martedì 19 maggio 2009
BANGLADESH. INFERNO DI DELIZIE
Ripreso il mare, dopo quarantatre giorni di navigazione raggiungemmo il Bengala, un vasto paese dove si produce tantissimo riso... e anche molto brumoso: quelli del Khorasan lo chiamano Dozakh-i pur ni'ma, che (in persiano) significa "inferno pieno di delizie".
Così Ibn Battuta nel 1328 racconta al Ibn Juzayy, per espresso desiderio del sultano del Marocco, a proposito del Bengala.
Il Bengala non è il Bangladesh, il primo è una regione geografica, il secondo uno stato. Ma Stefania Ragusa sceglie a ragione la definizione di Ibn Battuta, il Marco Polo arabo, per descrivere questo stato del subcontinente indiano, indipendente solo dal 1971 (il suo ingresso nell'Onu è del 1974).
La sua superficie è metà di quella italiana, la sua popolazione più di due volte tanto, secondo i dati dell'Onu (ma, ben si sa, i dati anagrafici in paesi come questi sono stime e il grado di approssimazione è normalmente sotto stimato).
Da quanto racconta l'autrice, il Bangladesh, ancora estraneo alle rotte turistiche, è un paese ricco di contrasti, molto lontano dalla nostra realtà, anche se tante sono le persone che, provenendo da lì, lavorano in Italia e più in generale in Europa e molte sono le aziende occidentali che dislocano parte o tutta la produzione in Bangladesh.
Stefania Ragusa affronta il primo viaggio in Bangladesh su mandato di Glamour, il giornale per cui lavora, per seguire una troupe di medici di Progetto Sorriso nel Mondo. Poi torna altre volte perché il Bangladesh esercita su alcune persone un'attrazione sinuosa e fatale.
Bangladesh. Inferno di delizie non è racconto di viaggio, o meglio non è solo questo. E' molto di più: è amore per un paese e per le sue genti (oltre ai Bengalesi, ci sono i migranti Binari e diversi gruppi tribali di varia consistenza), è denuncia di realtà assolutamente sconosciute al mondo occidentale, è testimonianza di convivenza di etnie diverse e religioni diverse, di tradizioni antiche e voglia di cambiamento, di donne che lottano per avere un ruolo nella società, è storia di bambini a cui ritorna il sorriso, è storia di incontri, è grido di paura per le catastrofi ecologiche che si continuano ad ignorare.
E' ricco il Bangladesh di Stefania Ragusa: le 185 pagine del libro (edizioni Vallecchi nella collana Off the road) dicono molto di più di quanto non sia scritto.
E' un libro da leggere, oltre che perché documentato, serio e affascinante, anche perché sostiene Progetto Sorriso nel Mondo (www.progettosorrisonelmondo.org), un'associazione internazionale onlus per il trattamento e la cura delle malformazioni e deformità cranio facciali nei paesi in via di sviluppo, attiva in Bangladesh, Burundi, Congo e Guatemala.
(Bangladesh. Inferno di delizie, di Stefania Ragusa, Vallecchi 2008)
Così Ibn Battuta nel 1328 racconta al Ibn Juzayy, per espresso desiderio del sultano del Marocco, a proposito del Bengala.
Il Bengala non è il Bangladesh, il primo è una regione geografica, il secondo uno stato. Ma Stefania Ragusa sceglie a ragione la definizione di Ibn Battuta, il Marco Polo arabo, per descrivere questo stato del subcontinente indiano, indipendente solo dal 1971 (il suo ingresso nell'Onu è del 1974).
La sua superficie è metà di quella italiana, la sua popolazione più di due volte tanto, secondo i dati dell'Onu (ma, ben si sa, i dati anagrafici in paesi come questi sono stime e il grado di approssimazione è normalmente sotto stimato).
Da quanto racconta l'autrice, il Bangladesh, ancora estraneo alle rotte turistiche, è un paese ricco di contrasti, molto lontano dalla nostra realtà, anche se tante sono le persone che, provenendo da lì, lavorano in Italia e più in generale in Europa e molte sono le aziende occidentali che dislocano parte o tutta la produzione in Bangladesh.
Stefania Ragusa affronta il primo viaggio in Bangladesh su mandato di Glamour, il giornale per cui lavora, per seguire una troupe di medici di Progetto Sorriso nel Mondo. Poi torna altre volte perché il Bangladesh esercita su alcune persone un'attrazione sinuosa e fatale.
Bangladesh. Inferno di delizie non è racconto di viaggio, o meglio non è solo questo. E' molto di più: è amore per un paese e per le sue genti (oltre ai Bengalesi, ci sono i migranti Binari e diversi gruppi tribali di varia consistenza), è denuncia di realtà assolutamente sconosciute al mondo occidentale, è testimonianza di convivenza di etnie diverse e religioni diverse, di tradizioni antiche e voglia di cambiamento, di donne che lottano per avere un ruolo nella società, è storia di bambini a cui ritorna il sorriso, è storia di incontri, è grido di paura per le catastrofi ecologiche che si continuano ad ignorare.
E' ricco il Bangladesh di Stefania Ragusa: le 185 pagine del libro (edizioni Vallecchi nella collana Off the road) dicono molto di più di quanto non sia scritto.
E' un libro da leggere, oltre che perché documentato, serio e affascinante, anche perché sostiene Progetto Sorriso nel Mondo (www.progettosorrisonelmondo.org), un'associazione internazionale onlus per il trattamento e la cura delle malformazioni e deformità cranio facciali nei paesi in via di sviluppo, attiva in Bangladesh, Burundi, Congo e Guatemala.
(Bangladesh. Inferno di delizie, di Stefania Ragusa, Vallecchi 2008)
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