sabato 22 maggio 2010

CAMMINA CAMMINA...

sul camminare: la bellezza di girovagare a piedi come mezzo per estraniarsi dalla realtà, come fonte di energia, come momento di riflessione, come forma di libertà, come presa di coscienza. Non un’attività legata alla bella stagione e forse nemmeno semplicemente un’attività, ma un modo di essere.

• CAMMINARE
Henry David Thoreau, Mondadori 2009, traduzione di Massimo Jevolella, 7,50 euro
Poco più di cinquanta pagine, ma sono serviti quasi dieci anni per raggiungere la stampa definitiva.
Thoreau, americano dell’Ottocento, è diventato famoso per due opere Walden, ovvero la vita nei boschi (pubblicato negli USA nel 1854) e Disobbedienza civile (pubblicato nel 1849). Il primo nasce dall’esperienza dell’autore nella foresta che circonda il lago Walden (Massachusetts) poco distante dalla sua casa: un giorno, il 4 luglio 1845, Thoreau esce da Concord e si dirige verso l’immensa foresta che circonda il lago, abbracciando per due anni una vita da eremita, una completa immersione in quella natura definita selvaggia, che possiede però un equilibrio e un’armonia salvatrice e guaritrice. Thoreau non traduce nell’immediato questa esperienza in forma scritta: forse le leggi della natura gli hanno trasmesso capacità meditative e di elaborazione, che lo portano a far decantare i pensieri. Nel frattempo, mentre lui si dedicava a peregrinare nei boschi, lontano da ogni forma di contaminazione umana, gli Stati uniti dichiarano guerra al Messico: questo fatto storico entra con violenza nella sua vita pacifica e lo porta a reagire non pagando le tasse per protestare contro il governo che aveva promosso una guerra ingiusta. L’esperienza del carcere che ne consegue si trasforma nel breve saggio Disobbedienza civile, che prende la forma di una sorta di manuale di resistenza. Ecco dunque che le prime due opere si sovrappongono: da un lato l’aspetto più bucolico, dall’altro la reazione dura contro gli eventi che vanno contro le leggi della natura, di per sé pacifica.
Negli stessi anni viene alla luce Camminare (1851-1862), prima nella forma di conferenze pubbliche, poi come raccolta scritta: un saggio breve, ma intenso, in una qualche misura profetico, che guarda con sospetto alla civiltà industriale e individua nella natura e nel vagabondare la salvezza dello spirito. Itinerario a piedi, senza meta, che permette di pensare e di fondersi nella natura per assorbirne l’equilibrio e la purezza.

• LA PASSEGGIATA
Robert Walser, Adelphi 1976, traduzione di Emilio Castellani, 9,00 euro
Un racconto, composto dallo scrittore svizzero nel 1919: un desiderio di vagabondare che arriva quasi improvviso un bel mattino e lo porta a prendere il cappello e ad uscire di casa. Walser si lascia alle spalle i pensieri cupi, indossa un’aria serena e predispone il suo animo a nuovi incontri, una galleria di immagini e di incontri, ognuno dei quali trasmette motivo di riflessione. Riflessione serena, che trasforma il vagabondare in un itinerario spirituale, che confonde l’immaginario/immaginato in reale: perché non c’è differenza di percezione. La passeggiata è una sorte di metafora della vita dello scrittore, della scrittura errabonda: in entrambe gli incontri sono casuali e sorprendenti, fonti di riflessione e estraneamento dal mondo.

• VAGABONDING
Rolf Potts, Ponte alle Grazie 2008, traduzione di Stefano Beretta, 12 euro
Potts è un viaggiatore, uno di quelli che girano con lo zaino in spalla. Potts ha fatto del viaggio una filosofia, considerandolo non semplicemente una valvola di sfogo ma un vero progetto di vita: non interrompe la normale routine lavorativa, ma la imbeve costantemente diventando uno stato d’animo permanente. Libertà, fantasia, curiosità e desiderio di crescita personale diventano i valori da perseguire. E partire diventa un viaggio con se stessi, un mettersi in cerca di se stessi, un essere in movimento ancora prima di aver scelto un percorso, psicologicamente ed emotivamente ancora prima dello spostamento fisico.

• IL MONDO A PIEDI. ELOGIO DELLA MARCIA
David Le Breton, Feltrinelli 208 (prima ed. 2001), traduzione di Ester Dornetti, 7,00 euro
Un nuovo modo di viaggiare, un modo quasi sovversivo e trasgressivo: viaggiare apiedi, per godere del tempo e dei luoghi, per prendere le distanze dalla realtà frenetica e affinare i sensi. Un incrocia fra racconto e saggio, in cui il dialogo e le sensazioni si scambiano fra l’autore e personaggi storici (Stevenson, Sansot, Basho) sul senso di percorrere il mondo e la vita a piedi. Le Breton celebra l’andare che induce al piacere, che stimola l’incontro, la conversazione, l’impiego del tempo per procedere e per sostare.

• CAMMINANDO
Pino Cacucci, Feltrinelli 2009 (prima ed. 1996), 6,50 euro
Il viaggio di Cacucci è un viaggio lento, che ha come fine e fonte di ricchezza l’incontro. Cacucci ama fermarsi per ascoltare chi abbia un qualcosa da raccontare: sembrano storie senza patria, storie di cittadini del mondo, vicende che incontrano persone qualunque, scrittori, musicisti, giornalisti in racconti tragici e comici, semplici e assurdi, che scoprono un po’ di mondo anche nelle realtà più vicine al nostro quotidiano. Una contaminazione continua e proficua, che trasporta spesso il lettore in spazi mitologici mascherati da realtà e viceversa.

• CAMMINARE. DAPPERTUTTO (ANCHE IN CITTA’)
Tomas Espedal, Ponte alle Grazie 2009, traduzione di Lucia Barni, 15,00 euro
Ancora un elogio del camminare, che questa volta arriva dalla Norvegia, patria di Espedal. Camminare, pensare, scrivere, creare fanno parte di un'unica realtà. Non importa quale sia il luogo, quale sia il tempo, quale sia la distanza percorsa: è l’approccio che conta, è il dare un ritmo all’esistenza. Il ritmo del passo, che scandisce la passeggiata, la giornata e la vita. Il ritmo del passo, che dà la consapevolezza dell’esistenza, che supera la necessità del trasferimento da un luogo all’altro e diventa necessità interiore

giovedì 20 maggio 2010

LOCANDA

dove la notte ha il passo leggero
delle foglie sui rami e il silenzio
addolcisce i muri,

dove, di tanto in tanto, riaccosti le labbra
all'orecchio, mimando un discorso,

dove s'apre in mare una riva, bella,
incudine al sole e alla luna che gira,

lì, proprio lì, darai sonno ai pensieri
ricurvi, alle facili brezze: tutto ciò
che tira e s'impiglia, arrogante primizia,
superfluo fraseggio d'onde

(Locanda, tratto da L'occhio destro del tonno, Nicola Dal Falco, CappaZeta edizioni 2010)

martedì 18 maggio 2010

GRECIA NARRATA



Alla luce degli ultimi avvenimenti in Grecia mi è venuta l’idea di proporre letture legate alla Grecia. Non sono saggi economici né opere che spieghino che cosa sia successo e stia succedendo, non sono previsioni su quello che sarà. Sono opere che raccontano una terra di miti e di eroi, che degli antichi possiedono ancora i nomi e i luoghi e che si muovono, annaspano, vivono esistenze poco divine e molto umane.
Pensando alla narrativa greca, i collegamenti immediati per me sono due: il primo è l’editore Crocetti che dal 1981 pubblica poesia e letteratura (dal 1998) soprattutto di autori greci; il secondo è il commissario Kostas Charitos, personaggio dei gialli del greco Petros Markaris

• THODOROS KALLIFATIDIS
Sette ore di Paradiso, Crocetti 2009, traduzione di Valentina Gilardi, 13,00 euro
L’ultimo opera di Kallifatidis parla d’amore. Come i due romanzi precedenti. Un amore intenso, travolgente, un amore che nasce e si sovrappone ad equilibri preesistenti e li scardina.
Kallifatidis è nato nel 1938 in Laconia, a sud del Peloponneso, si è trasferito ad Atene dove ha compiuto gli studi e poi è emigrato in Svezia, dove si è affermato come scrittore e dove vive tutt’ora. La Grecia, come spesso accade per chi si allontana dalla terra dov’è nato, lo accompagna sempre: scrive in greco Kallifatidis, spesso i suoi personaggi hanno radici greche e portano nomi greci, ascoltano musica greca e hanno in bocca il sapore dell’uzo. Una vena di malinconia, un ricordo lontano ma ancorato nell’intimo, nostalgico e consolatorio, anche quando dalla finestra si vede il mare del Nord e non l’Egeo, quando la luce e il tepore del giorno sono scandinavi e non certo mediterranei. Anche gli amori, alla fine, tanto mediterranei all’inizio, si raffreddano gradualmente e si sfumano in una fine senza resurrezione.
Il primo romanzo, Timandra (pubblicato in Grecia nel 1988 e in Italia per Crocetti nel 2002) descriveva l’età di Pericle, Atene, la guerra del Peloponneso e l’amore intenso di Alcibiade e Timandra. Timandra racconta e nel raccontare supera i confini della storia e resta donna che parla d’amore.
Nel secondo romanzo, Amore (1988 in Grecia, 2008 in Italia), il panorama è diverso ma il sentimento e l’emozione è lo stesso. A raccontarlo questa volta è un uomo, in uno spazio altrettanto spoglio rispetto alla casetta che ospita Alcibiade e Timandra, un uomo solo che ha provocato il destino e ne è rimasto schiacciato.
Con Sette ore in Paradiso (1998 in Grecia, 2009 in Italia) la passione travolge i personaggi: per un tempo breve, Amore si insinua nella mente dei personaggi e li induce ad intervenire nelle loro esistenze, provocando sconvolgimento profondo.
C’è sempre un ragionamento, un tentativo di mediare le azioni, un arrovellarsi sulle ipotetiche conseguenze: ma non c’è possibilità di scampo, i nostri uomini e le nostre donne sono intrappolati in una rete che hanno contribuito a tessere solo in parte.

• PETROS MARKARIS
Io e Kostas Charitos, Bompiani 2010, traduzione di Andrea Di Gregorio, 14,00
E’ l’ultimo nato di Markaris, anomalo nella sua produzione di sceneggiatore e scrittore di romanzi gialli. Io e Kostas Charitos, racconta la storia del personaggio, di questo insolito commissario greco, che quasi all’improvviso un giorno si affaccia alla fantasia di Markaris e con insistenza lo obbliga a scrivere le sue avventure poliziesche. E racconta la storia di Markaris, i suoi incontri, i suoi film, il suo teatro, la sua attività di romanziere, iniziata alla bella età di 58 anni.
Charitos appare per la prima volta in Italia (sempre per Bompiani) nel 2007, con Ultime della notte, seguono altri cinque gialli, che portano il nostro in giro per Atene, l’Egeo e la Turchia.
Sempre un po’ annoiato, non giovane, non bello, ma con una simpatia che lo può accostare al Carvalho di Vazquez Montalban o al Montalbano di Camilleri, Charitos legge solo dizionari, lotta ogni giorno con i bancomat, ha una moglie che ormai non gli dà più emozioni, vive e lavora ad Atene inciampando, quasi suo malgrado, in traffici e omicidi sanguinosi.
Sin dalla sua prima apparizione nelle Ultime della notte (GR 1995), risulta affascinante. Gli ambienti ambigui, siano i locali notturni, le zone frequentate dalla malavita, le dimore della buona società (che più che buona, è solo ricca) ritornano in Difesa a zona (GR 1998). Con Si è suicidato il Che (Gr 2003), Markaris introduce un elemento nuovo: Charitos durante lo svolgimento di un’indagine fa l’eroe e per coprire una donna si becca una pallottola in petto. Questo lo costringe a casa (la dimensione casalinga è l’elemento nuovo) accudito dalla moglie, addomesticato, mansueto, privo di quelle poche reazioni di stizza che ogni tanto si lasciava sfuggire nei confronti della donna.
Con La lunga estate del commissario Charitos entra in scena anche sua figlia: fino al 2007, di lei si conosceva solo l’esistenza e il fatto che se n’era andata di casa. Ora il cuore arido di Charitos è coinvolto nella risoluzione di un caso di terroristi di estrema destra che per combattere il lassismo dei costumi e far ritornare il rigore, sequestrano un traghetto sul quale la giovane donna viaggia.
Con La balia (GR 2008) troviamo Charitos in vacanza in Turchia: un greco residente a Istanbul lo coinvolge nella ricerca della vecchia balia scomparsa. Cambiano ancora una volta gli scenari, ma il nostro Maigret greco è sempre impacciato, astuto, svogliato ed efficace.

• ERI RITSOU
Segreti e rivelazioni, Crocetti 2008, traduzione di Valentina Gilardi, 15,00 euro
Un’altra Grecia è quella descritta da Eri Ritsou, figlia del grande poeta Ghiannis Ritsos. Nata a Samo, la Ritsou in Segreti e rivelazioni intreccia la storia dell’isola nel corso del ‘900 con quella di una famiglia benestante dell’isola. La storia è raccontata ai tempi nostri, ricostruita attraverso l’aiuto di quattro diari e le parole dell’anziana Marigula, che un tempo era stata a servizio nella casa della famiglia Aghisilau. Amore, e amori si sovrappongono alle vicende economiche e alla storia della famiglia e di Samo, all’epoca esempio di floridezza e civiltà.
La scrittura affascina e trascina nel i destini dei personaggi, che si muovono nel romanzo a volte senza una meta a volte verso porti sicuri dove ancorarsi.

• NOI ABBIAMO NOI
Ismini Kapandai, Crocetti 2008, traduzione di Valentina Gilardi, 14,00 euro
Ancora un romanzo storico, che ci porta nel ‘500. Siamo nell’Eptaneso, nelle Isole Ionie, nei Balcani e nell’Epiro. Un’epoca storica, rara nella narrativa greca contemporanea, che colma il passaggio dal mondo classico alla realtà contemporanea, mostrando un Medioevo e un postmedioevale che ha coinvolto anche, ovviamente, queste terre vicine e in qualche modo lontane, in un mitologia antica.

(l'immagine: Hera e Prometeo - Decorazione di un kylix a figure rosse - V secolo a.C.)

martedì 11 maggio 2010

EDITORI PER BUON TEMPO

Il Buon Tempo stampa libri in proprio

Lucio Passerini è incisore, scultore e soprattutto editore. In una mano il bulino e lo scalpello, nell’altra i caratteri di piombo per un’operazione, quella del levare (riccioli di rame o di zinco dalla lastra, schegge dal legno, eleganti porzioni di bianco dalla pagina) che come si augura il nome delle sue Edizioni premia il Buon Tempo.
Un tempo ben impiegato e ancora più onestamente buttato per dei libri fatti a mano.
A Verona, alla libreria Pagina dodici, in corte Sgarzerie 6/a, il 13 maggio, a partire dalle 18, Lucio Passerini presenta tre opere, legate alla medesima intenzione, quella di fare un libro che sia a misura delle cose dette.
Proprio, perché abituato a togliere il giusto, Passerini trovo il suo incanto nel sistemare i vuoti e i pieni.
La passeggiata, illustra il surreale elenco di insegne e frasi, catturate e fuse in un famoso testo di Aldo Palazzeschi. Già l’occasione – una camminata in città – serve a descrivere spazi e segni quotidiani, ma la resa tipografica trasforma le pagine di grande formato in una sorta di mappa, di concretissimo itinerario.
Per questo omaggio al poeta, l’editore ha attinto ai banconi della Tipoteca Italiana di Cornuda, in provincia di Treviso, dove affiorano le miniere tipografiche del Novecento. Vecchi caratteri oubliés che ci fanno, visivamente, traslocare su i marciapiedi urbani degli anni Venti e Trenta.
In Trova la notte, indossa le vesti di incisore e commenta la piccola silloge che “rifà il verso” alla poetica giapponese dell’ombra, disegnando piante labirintiche che aprono e chiudono vani, seguendo, quasi fossero dei circuiti elettrici, gli andirivieni di un’archeologia lunare.
Per il terzo titolo, The Jumblies, Passerini affida invece l’illustrazione alla mano nervosa ed elegante di Fabian Negrin.
I versi della poesia di Edward Lear (1812-1888) cammeo di nonsense secondo una tradizione molto inglese, racconta la sfida di tre compari che salparono a bordo di un setaccio «nonostante i consigli degli amici/un freddo mattino tempestoso, felici» per avvistare «remote ed esigue, remote esigue/le terre che ai Jumblies piacciono».
Razza coriacea e aperta di naviganti, forse perché «hanno la testa verde, le mani ambigue».
Setaccio che per l’occasione si trasforma, attualizzandosi, in carrello della spesa.

Anche qui, chiave di tutto è l’impaginazione, l’ordine tipografico e mentale che rende un libro, qualunque esso sia, più o meno tattile per l’occhio stesso: cinematografico in La Passeggiata, verticale in Trova la notte, debordante in The Jumblies.
Lucio Passerini, oltre ad essere amico di Alessandro Zanella, editore a sua volta nella cascina con tipografia di Santa Lucia ai Monti, non lontano da Valeggio sul Mincio, collabora ad uno dei quattro corsi per imparare a stampare libri che Ampersand propone quest’estate. Quello che li vede insieme ( Passerini nel ruolo di maestro xilografo) si tiene dal 26 al 29 agosto.
La stampa del testo e della xilografia avviene con torchi a mano Stanhope del 1854 e 1862. Ognuno dei sette partecipanti previsti riceverà, alla fine, una copia numerata e firmata del libro. Il corso si tiene dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19. La quota è di 550 euro e comprende tutti gli strumenti e i materiali necessari. Ultima data di iscrizione: 15 agosto. Per ulteriori informazioni: tel. 045.6303698, fax 045.6337055; cell. 346.4769532; Alessandrozanella@tele2.it
(il testo è di Nicola Dal Falco)


I libri presentati

La Passeggiata di Aldo Palazzeschi,
Composto a mano con una selezione di caratteri italiani del Novecento della Tipoteca Italiana Fondazione di Cornuda. Cinquanta esemplari su carta Hahnemühle.
Rilegatura giapponese, cm 19 × 16, 2006. Euro 350.

Trova la notte di Nicola Dal Falco, sei poesie, con alcune incisioni di Lucio Passerini. Cinquanta esemplari su carta Magnani Pescia, cm 19 × 16, 2006. Euro 100.

The Jumblies di Edward Lear, sedici pagine, 7 illustrazioni a due colori di Fabian Negrin. Centocinquanta esemplari. Rilegatura a piatti mobili in carta Japan Obonai, cm 19 × 16, 2004. Euro 130

PURA LUCE DEL MATTINO

Saziami gli occhi d'amore
guariscimi, salvami
fatti vedere guardandomi

quando ho per barca
una foglia adagiata
sulla corrente impetuosa

non temo la notte
se nel buio mi guidi
la tua voce è velluto

(Epilogo, da Pura luce del mattino, di Gigi Zoppello, Quaderni di poesia di CappaZeta edizioni)

giovedì 6 maggio 2010

ALI DI CARTA


Solo l'immagine fa sognare: Ali di carta è un'opera uscita dal cuore di Cappazeta, editore d'arte

mercoledì 5 maggio 2010

PENELOPE STAMPA E CUCE: STAMPA AD ARTE IN FRIULI

Verona - Qui, come in una cantina o in un’alcova, con scaffali di libri distesi sopra la testa e accanto, a Pagina dodici, in corte Sgarzerie 6/a, da Roberta, si presenta CappaZeta.
Una libraia veronese ospita il 7 maggio, alle 18, un’editrice friulana che stampa e cuce libri a Udine.
Quando lo fa non si limita a cucire insieme le pagine - gesto normale per un piccolo editore d’arte - ma anche a “scriverci” sopra con ago e filo, sostituendo la carta con ritagli di lenzuola di lino, su cui sono state serigrafate le forme dei imparaticci, i compiti con cui le ragazze, riga dopo riga, imparavano l’ortografia del ricamo: il punto erba, a nido d’ape, come si fa un’asola…
In Di mano in mano, libro di stoffa edito in tre copie, il racconto indugia tra ghiribizzi, pittogrammi, pause tonali, frammenti che rifluiscono a metà dell’opera in un doppio ritratto: due bambine, una più grandicella dell’altra che si tengono per mano: silouhette di filo rosso, senza visi, fuori dal tempo.
È curioso come, aprendolo, il lettore si ritrovi ad ascoltare il silenzio, una certa qualità del silenzio, interrotta - proviamo ad immaginare - da un brusio di voci, forse addirittura da delle risate appena trattenute.
Una stanza che la finestra illumina, verso sera, di luce naturale, dove donne più e meno giovani si passano un sapere senza libri.

Requiem per un cementificio
Il bisogno di testimoniare riguarda da vicino anche un'altra opera di Loretta Cappanera, artefice con Andrea Zuccolo del catalogo CappaZeta.
Tabogan è una cosa sola eppure pregna di significati trasversali. Innanzitutto, il nome colloquiale con cui si indicava un cementificio che ha segnato la storia del lavoro a Cividale, la città in cui Loretta Cappanera è nata.
Nel 2002, l’imponente struttura dei Cementi Friuli è stata cancellata dalla topografia sentimentale della città grazie all’interessamento di una banca. Una fetta di paesaggio industriale, abbastanza antico da confondersi con le radici del posto, è svanito, chiedendo compassione.
Sono nate allora le xilografie che formano l’album del Tabogan. Parola russa, importata dai lavoratori friulani e veneti, andati e tornati dalla Russia per la costruzione della Transiberiana. Usata là per indicare una slitta a mano e qui, nel cementificio, per dei carrellini su ruote, mossi sempre a forza di braccia.
In più, a Cividale, la familiarità di quelle ciminiere in funzione faceva dire che: «quello fuma come un tabogan». Oggi, niente più cementifici né tabagisti (o quasi), ma un libro in sette copie.

Anche La terra incisa segue la stessa linea della memoria, un titolo dedicato a Sem terra del Brasile a chi, in un frase che rischia di suonare come un epitaffio, denuncia il prossimo, tragico, finale di partita: «noi non abbiamo ricevuto la terra dai nostri padri, l’abbiamo ereditata dai nostri figli».
Di nuovo la terra e il tempo, viste attraverso il conflitto tra cambiamenti e identità. Non a caso, il libro, numerato da uno a dieci, è stato pensato in forma quadrata con pagine che si aprono, allungandosi come orizzonti e affidando la narrazione alle istantanee polarizzate di Danilo De Marco.
In più, l’idea di avere o non avere la terra sotto i piedi per lavorarla e accarezzarla è resa con le due xilografie a secco. Quasi un orma che si fa paesaggio o il contrario, dove l’abilità di Cappanera sta nella visione asimmetrica.
Il vuoto di segni al centro sembra, addirittura, suggerire, il “rischio” implicito di ogni passo in avanti, quando spostiamo il peso da uan gamba all’altra.

Serata di poesia
Oltre ai libri d’artista, questa piccola casa editrice di Udine stampa una collana di Quaderni di poesie. Spazio a parte, coltivato con la stessa attenzione riservata ai fratelli maggiori.
In questo caso, i versi corrono senza immagini e l’intervento si limita alla copertina, ancora un’incisione di Cappanera che occhieggia nella direzione del canto.
E proprio per onorare il posto, la buona grazia della libraria, la presentazione dei libri sarà, volontariamente, interrotta, dalla lettura dei versi per bocca di alcuni poeti presenti tra cui Antonella Bragagna, Andrea Zuccolo e Gigi Zoppello.
(il testo è di Nicola Dal Falco)


I libri presentati:

Da i Libri d’artista di Loretta Cappanera:
Di mano in mano, 3 esemplari numerati, 25,5x18,5 cm, serigrafie e ricami a mano, copertina di feltro serigrafata; prende spunto da una fotografia che ritrae due bambine e da un ricamo di Erminia Tomat, zia dell’artista, 2008;

Tabogan, 7 copie numerate in carta Fabriano Rosaspina, 26x35 cm, stampate in xilografia e serigrafia, copertina in cartone cuoio, serigrafata con interventi di pittura; ispirato alla chiusura e abbattimento dello storico cementificio Vittoria di Cividale, 2009;

La terra incisa, 10 esemplari numerati in carta Fabriano Rosaspina, 20,5x20,5 cm, copertina in cartone, custodia in plexiglass, xilografie a secco e serigrafie che riproducono scatti fotografici; ispirato al reportage di Danilo De Marco per i Sem terra del Brasile, 2007;

Ali di carta, 2 esemplari numerati in carta giapponese, 24x36 cm, con base di cartone intessuto di filo di cotone, dorso in garza, legatura orientale; ispirato al tema dell’angelo e alle varie sfumature del bianco, 1998;

Sussurri, 9 esemplari numerati in carta a mano, 27x20 cm, copertina in cartone, xilografia e punta a secco su plexiglass, poesia di Agneta Falk, tradotta da Raffaella Marzano; carte recuperate da una tipografia dello Yorkshire; ispirato ad un viaggio e alla lettura dell’opera della Falk, 2001;

Quando il vento ci coglie, 5 esemplari numerati in carta giapponese, 32x34cm, xilografie e ttimbri in gomma, interventi con macchina da cucire, copertina fatta a mano, frammento di testo, tratto da La canzone di Zima di Roberto Vecchioni, 2010.

Da i Quaderni di poesia CappaZeta:
Tina Modotti di Jack Hirschman; Didone a una kamikaze di Anna Lombardo; Neppure le rondini di Andrea Zuccolo; Majakovskij di Etel Adnan; E fra le ciglia corte e segrete di Antonella Bragagna; La via della seta di Antonio De Biasio; Il viaggio di Luciano Morandini; Pura luce del mattino di Gigi Zoppello; Corale per oche e voce sola di Andrea Zuccolo; L'occhio destro del tonno di Nicola Dal Falco.