martedì 28 maggio 2019

CANTA, SPIRITO, CANTA di Jesmyn Ward


Sullo sfondo un Mississippi povero e rovente, in cui gli acquitrini del delta e la terra rossa si fanno fango per proteggere la pelle dalle punture di insetto.
Uno stato del Sud, in cui nonostante la guerra di secessione conclusa tragicamente e la dichiarazione dei diritti dell'uomo abbiano abolito la schiavitù, i neri restano negri e i bianchi restano Bianchi.
Famiglie squinternate, in cui vivono solo i sentimenti forti, estremi, che calpestano e stravolgono anche i legami più stretti.
Con Canta, spirito, canta, il secondo capitolo della trilogia di Beau Sauvage, Jesmyn Ward non riprende Salvare le ossa e le vicende di Esch Batiste, che era rimasta adolescente, in compagnia dei tre fratelli, a difendere la sua vita e quella del suo bambino.
La storia di Canta, spirito, canta è differente. Cambiano i personaggi, le realzioni, gli avvenimenti.
Quello che unisce i primi due capitoli di Beau Sauvage è il Delta del Mississippi.
Se nella Trilogia della pianura di Kent Haruf (sia Haruf che Ward sono nel catalogo di NN editore), è la cittadina di Holt a fare da trait d'union fra i tre romanzi, in Beau sauvage è il Delta. E' qui che si incrociano i destini: scorrono gli anni (Salvare le ossa è ambientato nel 2005, quando l'uragano Kathrina si abbatte violentemente su Louisiana, Mississippi e Alabama; le vicende di Canta, spirito, canta si svolgono nel 2011) ma il delta è sempre lo stesso, il bayou è sempre il bayou, le facce sono sempre scure, le esistenze sempre ai margini.

Nel caso di Beau Sauvage, Jesmyn Ward sembra seguire una macchina da presa che si sposta da una famiglia all'altra: in Salvare le ossa, era la famiglia di Esch, in Canta, spirito, canta è quella di Jojo. Cambiano i nomi, ma il destino è segnato. Cambiano le inquadrature, ma la sceneggiatura è la stessa.
Sempre bambini o appena adolescenti i protagonisti, descritti con l'innocenza dei piccoli, buttati in una vita che non dovrebbero vivere perché "a volte il mondo non ti dà quello che ti serve, non importa quanto tu lo cerchi. a volte se lo tiene".
Ci sono i nonni, a cui i nipoti capitano in sorte come altri figli non programmati, perché la generazione intermedia si è guastata, ha generato ma non è in grado di amare ed educare.
Dai nonni ai nipoti transitano i saperi e il buon senso, insieme alle cantilene antiche, allo spirito magico degli avi, alla saggezza delle erbe. Riminiscenze ancestrali.
Tutto appare senza speranza, e solo allora, quando tutto sembra perduto, lo sguardo di Jesmyn Ward si rivolge al futuro: è ai piccoli, che in entrambi i romanzi la Ward affida il domani.

Un romanzo, Canta, spirito, canta che arriva come un pugno nello stomaco: "è come sentire una mano che ti affera le viscere, le torce, le tira fortissimo. Fa male", ma è un romanzo dal quale non ci si riesce a separare, tanto è intenso, profondo, sconcertante, duro, straziante.
Canta, spirito, canta è un romanzo straordinario.