martedì 24 giugno 2008

QUESTO AMORE

Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d'occhio
perché noi lo tenevamo d'occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l'abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Questo amore tutt'intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
E' il tuo amore
E' il mio amore
E' quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per me per te per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per me per te per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t'abbiamo
Dimenticato
tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

(tratto da Parole, Jacques Prévert, Guanda, traduzione di Cucchi e Raboni)

giovedì 19 giugno 2008

ANCORA UN GIORNO CON KAPUSCINSKI, CON L'AMORE UMANO DI MAKINE

L'Angola è il quinto stato africano per estensione: è più grande di Francia, Italia, Gran Bretagna e Portogallo messe insieme.
L'Angola è per più di due terzi arida ed inospitale.
L'Angola possiede ingenti risorse naturali: petrolio, diamanti, materiali ferrosi, a cui si aggiungono caffè, cotone, sisal...
L'Angola è tra i paesi meno popolati al mondo. Varie le ragioni: per tre secoli (dal 1573, quando il portoghese Paulo Dias de Novais fondò il primo insediamento dell'odierna capitale) il paese è stato il principale fornitore di schiavi per le piantagioni del Nuovo Mondo; la povertà, la malnutrizione e la mancanza di assistenza sanitaria hanno poi mantenuto basso il livello demografico; a questo si aggiunge lo stato di guerra in cui è stato costretto il paese da parte dei colonizzatori Portoghesi, interessati solo allo sfruttamento della colonia; e ancora il fatto che il Portogallo abbia mandato in Angola i criminali della peggior specie, considerandola come una propria colonia penale; infine la composizione della popolazione, prevalentemente del gruppo bantu, divisa in oltre cento tribù, non ha facilitato lo sviluppo del paese.
Queste sono le notizie che Kapuscinski sintetizza alla fine di Ancora un giorno, il suo reportage del 1975 sull'Angola. Questo è ciò che più o meno sapevo quando nel 2003 dalla riva sinistra del Cunene guardavo la sponda angolana. Sapevo che l'Angola non era più colonia portoghese e che una guerra intestina la stava dilaniando. Sapevo anche che ogni tanto qualche angolano tentava di raggiungere a nuoto la Namibia.
Guardavo a nord, dalla collinetta rocciosa sulla quale ero salita, guardavo oltre la vegetazione rigogliosa che ricopriva le rive del Cunene: solo terra e pietre rossastre. Non un villaggio, non c'era anima viva. Nemmeno animali. Almeno in Namibia, nell'area delle Epupa Falls, c'erano diversi insediamenti Himba. Al di là del fiume solo desolazione.
Non capivo. Erano passati quasi trent'anni dall'indipendenza e non c'era ancora nemmeno una parvenza di stabilità. Non capivo chi era contro chi.
E, a quanto dice il grande Kapuscinski, nemmeno allora era facile comprendere. Nel 1975 prima della dichiarazione d'indipendenza, quando i portoghesi lasciavano la colonia per rientrare in patria, quando l'MPLA di Agostinho Neto e l'FNLA di Holden Roberto si contendevano il potere, quando il contingente cubano sosteneva la rivoluzione e le truppe sudafricane attraversavano il Cunene... la confusione era grande.
Una guerra brutta, quella angolana, come tutte le guerre sono brutte. Una guerra che ha lasciato il paese allo sbando. Una guerra dalla quale lo stesso Kapuscinski è rimasto impressionato al punto da chiedere alla PAP, l'agenzia polacca per la quale lavorava, di essere rimpatriato. Una guerra che si è trasformata nel corso del tempo: da guerra per l'indipendenza a guerra per il potere. Potere politico e potere economico. E gli interessi politici ed economici in Angola sono tanti, sia interni che internazionali, sia privati che pubblici.
Anche il russo Andrei Makine ha scritto sull'Angola: sarà una coincidenza, ma nell'arco di pochi mesi mi sono venuti in mano ben due libri sull'angola. Due racconti diversi dello stesso mondo. Anche Makine descrive la guerra, attraverso un romanzo, con un meccanismo narrativo particolare: parte da un prigioniero per ripercorrerne l'infanzia, la storia di un'intera generazione decimata da una guerra che non comprendevano: con gli uomini che lasciavano le famiglie per andare a combattere per la libertà, i bambini che diventavano guerriglieri e le donne pure, per servire la causa. Una causa che non capivano e che li avrebbe annientati, se non fisicamente durante la lotta, sicuramente nel corso degli anni a venire quando le grandi potenze avessero deciso di trasformare l'Africa in un paese di conquista: non colonie, ma terre dove importare la democrazia e gli interessi economici occidentali. L'amore umano, del quale parla Makine. L'amore di chi in Angola ci è solo passato, forse. L'amore di chi, in ogni caso, è ripartito, lasciandosela alle spalle.
Un grazie di cuore ai giornalisti, agli scrittori e a quanti hanno cercato e cercano di farmi aprire gli occhi... e il cuore.
(Ancora un giorno, di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli, traduzione di Vera Verdiani - L'amore umano, di Andrei Makine, Einaudi, traduzione dal francese di Yasmina Melaouah)

mercoledì 18 giugno 2008

UN'OMBRA FUGGITIVA DI PIACERE... MEZZ'ORA

Mio non sei stato né mai sarai,
Credo. Fu l'altro ieri:
Uno sfiorarsi al bar, dirsi qualcosa,
Niente di più; e già la pena provo
Del rimpianto, confesso. Ma c'è talvolta
In noi dell'Arte, di mente tale eccesso
Che un'ombra fuggitiva di piacere
Trasformiamo in sostanza, ne facciamo
Realtà palpabile. Così fu al bar,
L'altro ieri: complice in me una
Ubriacatura misericordiosa,
In rapimento erotico ho vissuto
Per mezz'ora, assoluto...

(Devi averlo capito: sei rimasto
Apposta un po' di più). Ma quanto,
Oh quanto necessario fu il guardarti
Nelle labbra, e il corpo tuo accanto
Avere il mio... Concesso
Non m'avrebbero un tale incanto
Vertigine d'alcool, sogno,
Pur tanto forti, mai...

(tratto da Un'ombra fuggitiva di piacere, Costantinos Kavafis, Adelphi nella traduzione di Guido Ceronetti)

mercoledì 4 giugno 2008

A LEVANTE


A Levante, dal picco del monte

Bianca, chiara, sorge la luna

Volto di madre non nata

Prende ad aggirarsi nella mente.


(tratta dalle liriche di Rigdzin Tsangyang Gyatso, VI Dalai Lama 1683-1706)