giovedì 26 febbraio 2009

LE DONNE SPOSATE DI CIPRO

Le donne sposate tessono le fila del proprio nero destino
come accorate Cassandre
e se anche sapessero tutto ciò che è stato scritto
leggerebbero pur sempre lo stesso romanzo
sperando che la fine della storia questa volta possa cambiare,
ma sono loro, non il libro,
che cambiano con lo sforzo di cambiare


Mehmet Yashin è cipriota, di lingua turca. E' un poeta, oltre che saggista e romanziere. I versi, che ho scelto, sono raccolti in una deliziosa antologia curata e tradotta da Rosita D'Amora, appena pubblicata da Argo.

martedì 24 febbraio 2009

BESTIE, UOMINI E DEI: sulle tracce del barone Ungern

Petrus Filippi ci offre il resoconto di uno straordinario viaggio attraverso le estreme regioni orientali dell'Asia sulle tracce di Ungern: Manciuria, Mongolia e Russia asiatica.La conversazione sarà accompagnata da immagini e approfondimenti del tibetologo Fabian Sanders sui culti buddhisti della Mongolia e sull'ambiente in cui, a cavallo degli anni venti, si mossero il barone Ungern von Sternberg, il calmucco Ja Lama e l'avventuriero Ferdinand Ossendowsky.

Nell’agosto del 1917 il barone Ungern von Sternberg, dopo aver combattuto i bolscevichi nell’esercito bianco, raggiunse l’ataman Semënov in Transbaikalia e organizzò una Divisione Asiatica di Cavalleria (Asiatskaja konaja divisija) in cui confluirono mongoli, buriati, russi, cosacchi, caucasici, coreani, giapponesi, cinesi e perfino tibetani.
Il 3 febbraio 1921, alla testa dei suoi uomini, il barone investì Urga costringendo alla fuga la guarnigione cinese e facendo a pezzi i seimila uomini giunti a rinforzo del Soviet che vi si era instaurato. Liberato dalla prigionia il Jetsun Dampa, Buddha Vivente e Bogdo Khan di Mongolia, gli venne da questi conferito il titolo di ‘Primo Signore della Mongolia e Rappresentante del Sacro Monarca’.
L’intenzione di Ungern era quella di restaurare la teocrazia lamaista, creando una grande Mongolia dal Baikal al Tibet e facendone base per una scorreria verso occidente, sulle orme di Gengis Khan. Il suo vero scopo era infatti una lotta contro il mondo nato dalla rivoluzione francese, per giungere alla restaurazione d’un ordine teocratico e tradizionale in tutta l’Eurasia.
Nell’agosto del 1921 il calmucco Dambijantsan, un lama guerriero nima-pa noto come Ja Lama, dopo avere ospitato Ungern nella propria yurta, lo consegnò ai partigiani dello Jenisej di P.E. Shcetinkin. Il 15 settembre Ungern venne processato a Novonikolaevsk (Novosibirsk). Riconosciuto colpevole d’aver preparato il rovesciamento del potere sovietico per restaurare la monarchia dei Romanov, fu condannato a morte per fucilazione. Altre fonti riportano che tale tradimento fu solo una copertura propagandistica e Ungern riuscì a sottrarsi ai bolscevichi proseguendo la sua lotta nella Russia asiatica.

Nello stesso periodo l’ingegnere polacco Ferdinand Ossendowsky nel suo libro "Bestie, uomini e dei" narrò l’odissea occorsagli tra il 1920 e il 1921 quando, attraversando il centro Asia, avrebbe scoperto l’entrata a uno straordinario regno sotterraneo. Ospite poi del Bogdo Khan di Mongolia, venne a sapere che ‘più di sessantamila anni fa un santo scomparve nel sottosuolo con un’intera tribù e non riapparve mai sulla faccia della Terra. Tuttavia, da allora, molte persone hanno visitato quel regno: Sakyamuni, Undur Gheghen, Khan Baber e altri ancora. Nessuno sa dove si trovi questo luogo. Alcuni dicono in Afghanistan, altri in India. Tutti coloro che vivono nel regno sotterraneo sono salvi dal Male ed entro i suoi confini il crimine non alligna. La scienza ha potuto svilupparsi pacificamente e non esiste minaccia di distruzione. Il popolo sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande regno popolato da milioni di uomini e il Re del mondo è il loro sovrano. Egli conosce tutte le forze della natura, legge in tutte le anime umane e nel grande libro del loro destino. Egli governa non visto ottocento milioni di uomini sulla superficie della Terra ed essi seguono ogni suo ordine.’

venerdì 6 febbraio 2009

MALA TEMPORA CURRUNT

Mala tempora currunt...
Forse non tutti ricordiamo il giuramento d'Ippocrate e la dichiarazione dei diritti dell'uomo.

Propongo il giuramento moderno, sostanziale aggiornamento di quello che Ippocrate, medico di Cos, formulò nel 430 a.C.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo,
GIURO:
- di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
- di perseguire la difesa della vita, la tutela fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;
- di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
- di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;
- di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
- di promuovere l' alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;
- di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
- di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina;
- di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla mia competenza e alle mie doti morali;
- di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, atto e comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
- di rispettare i Colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
- di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
- di prestare assistenza d'urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'autorità competente;
- di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
- di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.


La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, all'articolo 1 recita:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

E forse è bene ricordarci, sempre, che a ciascuno di noi può capitare di trovarsi dall'altra parte. Che potrebbe esserci nostro padre, nostra madre, nostro fratello, nostra sorella, il nostro compagno, nostro figlio...