mercoledì 28 giugno 2017

LA RAGAZZA DELLO SPUTNIK DI HARUKI MURAKAMI

Stagista 1 consiglia:

La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami (Einaudi) è un libro che ho divorato in una notte qualche estate fa su consiglio di M., sarà forse per questo che mi è piaciuto tanto? Che sia stato merito di una storia d'amore? Ma torniamo al libro.
Il narratore che ci accompagna durante 216 pagine è anonimo e di lui sappiamo solo che è un insegnante innamorato di Sumire, la protagonista femminile del libro, aspirante scrittrice amante dei libri di Kerouac e che rimane travolta dall'incontro con Myu, la "sua" ragazza dello Sputnik (come la battezza).
Questo romanzo non è una semplice storia d'amore, dopotutto si sta parlando della penna di Murakami che, pagina dopo pagina, allontana il lettore dalla realtà tramite brevi racconti, una ruota panoramica, sogni, viaggi a Roma, Atene e Rodi in un crescendo di follia.


IL VIETNAM DI KIM THUY

La prima volta che l'ho vista, era appollaiata su in divanetto foderato di cretonne a fiori.
Il salottino era silenzioso, la luce delle ore più calde del giorno filtrava attraverso le foglie della vita americana che incorniciava le finestre.
Un abito bianco in lino leggero, fra le mani un blocco: stava disegnando.
Il mio arrivo l'aveva fatta sussultare. Un sorriso discreto sul volto orientale e quasi una fuga alla ricerca di un nuovo silenzio.
Era lei, lo sentivo, anche se come spesso accade non riuscivo a sovrapporre l'immagine reale a quella delle foto che la ritraevano.
Mentre la compagnia allegra, che aveva disturbato la sua concentrazione, proseguiva la visita della casa, lei si è spostata all'ombra del portico d'ingresso, sotto un roseto meraviglioso che invadeva con il suo profumo l'intero cortile.
Era una bella immagine, la guardavo attraverso i vetri al piombo delle finestre: ispirava tranquillità.

Avevo letto il suo ultimo libro in poche ore. Era il terzo. Raccontava come i due precedenti il suo paese di origine, la sua fuga rocambolesca, la sua nuova patria, la sua nuova famiglia.
Così ho incontrato Kim Thuy. Prima i suoi libri mi sono venuti incontro, prima la sua storia attraverso due oceani è arrivata da me, poi la sua stretta di mano e il suo sorriso, sincero contagioso coinvolgente, di persona bella.
E' esuberante Kim, il suo abito sembra una vela, le sue braccia sempre aperte in un abbraccio.
Mi era apparsa diversa racchiusa fra le pagine: più orientale, più riservata, più timida. Kim invece è radiosa, passa dall'inglese al francese a qualche parole di italiano, scherza, ride, contamina. E racconta. Racconta di quando è arrivata in Canada, lasciandosi alle spalle il Vietnam, la paura e l'orrore della guerra e dei campi profughi. Racconta il primo abbraccio e lo stupore di quell'abbraccio, per lei, ragazzina orientale, nella cui cultura il contatto fisico non era mai esistito prima. La meraviglia di ricevere sorrisi: com'era possibile una simile accoglienza nei confronti di tanti rifugiati, male in arnese, sporchi, affamati, brutti? La sensazione di quel momento magico in cui, dopo l'incredulità, ti specchi nel sorriso di chi sta di fronte e ti senti in una qualche modo bella.
Perché è la bellezza che va preservata, quella che salverà.
E Kim è bella. Per quello che dice, per come lo fa, per come ti fa sentire.


Il mio Vietnam è l'ultimo libro di Kim Thuy, pubblicato in Italia da Nottetempo, come i due precedenti Riva (2010) e Nidi di rondine (2014), tutti con la traduzione di Cinzia Poli.
Il suo Vietnam è di uomini e donne, tra tradizione, guerra, periodo postbellico. Gruppi familiari frantumati e ricosituiti. Necessità di sopravvivere e di ricomporre una diversa umanità altrove. Il suo Vietnam è l'essenza di tutti i suo romanzi.
La sua scrittura è limpida, a volte seria, a volte ironica. Ritrae i personaggi, guardandoci dentro, spogliandoli ogni artificio.
In Riva c'è la storia di una bimba, in Nidi di rondine la bambina cresce, in II mio Vietnam la bambina è diventata adulta. Cambia il nome, ma la bambina è sempre la stessa, è Kim. La vicenda sembra sempre la stessa, ma ogni volta si aggiungono particolari, consapevolezza, maturità, che la rendono nuova.
Quando chiudo un libro di Kim Thuy sull'ultima pagina, ho la sensazione che lei mi abbia affidato un pezzetto del suo cuore per rendermi partecipe di una storia importante, così personale e universale insieme.





martedì 27 giugno 2017

CULTURA NOMADE: INTERZONA CERCA CASA


Dopo l'abbandono obbligato della sede storica presso i Magazzini generali di Verona (dal 1992 nell'edificio n. 10 prima e nell'edifico n. 22 poi), l'Associazione Interzona è in cerca di una nuova sede per ospitare gli eventi culturali che da sempre hanno contraddistinto la sua proposta di qualità. Da novembre 2016, infatti, la Fondazione Cariverona, proprietaria degli spazi dei magazzini, ha deciso di rientrarne in possesso, mettendo un freno ad un quarto di secolo di lavoro culturale.
Nella ricerca di una sede nascono contaminazioni con altre realtà cittadine e collaborazioni temporanee. In quest'ottica, sabato 24 giugno Interzona è approdata alla Dogana di fiume dei Filippini, ospite del Canoa Club Verona, per proporre Surgelati, una performance per parole e musica, che ha visto per protagonisti Wu Ming 2 e la band Contradamerla. Non uno spettacolo, non un concerto, non un reading, ma di un mix di tutto questo.

La storia che Wu Ming 2 interpreta dal microfono è quella di un ragazzo curdo in fuga dall'Iraq, che arriva in Italia nascosto in un camion di surgelati.
Il tragitto, composto di un concatenarsi di segmenti, gli incontri, gli amici lasciati a casa, l'arrivo in Italia sognando l'Inghilterra (la terra che doveva essere la destinazione finale, per la quale era stato pagato il prezzo del viaggio), la degenza in ospedale, l'incontro con l'interprete e le assistenti per la richiesta di asilo... Il racconto e la musica hanno sonorità monocorde, quasi ipnotiche, forse per sottolineare il senso di estraneità che pervade il personaggio e la precarietà della sua storia.
Il pubblico c'è, risponde al richiamo di Interzona, si accomoda beneficiando oltre che della presenza di Wu Ming, del fresco del fiume e del fascino del luogo.
I prossimi appuntamenti di Interzona, nella dimensione nomade cui è costretta, saranno cinematografici: la rassegna Barlume – pellicole ad alto contaminazione prevede tre appuntamenti presso la sede dell'A.N.P.I. di via Cantarane (28 giugno/5 luglio/12 luglio) e due nel giardino di Palazzo Bocca Trezza (19 luglio/26 luglio).


martedì 13 giugno 2017

NERO DI MARE: un tuffo in Sardegna


La vicenda si svolge in Sardegna, sulla Costa Smeralda frequentata dai vip e da quel mondo di cicisbei, parassiti, guardie del corpo, donne appariscenti che li circondano.
E' estate e Franco Zanna, poco più che quarantenne, di professione fotoreporter, fa una serie di scatti compromettenti alle persone sbagliate.
La storia prosegue sulle tracce di traffici loschi, malavitosi senza scrupoli e donne bellissime coinvolte in situazioni molto pericolose.
Zanna sa il fatto suo, ma ogni tanto sembra distrarsi ed avere più fiuto per i problemi che per le soluzioni. E a giocare col fuoco, si sa, il rischio è di scottarsi.
Pasquale Ruju scrive un noir veloce, appassionante, in cui riesce a mettere in equilibrio il passato misterioso di Zanna con l'indagine che sta seguendo, storie familiari e fatti di cronaca, lasciando trapelare l'amore per la Sardegna, la sua gente e il paesaggio che riserva ancora territori incontaminati e selvaggi.
Nero di mare si legge tutto d'un fiato, purtroppo. Quando si arriva all'ultima pagina, dispiace dover interrompere l'avventura, ma... Ruju lascia il finale in sospeso (e mi piace pensare, che incontrerò ancora Zanna).
Nero di mare è pubblicato dalle edizioni e/o, nella Collezione Sabot/age diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto.

A PUGNI NELLA STORIA: FEDERICO BUFFA

Al Festival della bellezza, arriva lo sport, e non solo, con Federico Buffa.
Giornalista professionista, esperto di basket ma appassionato di tutti gli sport, Federico Buffa è diventato storyteller per caso: inizia con il racconto dei grandi del passato degli NBA, poi si estende ad altri personaggi. Diego Maradona prima, affascinato dalla sua infanzia a Buenos Aires, poi Michael Jordan,  Jesse Owens (portato al Festival della bellezza edizione 2016) e infine a Muhammad Alì, protagonista dello spettacolo di mercoledì sera al Teatro romano.
Costruire romanzi intorno ai miti dello sport, questo fa Federico Buffa e poi trasforma il romanzo in rappresentazione.
Il suo modo di raccontare, con intermezzi musicali di Alessandro nidi al piano e Sebastiano Nidi alle percussioni, affascina chiunque: gli spettatori sono ragazzi spesso giovanissimi, sportivi, colleghi giornalisti, uomini e donne che amano le sue storie.
Federico Buffa studia il personaggio, ne conosce la vita, l'ascesa sportiva, ma soprattutto il contesto storico. Si genera empatia con il personaggio narrato e con il pubblico.


Sembra di essere sul ring insieme a Cassius Clay - Muhammad Alì a Roma per la sua prima medaglia olimpica nel 1960,  si partecipa alle sue compagne politiche, si parteggia, ci si commuove, ci si indigna, si è neri in mezzo ai bianchi, si va al Madison Square Garden per l'ultimo match, si porta la torcia olimpica ad Atlanta nel 1996.
Con Buffa Cassius Clay diventa una delle figure chiave del '900, non solo il più grande campione di boxe di tutti i tempi.
Muhammad Alì, il più grande dei grandi. Muhammad Alì, Uomo libero.

giovedì 8 giugno 2017

TONI SERVILLO: ATTORE


Toni Servillo è una super star.
Venerdì dal palco del Teatro romano, ospite della seconda serata del Festival della bellezza, organizzato da Idem, Toni Servillo ha regalato al pubblico due ore di conversazione su teatro, cinema, attore, regista, spettatore, lingua, dialetto.
Nonostante l'intervista condotta da Alessandra Zecchini fosse più orientata ai ruoli cinematografici, che hanno permesso di alternare il dialogo a spezzoni video, è il ruolo dell'attore che con grande professionalità Toni Servillo ha raccontato in tutte (o quasi) le sue sfaccettature. Diverso è essere davanti ad una macchina da presa, diverso a seconda del regista cui l'attore si affida (e di cui si fida) diverso ancora essere sul palcoscenico di un teatro in cui nonostante le decine, centinaia di repliche ogni volta l'attore instaura un rapporto diverso con lo spettatore.
Servillo, un uomo di teatro prestato al cinema, si dichiara intimidito dal teatro romano tutto esaurito: il pubblico, dice, ha una grande responsabilità nella vita dell'attore. A teatro si crea una relazione intima tra chi sta sul palco e chi è spettatore: si vive un'esperienza insieme, nello stesso momento. L'attore sente il pubblico, il pubblico deve sentire l'attore. Il testo è solo in apparenza sempre quello: in realtà ogni volta è diverso, ogni volta è un debutto in un nuovo contesto sociale. Questo è il motivo per cui i classici diventano immortali: non smettono mai di riguardarci.
L'attore deve essere portatore di pensieri, di riflessioni: "preferisco i personaggi che fanno pensare, non escludendo che possano al contempo anche far divertire".
Si parla anche di Napoli: "Napoli è come il Bosforo, è lì che comincia l'Oriente".
Con uno sguardo su Napoli si conclude la serata e con un consiglio di lettura: Ferito a morte di Raffaele La Capria, "un libro straordinario", parola di Toni Servillo (e anche mia).

venerdì 2 giugno 2017

UTE LEMPER: BELLEZZA

Emozione.
Emozione di essere trascinati altrove, nel tempo e nello spazio, dalla voce suadente, versatile, ammaliante di Ute Lemper.
Un pianoforte (Vana Giering, tedesco e cresciuto professionalmente negli Stati Uniti), un contrabbasso (Romain Lecuyer, francese di Nantes con il tango nel sangue), un bandoneon (Victor Villena, argentino e francese di adozione) e l'eleganza di Ute Lemper portano lo spettatore dai bassifondi di Buenos Aires, ai cabaret parigini, all'irrequieta Berlino.
La voce è protagonista: Ute gioca con gli idiomi, con i suoni, le parole, le scale. Dialoga con gli strumenti. Ripercorre il Novecento attraverso le canzoni che furono di Marlene Dietrich, Edith Piaf, Jacques Brel, Leo Ferré, di Kurt Weill e Bertold Brecht. Si ricreano le atmosfere dell'Opera da tre soldi, i cieli di Barbara, i porti di Brel, i ricordi e gli amori di Piaf.
Quello che colpisce è non solo la capacità vocale, ma soprattutto la raffinata interpretazione e l'eleganza con cui l'Artista domina il palcoscenico.
Ute Lemper canta e seduce ogni spettatore, perché sembra cantare per ognuno, guardandolo negli occhi e trascinandolo via con sé. Introduce i brani alternando inglese e francese, mescola storie e viaggi personali, e poi come le Sirene di Ulisse canta e incanta.
Non poteva aver battesimo migliore la terza edizione del Festival della bellezza, il 1 giugno al Teatro romano: Ute Lemper canta l'amore e la bellezza, impersona la grazia e l'armonia.