martedì 3 marzo 2020

SEPARAZIONE




Noi con la nostra lingua vagabonda
noi con i nostri incorreggibili accenti
e un’altra parola per dire latte
noi che veniamo in treno
e ci abbracciamo sulle banchine
noi e i nostri carri merci
noi la cui voce in nostra assenza
è incorniciata sulla parete di una camera da letto
noi che dividiamo tutto
e nulla –
questo nulla che spezziamo in due
e mandiamo giù con un sorso
dall'unica bottiglia,
noi a cui cuculo
ha insegnato a contare,
in quale valuta
hanno cambiato il nostro canto?
Nei nostri letti solitari
che ne sappiamo noi di poesia?
Siamo esperti in doni
preparati in confezione regalo
o lasciati furtivamente.
Prima di partire nascondiamo occhi piedi dorso.
Quel che prendiamo è per la reticella portabagagli.
Lasciamo gli occhi dietro di noi
in telai di finestre e specchi
i piedi dietro di noi
sul tappeto accanto al letto
il dorso
nella calcina delle pareti
e alle porte appese ai cardini.
La porta si è chiusa dietro di noi
e al rumore delle ruote del carro.
Siamo anche esperti nel portare.
Portiamo con noi anniversari
la forma di un’unghia
il silenzio di un bambino che dorme
il gusto del tuo sedano
e la parola per dire latte.
Nei nostri letti solitari
che ne sappiamo noi di poesia?
Binario unico, incrocio e
scali di smistamento
leggono ad alta voce per noi.
Nessuna poesia ha versi più lunghi
di quelli che abbiamo portato.
Come i mercanti di cavalli sappiamo
guardare in bocca una distanza
e giudicarne il dolore dai denti.
A dorso di mulo, a piedi
su aerei e camion
nei nostri cuori
trasportiamo ogni cosa,
raccolti, bare, acqua,
olio, idrogeno, strade,
lillà in fiore e la terra 
gettata dentro la fossa comune.
Noi con le nostre cattive notizie dal mondo
e una parola diversa per dire latte
nei nostri letti solitari
che ne sappiamo noi di poesia?
Sappiamo bene quanto le levatrici
in che modo le donne portano in grembo i figli
e partoriscono,
sappiamo bene quanto gli eruditi
cos’è che fa vibrare una lingua.
Il nostro carico.
Riunire ciò che è stato diviso
fa vibrare una lingua.
Attraverso i millenni e la strada del villaggio
attraverso tundre e foreste
per mezzo di ponti e adii
verso la città di nostro figlio
tutto va trasportato.
Portiamo in noi la poesia
come i carri bestiame del mondo
trasportano gli animali.
Presto sui binari morti
li faranno defluire.
I versi di John Berger, tradotti da Maria Nadotti per "E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto" (Il Saggiatore 2020): Separazione

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