mercoledì 26 settembre 2007



"La paura dell'attacco terroristico delle Torri Gemelle rivive nell'animo di quattro amici che si ritrovano, dopo tanto tempo, per festeggiare l'addio al celibato di uno di loro. Grazie a questo evento hanno l'opportunità di fare il punto sulla loro esistenza, su come sono cambiati, sulla loro amicizia e sull'Arte (due di loro sono pittori), sullo spessore dei rapporti interpersonali che sono in grado di instaurare. Uno sguardo profondo, raccontato con leggerezza, su un gruppo di uomini che hanno difficoltà a trovare una propria posizione nel mondo e, soprattutto, dentro di sé. su tutto questo, si staglia l'ombra cupa dell'attentato dell'11 settembre che rivive sia nelle loro incontrollabili fobie che nel racconto autobiografico dell'autore che fa da cornice a questo romanzo a fumetti."

Dal risguardo di copertina di "Tribeca Sunset" di Henrik Rehr appena pubblicato dalla Black Velvet di Bologna.

martedì 18 settembre 2007

SAMARCANDA: GENGIS KHAN, TAMERLANO E...

Samarcanda era nel mio immaginario come Timbuctù, come Machu Picchu, come Kathmandu: un mito, uno di quei nomi che sin da bambino leggi sui libri di geografia ed arricchisci via via di fantasia. Una città reale e fantastica nello stesso tempo. Un luogo senza confini in uno spazio indefinito. La strada per Samarcanda è lunga (poco meno di 300 chilometri in 6 ore di auto), quasi a consigliare un approccio lento a quella che sarebbe stata la realizzazione di un sogno. Campi coltivati, prevalentemente a cotone, mercati di frutta e verdura, chaicane con uomini in conversazione adagiati sui comodi letti.
"La strada fra Tashkent e Samarcanda passa attraverso un paesaggio piatto e brullo. I primi soldati russi che vennero qui da invasori centoventitré anni fa la chiamarono 'la steppa della fame', perchè molti non uscirono vivi da questa piana riarsa, senza un albero e senza un corso d'acqua. A perdersi, ci si potrebbe morire di fame anche oggi, perchè, in qualunque direzione uno guardi, non si vedono a perdita d'occhio che campi di cotone. 'E il cotone non si mangia!' dicono gli uzbeki accorgendosi ora di come i russi prima e i bolscevichi poi li hanno intrappolati nel sistema economico coloniale, imponendo loro la monocoltura del cotone e rendendoli così completamente dipendenti da Mosca per tutti i loro bisogni". (Così Tiziano Terzani nel settembre del 1991, all'indomani della dichiarazione d'indipendenza della Repubblica Popolare Uzbeka)
E poi comincia a vedersi il profilo delle case, un po' di traffico cittadino: la cupola turchese del mausoleo di Guri Amir precede la magnificenza del Registan dove ben tre madrase decorate di maioliche blu e turchesi si affacciano sulla piazza appena illuminata dal tramonto.
"Samarcanda: un nome che sembra cantare, una di quelle mete della fantasia che uno si porta in petto dall'infanzia: Strana parola: Samarcanda! Si può anche non sapere che è una città, non sapere dov'è, non conoscere la sua stori, non legarla a quella di Tamerlano, ma il suo semplice suono, Samarcanda, è una promessa..." . Sempre Terzani in Buonanotte, Signor Lenin.
La scoperta della città, lenta e graduale, sfida i 40° al sole. Per prima cosa il Registan: le tre madrase imponenti si affacciano su una piazza, che nei secoli passati doveva essere il centro degli scambi commerciali. Ora di quel mondo è rimasto molto poco. I massicci restauri dell'epoca sovietica hanno risanato le facciate degli edifici, ma al contempo hanno annientato tutto il fermento di attività testimoniato orami solo dalle foto di inizio secolo. Quel tessuto di tende, banchi, animali, mercanti di di ogni etnia che raggiungevano Samarcanda dalla Cina, dalla Persia, dall'India e dall'Occidente non c'è più. Gli studenti che affollavano le scuole coraniche non ci sono più. Samarcanda è sopravvissuta alle invasioni, ai terremoti e alla storia, ma dalla storia è stata profondamente trasformata in un monumento.
Nonostante tutto, il Registan è uno spettacolo.
Ma il luogo forse più suggestivo di Samarcanda è Shahr-I-Zindah, la "tomba del re vivente", un complesso di piccoli mausolei decorati con piastrelle turchesi e blu, che ancora oggi è meta di pellegrinaggio. Il silenzio rende tutto irreale: non ci sono turisti, solo uzbeki in visita, un gruppo di maestre proveninti dalla Valle di Fergana.
Anche la sfortunata moschea di Bibi-Khanym merita una visita: commissionata dalla moglie di Tamerlano, l'edificio fu vittima della sua stessa grandiosità, iniziando a crollare poco dopo la sua costruzione. Mancano i disegni originali, quindi anche la ricostruzione è assai difficile: ci si è limitati a piccoli interventi, che hanno mantenuto in piedi solo le facciate e poco più.
Prima di riprendere il cammino verso Bukhara, non rinuncio al bazaar: prevalentemente mercato alimentare con merci ben ordinate e divise per generi, offre tutto quello che si può desiderare in termini di spezie, frutta secca e fresca, formaggi e salumi, caramelle e biscotti, pesce fresco e affumicato, carne, uova, dolci e torroni, ruote di pane, tè verde e nero. Un incanto per gli occhi e per il palato, perchè le simpatiche venditrici offrono assaggi di ogni tipo e spiegano, rigorosamente nella loro lingua, che cosa siano quei semi e che non ho mai visto prima.
Ultimo abbraccio di Samarcanda: la sua gente curiosa ed appassionata.

TRATTI E RITRATTI



"Tratti e Ritratti" è il titolo della mostra di illustrazione di Stefania Vianello inaugurata venerdì 21 ottobre alle ore 18.00 (rimarrà fino a sabato 6 ottobre).

Un piccolo percorso che parte dai classici della letteratura per l'infanzia fino ad arrivare ai recenti ritratti e un pò di scenografia che fa da contorno ai personaggi."Tra un lavoro e l'altro mi prendo delle luuunghe pause di riflessione, sono pigra e ho paura del foglio bianco.Gli errori mi divertono perché nascondono la giusta dose d'istinto indispensabile per provare, provare, provare...".


Stefania Vianello è nata a Pieve di Cadore in provincia di Belluno nel 1977.Frequenta il Liceo Artistico a Verona e l'Accademia di Belle Arti a Roma e si diploma in scenografia nel 2002.Comincia da quel momento ad avvicinarsi al mondo dell'illustrazione di libri per bambini frequentando corsi di perfezionamento con illustratori di fama internazionale (Jozéf Wilkòn, Carll Cneut, Pia Valentinis, Beatrice Alemagna).Da qualche anno in collaborazione con il C. di R. Istruzione del Comune di Verona, conduce laboratori creativi per bambini e corsi di formazione per adulti.

giovedì 13 settembre 2007

INCONTRO CON MARCO AIME AL FESTIVALETTERATURA

Mantova, domenica 9 settembre: Marco Aime inizia il suo racconto.
Non è una, l'Africa. Ci sono bambini africani, donne africane, anziani africani. Ma definire questo enorme continente, dove ci sono popoli e culture tanto diversi, come un unicum è un retaggio coloniale. E' un torto che si fa alle sue genti e alle loro tradizioni parlare genericamente di Africa.
Con un omaggio a Kapuscinski, che tanto ha scritto sulle persone che ha incontrato in Africa, introduce "Gli stranieri portano fortuna". Accanto ad Aime, un secondo nome, africano, Lawa Tokou, per questo volumetto uscito recentemente per la casa editrice Epochè. Aime parla per conto di Tokou, che non è riuscito ad arrivare a Mantova per le "solite" difficoltà che si possono incontrare nel muoversi in Africa. Tokou ha circa 50 anni, appartiene al gruppo etnico dei Taneka, vive nella capitale del Benin e... non è uno scrittore. Nella vita fa il commerciante, ha una piccola bottega di oggetti di artigianato nel centro della città e gli piace da sempre raccontare storie. Da quando era piccolo ed il maestro premiava con un quaderno chi dei suoi allievi avesse raccontato la storia più bella raccolta da genitori o nonni. Ora nella sua bottega passa il mondo: stranieri e concittadini si fermano, si siedono sugli sgabelli in attesa di un compratore ed attendono le storie di Lawa. E Lawa racconta di lepri e principesse, di iene e guerrieri, ogni volta una storia sempre nuova o sempre quella, aggiungendo particolari, cambiando nomi e luoghi: perchè Lawa è convinto di aver ricevuto il dono del narrare e di avere una sorta di obbligo nel condividere questa conoscenza. Così le sue storie cambiano per aderire meglio alla realtà nella sua continua evoluzione, ma mantengono sempre fede al messaggio originale, alla morale da trasmettere di generazione in generazione.
Può apparire un tradimento scrivere, raccogliere in un libro quelli che sono stati racconti orali. E' per ringraziare, dice Aime, coloro che ha incontrato sulle strade dell'Africa e per farle vivere, per dare loro una storia, un'esistenza. Per far presente ai non-africani, che i popoli d'Africa hanno una storia, esistono perchè hanno una memoria. La memoria di Lawa e di tutti quelli che ogni giorno intervengono nelle sue storie e nelle storie africane.

sabato 8 settembre 2007

UN PIZZICO DI POESIA PER I BAMBINI

Voglio bene a te
e ai tuoi capelli corti
ai tuoi occhi sciolti
e alle tue calze giù
a come sei se ridi
e a quando metti il muso
alle tue ginocchia d'ossa
e ai tuoi occhi seri
a come muovi le mani
e a come ti viene sonno
a come mi saluti
e a come corri in piazza
quando con noi c'è il vento
e sulle case il cielo
sta come un mantello
viola



E sulle case il cielo di Giusi Quarenghi, Topipittori
illustrazioni di Chiara Carrer.

lunedì 3 settembre 2007

UZBEKISTAN: VERSO SAMARCANDA

Il mio viaggio inizia a Tashkent. La capitale della Repubblica accorpa due città in una: da un lato dell'Ankhor Canal, la vecchia città uzbeka con case basse, giardinetti interni, vie strette..., dall'altro l'imponenza della città sovietica con palazzi maestosi, viali alberati la cui maestosa larghezza contrasta con il traffico assai scarso, fontane e marmi. La prima animata e solare, la seconda semideserta e seriosa. Il cuore della città vecchia, in gran parte rimasto intatto dopo il terremoto del 1966, è la cinquecentesca madrasa di Kukeldash e il Chorsu Bazaar. Brulichio di gente, aria che profuma di pane appena sfornato e bancarelle con splendida frutta ordinata in piramidi multicolori. Sorridono gli uzbeki: nonostante la teoria di denti d'oro che lascia sempre un po' perplessi noi occidentali, i sorrisi degli uzbeki rimangono nel cuore. Siano bimbi intenti al gioco, uomini al lavoro, venditrice del mercato, anziani seduti all'ombra di un gelso... sorridono, cortesi inclinano il capo e si mettono la mano destra sul cuore.
La prima impressione è positiva: dalle difficoltà comunicative con gli addetti di dogana all'aeroporto, mi era sorto il dubbio che potesse rivelarsi complicato qualsiasi rapporto con i locali. Mi sbagliavo: anche se la lingua è diversa e se l'inglese non è molto diffuso, si riesce a "parlare" sempre e comunque. Ci si capisce insomma senza problemi... almeno per le questioni di base.
Al Chorsu Bazaar sono frastornata dalla confusione, non sul genere dei suq arabi, ma dal continuo andirivieni di persone, carichi, merci e persone che offrono assaggi di frutta, di formaggio fresco o stagionato, di semi sconosciuti, di polveri strane. E tutti sorridono e offrono per il piacere di vedere l'indice di gradimento di chi viene dall'Ovest.
Il caldo è soffocante. Il sole impietoso.
Il viaggio prosegue per Samarcanda!