venerdì 11 settembre 2009
CORREVA L'ANNO 1973, ERA L'11 SETTEMBRE
11 SETTEMBRE, Cile, Santiago.
1973. Colpo di stato. Dittatura. Terrore. Buio.
Pinochet di augusto aveva solo il nome.
Molto si è scritto e molto si scriverà.
Su Internazionale n. 811/04-10 settembre è stato pubblicato un articolo di Cristobàl Pena tratto dal mensile colombiano Gatopardo sulla ricchissima biblioteca di Pinochet. Curioso: un uomo che da una parte bruciava i libri (degli altri) e dall'altra spendeva patrimoni (non suoi) per arricchire la sua collezione privata con preziosissimi volumi.
Per gli scrittori cileni erano anni difficili. E lo sono tutt'ora: per fare i conti con quel passato ci vuole tempo, e il coraggio di affrontarlo.
Fra le pubblicazioni recenti, mi hanno colpito le storie raccontate da due scrittori diversi, ma accumunati dallo stesso desiderio di denunciare i fatti, senza rinunciare all'ironia.
Agli anni della dittatura fanno riferimento le storie di Pedro Lemebel: alcuni dei racconti di Baciami ancora, forestiero (Marcos y Marcos, 2008) e il suo meraviglioso romanzo Ho paura, torero (Marcos y Marcos, 2004). Sempre allo stesso periodo ritorna Luis Sepulveda con il suo ultimo romanzo L'ombra di quel che eravamo (Guanda, 2009).
Pochi anni di differenza fra loro. Lemebel vive in Cile, Sepulveda in Spagna. Conseguenza della dittatura: qualcuno è rimasto per resistere, qualcuno è partito per contrastare e per far nascere una resistenza politica da esule. Ciascuno racconta la storia guardando ai sopravvissuti: lo stile narrativo non assume i toni foschi del dolore o quelli duri dell'accusa. Piuttosto è satirico e dissacratorio in Lemebel, spiritoso e lieve in Sepulveda. Non per rattristare gli animi ma per ricordare e far diventare quel passato il passato di tutti, di chi l'ha vissuto e di chi è troppo giovane anche per averne memoria. Scrive Kapuscinski in Giungla polacca (Feltrinelli 2009): Secondo una credenza africana, un uomo muore veramente solo quando muore l'ultima delle persone che lo conoscevano e lo ricordavano. In altre parole, cessiamo di esistere quando nel mondo non esiste più un solo portatore di memoria di noi.
Lunga vita a tutti.
( Ho paura torero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; Baciami ancora, forestiero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; L'ombra di quel che eravamo, di Luis Sepulveda, Guanda; Giungla polacca, di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli)
1973. Colpo di stato. Dittatura. Terrore. Buio.
Pinochet di augusto aveva solo il nome.
Molto si è scritto e molto si scriverà.
Su Internazionale n. 811/04-10 settembre è stato pubblicato un articolo di Cristobàl Pena tratto dal mensile colombiano Gatopardo sulla ricchissima biblioteca di Pinochet. Curioso: un uomo che da una parte bruciava i libri (degli altri) e dall'altra spendeva patrimoni (non suoi) per arricchire la sua collezione privata con preziosissimi volumi.
Per gli scrittori cileni erano anni difficili. E lo sono tutt'ora: per fare i conti con quel passato ci vuole tempo, e il coraggio di affrontarlo.
Fra le pubblicazioni recenti, mi hanno colpito le storie raccontate da due scrittori diversi, ma accumunati dallo stesso desiderio di denunciare i fatti, senza rinunciare all'ironia.
Agli anni della dittatura fanno riferimento le storie di Pedro Lemebel: alcuni dei racconti di Baciami ancora, forestiero (Marcos y Marcos, 2008) e il suo meraviglioso romanzo Ho paura, torero (Marcos y Marcos, 2004). Sempre allo stesso periodo ritorna Luis Sepulveda con il suo ultimo romanzo L'ombra di quel che eravamo (Guanda, 2009).
Pochi anni di differenza fra loro. Lemebel vive in Cile, Sepulveda in Spagna. Conseguenza della dittatura: qualcuno è rimasto per resistere, qualcuno è partito per contrastare e per far nascere una resistenza politica da esule. Ciascuno racconta la storia guardando ai sopravvissuti: lo stile narrativo non assume i toni foschi del dolore o quelli duri dell'accusa. Piuttosto è satirico e dissacratorio in Lemebel, spiritoso e lieve in Sepulveda. Non per rattristare gli animi ma per ricordare e far diventare quel passato il passato di tutti, di chi l'ha vissuto e di chi è troppo giovane anche per averne memoria. Scrive Kapuscinski in Giungla polacca (Feltrinelli 2009): Secondo una credenza africana, un uomo muore veramente solo quando muore l'ultima delle persone che lo conoscevano e lo ricordavano. In altre parole, cessiamo di esistere quando nel mondo non esiste più un solo portatore di memoria di noi.
Lunga vita a tutti.
( Ho paura torero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; Baciami ancora, forestiero, di Pedro Lemebel, Marcos y Marcos; L'ombra di quel che eravamo, di Luis Sepulveda, Guanda; Giungla polacca, di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli)
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