso settentrionle costituissero delle entità sostanzialmente tribali, in larga parte accomunate da usi e costumi, nonché dalla recente islamizzazione, ma incapaci - se non per brevi periodi - di costituire una più vasta organizzazione politica. (così Aldo Ferrari in Breve storia del Caucaso, ed. Carocci).
La scoperta di risorse naturali e la posizione geografica non facilitano oggi la realizzazione di una situazione stabile e duratura.
Un'area da conoscere.

E L'INIZIO E' STATO BUONO, DAVVERO

Adoro la neve. E il nuovo anno è iniziato sotto una soffice nevicata. Non potevo desiderare di meglio.
Quanto alle mie letture: I mandarini di Simone de Beauvoir sono stati solo posticipati. Il 1° gennaio è nato all'ombra di Colette. E non poteva essere forse migliore. In questo momento è Parigi che sento nel cuore, la Francia, il francese musicale. Così mi sono fatta raccontare da Colette di Sido e del resto della sua famiglia, con la poesia e la delicatezza che solo raramente si riesce a trovare nella corolla di un fiore. Poi una vecchia biografi della scrittrice: edizione francese del 1921, che indubbiamente avrò comprato in tempi remoti in qualche mercatino, poi dimenticata e fialmente "ritrovata". Fogli leggeri, lucidi ed ingialliti, con i caratteri leggermente sbavatiun buco sulla prima pagina lasciato da un ex-libris strappato. Un peccato.
Adesso tornano I mandarini. Con il sapore del dopoguerra.