venerdì 29 gennaio 2016

PASCAL QUIGNARD e VERONA SEMBRA PARIGI


Con il testo inedito “Ballet de l'origine de la langue et de la littérature française” Pascal Quignard si è presentato ieri sera (28 gennaio 2016) al pubblico veronese. La performance è parte integrante del convegno di due giorni (28 e 29 gennaio) organizzato dall'Università (dipartimenti di Scienze umanistiche, di Studi umanistici, di Lingue e letterature straniere), che vede protagonista l'autore francese.
Nello spazio, pieno di charme della Fonderia Aperta Teatro di via del Pontiere, “l'anteprima di uno spettacolo che non è uno spettacolo, di un balletto senza ballerini”: Quignard, solo sul palco a leggere il suo testo inedito sulla nascita della lingua e della letteratura, chiede di immaginare. Gli spettatori percepiscono anche quello che è assente dal palco: i passi di danza, la lingua che prende forma, il primo testo letterario, il decasillabo, gli avvenimenti storici, Carlo Magno, le battaglie medievali. Tutto si rivela davanti ai loro occhi. Magia del teatro!

Una parentesi vivace in un luogo accogliente, che apre una finestra sul mondo e sulla storia.
Verona per un attimo sembra Parigi. 

mercoledì 27 gennaio 2016

27 GENNAIO 2016: I LIBRI DELLA MEMORIA


  • La shoah in 100 mappe, di Georges Bensoussan, Libreria editrice goriziana
Quattro capitoli intensi con cui lo storico francese, che ha dedicato la sua vita professionale principalmente allo studio della Shoah, cerca di schematizzare gli anni dello sterminio: la fase di persecuzione 1933-1939, la concentrazione 1939-1941, la radicalizzazione 1941-1942, il genocidio su scala continentale 1942-1945. Una sorta di atlante storico, dettagliato, documentato, arricchito da un testo sintetico ma esaustivo per dare alla Shoah anche un'immagine grafica
  • KL (Konzentrationlager).Storia dei campi di concentramento nazisti, di Nikolaus Wachsmann, Mondadori
Cosa fa lo storico inglese? Cerca di colmare una lacuna della storia: cerca cioè di aggiungere all'immaginario collettivo, che fa un tutt'uno dei campi di concentramento, Auschwitz, Olocausto, una serie di dati e di informazioni: i Konzentrationlager appartenevano ad un'ampia rete di terrore che coinvolgeva polizia, tribunali, carceri, ghetti, campi di lavoro, avevano un'organizzazione industriale, gestita della SS col criterio economico del massimo rendimento per minima spesa. Questa è una storia che ne illustra in dettaglio la natura e l'attività. Il collegamento con il testo precedente è non solo con i numeri (nel 1945 si contavano 27 campi principali e 1100 campi satellite fra Germania e territori occupati) ma anche in termini di trasformazione legata alla trasformazione stessa dello sterminio.
  • Lei ha mai visto Hitler?, di Walter Kempowski, Sellerio
Un lavoro scritto da un tedesco, di Germania e che in Germania è rimasto fino alla morte (scontando pure una condanna, voluta dai russi, per spionaggio nella Ddr tra il 1948 e il 1956). Sono interviste, brevi, brevissime, parte di un programma che ha impegnato l'autore per decenni: Lei ha visto Hitler? era la domanda posta a chiunque per strada. Ciascuno degli intervistati rispondeva, con maggiore o minore sincerità, dichiarando sempre dov'era nel momento del passaggio di Hitler e riferendo a quali avvenimenti avesse assistito, che ruolo avesse nella società, come gli fosse sembrato Hitler. E' un'indagine sul nazismo, sugli effetti e sui lasciti nella società tedesca.
  • Il guardiano. Marek Edelman racconta, di Rudi Assuntino e Wlodek Goldkorn (Sellerio)
E' un libro in memoria: Marek Edelman è morto nel 2009 ma i due autori l'hanno intervistato nel 1997 e quindi ne possono raccontare la storia. Ebreo polacco, chiuso nel ghetto di Varsavia di cui nel '43 organizza l'insurrezione. Di se stesso dice. “ Sono semplicemente il guardiano delle tombe del mio popolo”, come lo è, insieme ad altri testimoni e sopravvissuti, del mondo ebraico cancellato dalla Shoah. Edelman, antisionista convinto e sostenitore invece di un'Europa democratica e socialista in cui regnasse la fratellanza dei popoli, si è sempre schierato per difendere le cause “giuste”, Solidarnosc in primis ma anche Sarajevo durante l'assedio nella guerra in Bosnia Erzegovina.
  • Racconti del ghetto di Lodz, di Abram Cytryn, Marsilio
Abram Cytryn è un ragazzino: nato nel 1927 a Lodz nel sud della Polonia, dove ha vissuto rinchiuso nel ghetto dal 1940 al 1944 e da dove è stato deportato con tutta la famiglia ad Auschwitz. I 24 taccuini di Abram, conservati dalla sorella (unica sopravvissuta alla deportazione) costituiscono un documento eccezionale, al pari del Diario di Anne Frank. Abram scrive, scrive per non affondare, scrive per sopravvivere, scrive della vita quotidiana nel ghetto, scrive per lasciare traccia come ammette da subito: “Gli abitanti ebrei... sostengono, a ragione, che nessuno descriverà mai il loro inferno. Io tuttavia vorrei trascinare in questa storia, con dolcezza, il lettore e fargli conoscere, anche se parzialmente, questo universo, in cui tragedia e commedia si mescolano”.
  • E tu non sei tornato, di Marceline Loridan-Ivens, Bollati Boringhieri
E' una donna che scrive, una donna anziana ormai, di origine ebrea polacca, ma residente in Francia al momento dell'occupazione nazista: nel 1944 viene deportata con il padre ad Auschwitz-Birkenau, lei si salva, lui no. Quel padre che al momento della deportazione le dice “Tu tornerai, perché sei giovane”, quel padre è adesso il destinatario di una lunga lettera in cui Marceline racconta nel dettaglio tutto quello che è indelebilmente impresso nella sua memoria, dalla cattura fino alla liberazione e al ritorno, ritorno a casa e ritorno ad un vita “normale”.
  • 33 giorni, di Leon Werth, Bompiani
Questo è un libro sull'esodo. Siamo in Francia nell'estate 1940 e Werth, ebreo, parte da Parigi per raggiungere il Jura: 33 giorni è il diario della fuga da Parigi occupata, degli incontri fatti durante in viaggio con gli altri ebrei in fuga, è anche il libro che Werth consegna all'amico Saint-Exupery perché lo faccia pubblicare. Saint-Exupery lo porta a New York, alla casa editrice Brentano (che in tempo di guerra pubblicava libri francesi in traduzione), ma il libro non viene pubblicato. Solo nel 1992 un'editrice francese scopre il manoscritto e lo dà alle stampe.
  • Triangoli rossi, di Boris Pahor, Bompiani
Pahor parla degli altri prigionieri, gli altri deportati, quelli con il triangolo rosso, quelli come lui: i deportati politici, coloro che si erano opposti all'autorità militare nazista in nome della libertà. Una nuova testimonianza, dura e commovente di Pahor dopo il famoso Necropoli e Come ho vissuto (sempre editi da Bompiani) sulla sua esperienza nei lager.
  • Eravamo ebrei, di Alberto Mieli e Ester Mieli, Marsilio
Sono passati sessant'anni e solo adesso Alberto Mieli (classe 1925) racconta alla nipote Ester l'esperienza dei campi: dà voce alle immagini che non lo abbandonano mai, giorno e notte. Rivive la Roma nazifascista, le leggi razziali, l'arresto, l'arrivo ai campi, l'odore, l'orrore, la fame... ancora incredulo per essere sopravvissuto.
  • Come passeri sperduti, di Paola Dalli Cani, Cierre
La voce è quella di una giornalista, il protagonista del libro è Ennio Trivellin, nato a Verona nel 1928 e di qui catturato il 2 ottobre del 1944 dalle SS in quanto aderente alla brigata partigiana Montanari (era giovane, faceva la staffetta), portato a Bolzano e poi a Mauthausen. Paola Dalli Ciani raccoglie la sua testimonianza, dopo il lungo silenzio, quel silenzio che significa “dimenticare per sopravvivere” e poi si trasforma in voce perché testimoniare diventa dovere morale.
  • Oltre la disperazione, di Aharon Appelfeld, Guanda
Appelfeld è originario della Bukovina, regione della Romania, poi annessa all'Unione sovietica nel 1940 e schieratasi a fianco della Germania nazista nel 1941, occupata nuovamente dai Russi nel 1944 e annessa all'Unione sovietica nel 1947, oggi divisa fra Ucraina e Romania.
Appelfeld è un sopravvissuto. Riesce, bambino, a scappare dal Campo e a sopravvivere in condizioni estreme, negando la propria identità.
Oltre la disperazione” raccoglie tre lezioni tenute alla Columbia University di New York: non sono solo la testimonianza della sua storia, ma anche un saggio psicologico/filosofico sulla memoria. Appelfeld spiega cos'è la memoria per un sopravvissuto, quali i tempi di elaborazione e di reazione, quali i sentimenti contrastanti che dominano l'esistenza di chi è sopravvissuto. “L'immagine che significa anche colori, profumi, suoni è la più fedele custode della memoria. Chi ha attraversato la Shoah ha timore della memoria, come fosse fuoco: Per molto tempo la mia generazione ha tenuto nascosta e repressa, quando non ha rimosso, la memoria di quegli anni. Dopo la Shoah era impossibile vivere senza mettere a tacere i ricordi. La memoria è diventata il nostro nemico”.
La prima letteratura sulla Shoah era in forma documentaria, quella più consona al giornalismo da collettivo plurale. Scrivere di sé e dei propri sentimenti sembrava una cosa egoistica, quasi sconcia”.

Sono le mie letture, per oggi e per sempre, scelte fra le pubblicazioni degli ultimi mesi

martedì 26 gennaio 2016

IL TEMPO DI PHILIPPE DAVERIO

Philippe Daverio ospite al Filarmonico

Philippe Daverio, ospite abituale dell'associazione Idem, anche ieri sera (25 gennaio 2016) ha fatto registrare il tutto esaurito al Teatro Filarmonico.
Sempre accolto da un pubblico fedele, appassionato e partecipe, conversando con Alessandra Zecchini (Idem), in breve si impadronisce della scena. Il tema è il tempo, fra immobilità dell'istante e progressione nel futuro: da Dalì a Canaletto, dalla linguistica alla composizione dei colori, dal ritratto alla natura morta, da Giorgione a Morandi.
Eclettico, affabulatore esperto, Daverio si rivolge al pubblico in modo quasi confidenziale, fa ascoltare brani musicali (The Cold Song di Klaus Nomi e l'aria Il tempo fugge dell'opera pre-barocca Rappresentazione di Anima e di Corpo di Emilio de' Cavalieri) appoggiando il microfono al suo cellulare, crea l'atmosfera di un salotto in cui artisti e quadri sembrano accessibili anche a chi, pur digerendo poco l'arte, è affascinato dalla fama del Professore in pantaloni scozzesi, giacca pistacchio e immancabile papillon.
Roberta Camerlengo

venerdì 22 gennaio 2016

LA SEDUZIONE DELLA NARRAZIONE

La seduzione della narrazione di Lella Costa con Il pranzo di Babette

Lella Costa ha incantato ieri sera il pubblico del teatro Camploy con la lettura de Il pranzo di Babette di Karen Blixen.
“È un racconto perfetto”, dice con ragione l'attrice presentandosi sul palcoscenico.
Uno sgabello e un leggio le bastano per rendere il giusto merito con la sua straordinaria capacità interpretativa a quel breve racconto che la Blixen scrisse nel 1950 e che il film omonimo di Gabriel Axel rese famoso nel 1987.
Inizia la lettura e come per incanto lo spettatore si ritrova in uno sperduto villaggio norvegese nella semplice casa di un pastore protestante, poi a Parigi sulle barricate durante la Comune del 1871 o al Café Anglais fra tavole eleganti e pietanze raffinate, infine ancora nel grande Nord avvolto dalla neve.
Un'ora e poco più: questo il tempo breve della magia che Lella Costa, nonostante i manifesti sintomi influenzali, crea. Come Babette, da grande artista quale è, con i suoi piatti prelibati rende felici i suoi commensali, così Lella Costa con la  sua narrazione seduce il pubblico del Camploy.
Roberta Camerlengo