giovedì 10 novembre 2016

MARCO ROSSARI: Le cento vite di Nemesio

 "Spara un nome e lui c'ha pranzato insieme: Se l'ha mancato è stato per un soffio: In casa dei miei nonni passavano personaggi tipo Sibilla Aleramo e Cesare Lombroso..."
Così Nemesio figlio, riferisce del padre, aggiungendo altri contorni del suo carattere e della sua vita vita dissoluta e deprecabile.
Le cento vite di Nemesio di Marco Rossari racconta una storia lunga un secolo, un padre sconosciuto, ma conosciutissimo. Racconta un rapporto figlio/genitore, apparentemente inesistente, molto conflittuale, ossessivamente, continuamente.
E' un romanzo elegante, equilibrato nel linguaggio e nei toni, che passano dal grigiore apatico al guizzo ironico a tinte decise.





Dopo trent'anni di rancore e disprezzo nei confronti del padre, il figlio, il Nemesio del titolo, costretto al confronto, e preparato allo scontro, cambia ottica. La trasformazione ha inizio!

"Ho sognato la vita di mio padre. In successione. Ogni notte. Io, Nemesio Viti il Giovane detto Nemo, l'ho rivissuta in prima persona... All'inizio ho creduto che fossero solo fantasie. Poi mi sono convinto che raccontassero cose accadute realmente. Infine ho smesso di credere e mi sono lasciato portare via dal racconto. Ho capito che mi piaceva, che facevo di tutto per ricrearlo di notte..."
Venerdì 11 novembre, alle 18,30, Marco Rossari presenta Nemesio a Pagina dodici, nel secondo appuntamento dei Racconti d'autunno
https://www.facebook.com/Racconti-dautunno-223306374755992/
Le cento vite di Nemesio è un libro e/o edizioni

martedì 20 settembre 2016

GIONA: LA POESIA DEL MONDO LIQUIDO


L'onda

Ma l'onda non muore mai,
resta del mare, non si spegne
sulla riva e come un brivido
ritorna a sé, s'inabissa

così la duna, gemma di segreti
e silenziose movenze:

dello spirito divino la poesia
è riduzione

e così di questa
la preghiera



Contemplazione del movimento.
Acqua in movimento, acqua che scorre, acqua che culla.
Stormi di uccelli come onde, armonie sinussoidali che toccano il cielo.
Pendii accarezzati dal vento.
E il mare, che meraviglia, accoglie e restituisce.

Lo sguardo di Nicola Dal Falco accarezza la natura, la osserva con il cuore di chi vuole trovare in lei rifugio.
Le sue poesie sono quadri, acquarelli dalle tinte tenui, sfumate. Sono vibrazioni intense.
"Giona. Nella pancia del Pesce Cane" si compone di venti liriche (più una che è stata eletta a esergo), in cui sono gli elementi naturali i protagonisti. L'io del poeta è scelto a soggetto solo in due occasioni, altrimenti resta fuori dal quadro che ha creato e dalla natura che ha dato vita al quadro stesso.
Echi classici, di luoghi e di filosofie antiche, tracciano una mappa di ricordi ed emozioni.
Poesia di viaggio: poesia che nasce dal viaggio e porta al viaggio.

Nicola Dal Falco con "Giona. Nella pancia del Pesce Cane" (La vita felice) ha vinto il premio Montale Fuori di casa 2016.
Preziosa la prefazione di Grazia Shogen Marchianò.

mercoledì 7 settembre 2016

ORSO CHI LEGGE

Una raccolta di favole, per grandi, piccini, grandi e piccini insieme, che l'autore Nicola Cinquetti presenta con un video appassionato, accompagnato dalle musiche di Federico Fuggini.
Video relativi a orso cinquetti youtube

https://www.youtube.com/watch?v=llp65iKIGDU

"Ultimo venne il verme" è il titolo del volumetto, pubblicato da Bompiani

lunedì 25 luglio 2016

SCHOENBERG: parole e note

Musica fuori dagli schemi

Venerdì 22 luglio, l'appuntamento, nel chiostro del Conservatorio Dell'Abaco di Verona, è stato con Arnold Schoenberg, una delle figure musicali più originali del XX secolo, l'inventore della dodecafonia.
Dopo lo spettacolo Diario di un mammifero: Satie, dedicato al genio musicale Erik Satie, Bam! Bam! Teatro (vincitore del premio internazionale Otello Sarzi 2016) mette in scena un nuovo lavoro drammaturgico dedicato ad un innovatore in campo musicale: Arnold Schoenberg.
Schoenberg. Un violino per Arnold è uno spettacolo di musica e teatro, nato dalla collaborazione fra il Conservatorio e la compagnia Bam! Bam! Teatro.
Coinvolgendo studenti meritevoli del Conservatorio, il testo scritto da Andrea de Manincor e interpretato da Lorenzo Bassotto ha per protagonista il violino di Schoenberg (nello spettacolo Diario di un mammifero era il fantasma di Satie stesso a raccontare il grande compositore e pianista francese, con le sue stravaganze). Un dialogo fra voce umana e voce dello strumento, una narrazione che coinvolge tutto l'arco della vita di Arnold Schoenberg: le vicende personali, l'acquisto del primo violino, il trasferimento a Berlino, la carriera artistica minacciata dal nazismo, le grandi invenzioni nel linguaggio musicale, l'impegno nella formazione di giovani musicisti.
L'incontro, il mese scorso, con Nuria Schoenberg, figlia del compositore, ha permesso a de Manincor e Bassotto di conoscere meglio l'uomo straordinario che è stato Arnold Schoenberg, che amava talmente tanto quello che faceva da essergli necessario trasmetterlo.
“La cultura”, dice de Manincor presentando lo spettacolo, “è un tesoro, un valore da trasmettere per un mondo migliore”.
L'attore (Lorenzo Bassotto) sale sul palco e diventa strumento: “all'inizio ero un violino qualunque”. Musicista e violino si alternano, la voce cambia, costruisce parole e suoni, armonia e disarmonia si compongono. Con la voce si fondono le musiche di Schoenberg, eseguite dal  vivo da Irene Benciolini al violino e Gianmarco Scalici alla viola.
Le luci si abbassano: “Nessuno di noi sarà mai un violino qualunque”.
Schoenberg. Un violino per Arnold è uno degli appuntamenti della ricca ed interessante rassegna 2016 dei Concerti del Chiostro.
Roberta Camerlengo

mercoledì 20 luglio 2016

ROMEO E GIULIETTA

Romeo e Giulietta: la dodicesima notte

Il Romeo e Giulietta, che William Shakespeare scrisse probabilmente nel 1594, ritorna per la dodicesima volta sul palcoscenico del Teatro romano.
La prima rappresentazione del dramma, con la regia di Renato Simoni e Giorgio Strehler, segnò la nascita dell'Estate teatrale veronese proprio nel 1948. Da allora si sono succeduti diversi allestimenti firmati da registi altrettanto celebri (Luigi Squarzina, Franco Enriquez, Franco Zeffirelli, Enrico D'Amato, Orazio Costa Giovangigli, Michael Attenborough...), che hanno intrecciato ancora più saldamente il destino di Verona all'opera di Shakespeare.
Misurarsi oggi con uno dei drammi shakespeariani più noti e più “manipolati” è impresa già di per sé coraggiosa. Il regista Andrea Baracco, con Khora.teatro, riesce a proporre una rilettura contemporanea che, pur con qualche esuberanza, risulta di qualità.
Nel cast eccellente l'interpretazione di Lucia Lavia nella parte di una Giulietta appassionata e saggia adolescente, di Antonio Folletto vivace Romeo che trasforma tutto il teatro in spazio scenico, correndo e recitando in gradinata e in platea, e di Alessandro Preziosi, ambiguo Mercuzio che evidenzia le sfumature licenziose del personaggio.
Le scene di Marta Crisolini Malatesta, giocano su due parallelepipedi contrapposti come contrapposte sono le due famiglie rivali di Montecchi e Capuleti, le pareti trasparenti a loro volta sembrano permettere una compenetrazione, quella risoluzione del conflitto che almeno all'inizio del dramma sembra possibile.
I costumi di Irene Monti, sobri ed eleganti, con la loro compostezza bilanciano le intemperanze artistiche dell'allestimento.
Con la prima nazionale di Romeo e Giulietta di Andrea Baracco, in scena fino al 23 luglio,  si conclude il calendario di prosa dell'Estate teatrale al Teatro romano: seguiranno i due spettacoli di danza, Opus cactus dei Momix e il Romeo e Giulietta della coreografa francese Joelle Bouvier.
Inoltre dall'8 al 15 agosto, il cartellone si arricchirà della rassegna Lost in Shakespeare: nove capolavori del cinema ispirati alle opere di William Shakespeare da gustare sempre al Romano.
Roberta Camerlengo
ph Nicoletta Ferrari-Dismappa

venerdì 15 luglio 2016

SHAKESPEARE: Come vi piace

Come vi piace, una commedia pastorale

Il secondo lavoro shakespeariano ad andare in scena nella 68° Estate teatrale veronese è Come vi piace, una commedia scritta probabilmente nel 1599, che acquista popolarità nel '700 e soprattutto nell'800, con stravaganti allestimenti all'aperto.
Le prime rappresentazioni sul palcoscenico del Teatro romano di Come vi piace furono nel  1966 e nel 1967 con la regia di Franco Enriquez, le scene e i costumi di Emanuele Luzzati e Glauco Mauro nella parte di Touchstone.
“Tutto il mondo è una scena,
e gli uomini e le donne sono soltanto attori:
Hanno le loro uscite e le loro entrate,
e nella vita ognuno recita molte parti”
così dice uno dei personaggi (Jaques nella scena VII del II atto).
Il 12 luglio debutta per la quarta volta con la compagnia del Teatro stabile di Torino e la regia di Leo Muscato.
Quella del regista Leo Muscato, che la scorsa stagione aveva portato al Teatro romano Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, è una versione moderna di Come vi piace, in cui a prevalere è l'aspetto bucolico della storia.
Amori promessi e dichiarati, equivoci, scambi di ruolo, travestimenti e giochi di potere sono gli elementi tipici della commedia. In Shakespeare si aggiunge l'ambiente naturale, quello della foresta magica che inghiotte i personaggi per poi dar loro nuova vita: un ambiente che in qualche modo salva, aggiusta i guai e regala il lieto fine.
Muscato adatta il testo, proponendo una lettura a tratti eccessiva, forzata verso aspetti contemporanei: giacche di lamé, allusioni a canzoni di Jovanotti, il Duca esiliato in veste di figlio dei fiori, Audrey la pastorella di capre che sembra la Gina Lollobrigida di Pane amore e fantasia...Tuttavia la rappresentazione mantiene una sua dignità, che ruba le risate e gli applausi del pubblico.
Molto riusciti la scenografia di Federica Parolini, che con il sapiente gioco di luci di Alessandro Verazzi rende la magia del bosco di Arden, e l'accompagnamento musicale di Dario Buccino eseguito dal vivo direttamente dal proscenio.
Lodevole Eugenio Allegri nel ruolo di Touchstone, il buffone.
Roberta Camerlengo
L'appuntamento successivo è con Romeo e Giulietta, dal 19 luglio in prima nazionale, che vede Andrea Baracco alla regia e Alessandro Preziosi nel ruolo di Mercuzio.

giovedì 7 luglio 2016

GIULIO CESARE: il valore del classico

Giulio Cesare torna al Teatro Romano


Con Giulio Cesare, dramma storico che William Shakespeare scrive nel 1599, si è inaugurato mercoledì 6 luglio il 68° Festival Shakespeariano al teatro romano.
Ad aprire la serata un ospite speciale: Toni Servillo, che riceve da Gianpaolo Savorelli, direttore artistico dell'Estate Teatrale Veronese, il 59° premio Renato Simoni per la fedeltà al teatro di prosa.
Toni Servillo, dichiarandosi attore di teatro saltuariamente prestato al cinema, ringrazia per il grande riconoscimento (ottenuto prima di lui da personaggi quali Eduardo De Filippo, Gianfranco de Bosio, Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Dario Fo... per citarne alcuni) leggendo un breve testo di Louis Jouvet, uno delle più grandi figure del teatro e del cinema francese del secolo scorso, in omaggio al teatro, quel “gioco, che gioco non è, del recitare”.
Sul palco un enorme container bianco, sul quale scorrono le icone del potere dell'ultimo secolo di storia, svela la lettura in chiave moderna che il regista catalano Alex Rigola (direttore della Biennale Teatro di Venezia) fa del lavoro Shakeasperiano: un testo di sconcertante attualità (produzione del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale in collaborazione con l'Estate teatrale Veronese).
Un primo atto di 85 minuti racconta la congiura contro Cesare e la sua uccisione, concludendosi con il meraviglioso discorso di Antonio in suo onore: il pubblico del teatro è il pubblico di Roma, quello del 44 a.C., triste, spaventato, commosso e infine in preda alla rabbia e al desiderio di vendetta.
Il secondo tempo, breve, si concentra sulla fuga dei congiurati: sembra sfumato il pathos e l'incanto della prima parte e il risultato è meno convincente.
Testo di grande intensità, che torna nel Festival Shakespeariano del Teatro romano per la sesta volta. Messa in scena originale e di forte impatto. Uno spettacolo da vedere (repliche fino a sabato 9 luglio).
Gli altri spettacoli di prosa in cartellone al Teatro romano sono la commediaCome vi piace (debutto in prima nazionale il 12 luglio) e la tragedia Romeo e Giulietta (debutto nazionale il 19 luglio).
Roberta Camerlengo

NON DIRMI CHE HAI PAURA

"Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella ha vinto il premio Strega Giovani nel 2014, per questo ho voluto leggerlo e recensirlo. 
Samia, una bambina somala con la corsa nel sangue, sogna di partecipare alle Olimpiadi e di vincerle.
Vuole lasciarsi alle spalle le cose brutte della sua infanzia: la guerra, la violenza, la rabbia e la paura, conservando solo quelle belle: l'amicizia con Alì, l'affetto dei genitori e dei fratelli, i sogni, le speranze e la determinazione.
Il suo è un percorso di duri sacrifici verso la libertà e il riscatto di se stessa. Ma ciò che colpisce il lettore con più forza è il Viaggio intrapreso da Samia: per quanto certi fatti siano riportati abitualmente da giornali e TV, davanti alla crudeltà non si può e non si riesce a restare indifferenti.
E' però proprio in quei momenti oscuri che Samia si aggrappa ai suoi sogni e alle sue speranze con i denti e le unghie perché l'importante è "Non dire mai che hai paura, perché se no le cose che desideri non si avverano". Il fulcro di tutto è proprio questo.
Saamiya Yusuf Omar
"Non dirmi che hai paura" parla di sogni e speranze che germogliano in profondità nel cuore, mettendo radici tanto tenaci che il germoglio diventa una quercia forte e altissima, in grado di sfiorare le stelle con i rami.
Merita davvero il riconoscimento datogli per la capacità di suscitare consapevolezza delle gravi situazioni in cui si ritrova Samia, ammirazione per la sua ferrea volontà e desiderio di imitarla.

Elisabetta Sorio

martedì 5 luglio 2016

SI GUARDA A ORIENTE

... e le suggestioni cominciano a diventare scelte.

La mia scelta di recensire questo libro è stata dettata dalla bellissima copertina e dal desiderio di leggere uno scritto di questa autrice molto famosa.

"Andromeda Heights" di Banana Yoshimoto si può paragonare a una piantina accarezzata da una leggera brezza su un davanzale illuminato dal tiepido sole del pomeriggio.
E' la storia di una giovane donna, Shizukuishi, costretta ad abbandonare la sua tranquilla vita in armonia con la natura vissuta in montagna, per trasferirsi in una caotica città del Giappone. Da giovanissima apprendista della nonna, abilissima preparatrice di infusi di tè in grado di curare qualsiasi male, a donna che deve trovare il suo posto del mondo e scoprire i valori dell'amore e dell'amicizia.
Il libro racconta il suo percorso alla riconquista dell'armonia perduta, non solo con la natura, ma anche con le persone e, sopratutto, con la sua stessa vita. 
Il romanzo è narrato con semplicità, delicatezza e un pizzico di poesia , senza mai risultare lento o noioso.
L'autrice introduce sapientemente i temi del rispetto e dell'umiltà da adottare sempre nei confronti dell'ambiente e dell'umanità e non lo fa assumendo toni accesi e propagandistici, ma con sentita premura.
E' un libro che donerà speranza e conforto a chi saprà accostarcisi in punta di piedi, a capo chino e con gentilezza. E' una storia che insegnerà qualcosa a chi sarà disposto ad imparare e rimarrà nel cuore delle persone che sapranno fargli un po' di posto. 

Elisabetta Sorio


sabato 2 luglio 2016

SUGGESTIONI LIBRESCHE

Cosa succede a varcare la soglia di uno spazio lontano dai propri itinerari?
Il quesito è posto ad una liceale. Lo spazio in questione è una libreria indipendente.


La libreria si può banalmente definire "luogo in cui si comprano i libri" ma questa mia esperienza da apprendista stagista mi sta insegnando a trasformare un banale giretto tra gli scaffali colmi di volumi in un viaggio tra le Suggestioni Libresche.
Esse sono le "molle" che ci spingono a prender in mano un libro, a prestargli attenzione.
Il successo che sta riscuotendo, la calorosa raccomandazione di un amico, la sua posizione di spicco sulle mensole, il nome conosciuto e affermato dell'autore. Un titolo o una copertina particolari, che risvegliano in noi ricordi piacevoli o da cui ci sentiamo corrisposti.
Queste sono Suggestioni Libresche e tutti i lettori ne vengono ammaliati.
Sicuramente i social network dedicati ai libri saranno uno strumenti affidabili e quasi infallibili per trovare ottimi libri, ma ogni tanto è bello fare diversamente: lasciate cioè che sia il libro a scegliere noi.

Elisabetta Sorio

E' affascinante l'idea che siano i libri a scegliere i lettori!

giovedì 30 giugno 2016

AUSTRALIA: parto per la terra dei canguri

"Ad agosto parto e vado in Australia"
Se pronuncio questa frase le parole mi solleticano le labbra e mi fanno vibrare il petto come se fosse pieno di effervescenti bollicine di acqua gassata.
Quando ogni tanto ci penso è come se il petto mi si aprisse in due e il cuore ne uscisse per spiccare il volo, ubriaco di felicità e voglia di partire.Oppure sperimento una strana sensazione di pace assoluta, di armonia con ciò che mi circonda come se mi trovassi già là, ad assistere al sorgere del sole davanti ad Uluru.

Ora, dopo aver letto qua e là da alcuni libri riguardanti l'Australia, mi sento ancora un po' frastornata per la marea di sensazioni provate.
Ne "In un paese bruciato dal sole" Bill Bryson descrive con tono allegro e divertente il suo viaggio in lungo e in largo per tutta la nazione. Una specie di solletico tra il cuore e i polmoni.
"Orme" di Robyn Davidson riporta il viaggio che l'autrice ha compiuto a piedi in compagnia di quattro cammelli e un cane da Alice Springs a Hamelin Pool. Un'impazienza di partire diffusa, nella mente e nel corpo.
"E venne chiamata Due Cuori", romanzo tratto dall'incredibile esperienza dell'autrice: Marlo Morgan racconta della sua scelta di abbandonare la sua affermata posizione sul lavoro per seguire una tribù di Aborigeni, alla riscoperta del vivere in armonia con la natura e di se stessa. Un richiamo, un sussurro a cui non posso fare a meno di rispondere "Eccomi, sto arrivando"
Sono certa che tutti questi romanzi mi potranno dare un assaggio di Australia e mi faranno buona compagnia in attesa di partire. 

Elisabetta Sorio

mercoledì 29 giugno 2016

PASOLINI NEGLI OCCHI DI UNA DICIASSETTENNE

La breve riflessione che segue sull'inimitabile Pier Paolo Pasolini è stata ispirata da alcuni articoli nel numero 0 della rivista "Il fascino degli intellettuali" incentrato sulla figura dell'intellettuale del secondo 900'.
Pasolini criticò e denunciò molti fatti e situazioni durante tutta la sua vita e uno degli argomenti principali di tali attacchi fu il consumismo, esploso in Italia tra gli anni 50' e 60', e le sue conseguenze.
L'industrializzazione si era diffusa rapidamente e prepotentemente in un paese quasi interamente contadino, impreparato ad accoglierla. Gli antichi valori e le realtà culturali regionali erano stati quindi abbandonati per poter prendere al volo quel treno di sviluppo e gli italiani, ritrovatisi privi di valori, non si preoccupavano di crearne di nuovi.
La popolazione stava subendo una mutazione antropologica perpetrata dal consumismo che l'aveva portata a essere una massa omologata preoccupata solo di seguire la nuova "cultura dell'immagine".
Una cultura di fumo e specchi che rendeva (e rende) tutto desiderabile e facile da raggiungere ma che porta l'uomo a essere un semplice consumatore.

Pasolini credeva fermamente che l'unico mezzo di resistenza rispetto a questa nuova vorticante realtà fosse la cultura, un lume di ragione che si stagliava nel buio di quei tempi.
La cultura rende consapevoli, rende liberi, rende felici.
Pasolini creò quindi, attraverso la letteratura e il cinema, opere che mettevano (e mettono) in luce terribili situazioni. I testi "Scritti corsari" e "Lettere luterane", le poesie de "La meglio gioventù", i romanzi "Ragazzi di vita e "Una vita violenta" e i film "Accattone" e "Mamma Roma" sono tutti lumi che Pasolini ha acceso nella speranza di accendere anche la consapevolezza di molti altri.

Elisabetta Sorio

mercoledì 22 giugno 2016

APPRENDISTA STAGISTA

ESPERIMENTO RIUSCITO
Proposta per l'apprendista stagista: dall'inserto culturale di un quotidiano, selezionare articoli a tema letterario che solletichino la sua curiosità, partendo dal presupposto che è un tipo di giornale che raramente cade fra le mani di un liceale e che i temi proposti possano risultare di non facile accoglimento.
Risultato finale: molto buono.
La scelta è caduta su due articoli, con tema simile, ma relativi a due periodi storici molto lontani fra loro. Figura femminile e impegno culturale.

La prima donna della Royal Society”, scritto da Franco Giudice, tratta di Margaret Cavendish. Margaret, duchessa di Newcastle-upon-Tyne vissuta nell'Inghilterra del 1600, fu una donna capace di entrare nel mondo della scienza e della letteratura nonostante il suo sesso. Esempio di forte personalità allora come adesso.

Le magnifiche cinque giovani della scienza” di Camilla Tagliabue mette sotto i riflettori le cinque ricercatrici italiane vincitrici dell'edizione italiana del premio For women in Science che promuove la ricerca al femminile (320 le partecipanti, enti promotori Unesco e L'Oréal Foundation). L'articolo è interessante non solo perché è possibile leggere i progetti delle cinque studiose, ma anche in quanto ribadisce la difficoltà per le donne ad entrare nel mondo scientifico, ad oggi ancora dominato per il 70% dagli uomini.


Non male, direi!

sabato 18 giugno 2016

LETTI DI NOTTE: 18 GIUGNO 2016

Pronti per la notte bianca delle librerie indipendenti?
Questa è la notte per tutti i licantropi della lettura.


Il tema di questa edizione? La città.
Da Algeri a Katmandu, da New York a Buenos Aires. Città magiche, città fantastiche, città da sognare, città da vivere.
Con la voce di Lorenzo Bassotto. Dalle 20,30 alle 22,30, a ciascuno la sua città.


martedì 24 maggio 2016

PREMESSA PER UN ADDIO

Un addio ha bisogno di una premessa?
Se così fosse, all'addio basterebbe una premessa?
L'addio da de se stessi, da altri o da altro?
In una geografia con coordinate precise, lo smarrirsi e il ritrovarsi.
Il romanzo di Gian Luca Favetto Premessa per un addio, edito da NN, è la risposta.

Premessa per un addio è una mappa personale. Quella di Tommaso, il protagonista, e quella un po' di ciascuno di noi.

mercoledì 11 maggio 2016

STEFANO BENNI e EDGAR ALLAN POE

Reduce da un tour in Austria, che l'ha visto proporre con grandissimo successo il suo reading L'abisso non ha comodi gradini a Vienna e Salisburgo, Stefano Benni la sera del 9 maggio è salito sul palco del Teatro Filarmonico per incontrare il pubblico veronese.
Per la data conclusiva della rassegna invernale di Idem, il poliedrico Benni ha interpretato tre racconti tratti dalla sua ultima raccolta Cari mostri e dalle antologie di Edgar Allan Poe, cui è dedicato il reading teatrale.
Nelle diverse occasioni in cui ha presentato il suo omaggio a Poe, l'autore bolognese ha offerto agli ascoltatori combinazioni sempre diverse di racconti, scegliendo nella vastissima produzione dello scrittore statunitense, mantenendo pur sempre un filo conduttore: la paura, o le paure, quelle piccole e quelle grandi.
“Diciamo che noi vediamo spesso cose che ci turbano e terrorizzano, e pensiamo che siano nate all'improvviso nella nostra mente... ma non è così... abbiamo paura perché le abbiamo viste prima, le conoscevamo già” (da Cari mostri)
Ad accompagnare ieri sera la suggestiva lettura di L'uomo dei quadri (Benni), Il barile di amontillado (Poe) e Cuore rivelatore (Poe) il violoncello di Riviera Lazeri e il pianoforte di Umberto Petrin.
Il prossimo appuntamento organizzato da Idem è con Francesco de Gregori, che il 3 giugno inaugurerà con il concerto “Amore e furto” il Festival della bellezza, giunto alla sua terza edizione, più ricco che mai.
Roberta Camerlengo

giovedì 24 marzo 2016

CASA DISMAPPA: accoglienza su misura

CASA DISMAPPA

Immaginate di essere un turista in visita a Verona. Immaginate che piova, oppure che ci sia molto caldo, o ancora semplicemente di essere un po' stanchi e di aver voglia di riposare un po' in un ambiente accogliente, studiato apposta per voi. Una camera luminosa, un bagno pulito dove rinfrescarvi e cambiarvi d'abito, una stanza aperta con un tavolo dove appoggiare il computer per studiare l'itinerario della visita in santa pace...
Immaginate di essere su una sedia a rotelle.
Fino a qualche giorno fa, sareste stati abbandonati a voi stessi e ai pochi spazi di accoglienza senza barriere.
Da lunedì 21 marzo, non a caso il primo giorno di primavera, invece potete contare su Casa Dismappa, un progetto di accoglienza voluto e ideato da Nicoletta Ferrari, presidente dell'Associazione Dismappa, che dalla sua sedia a rotelle, ha pensato di aprire il proprio spazio casa al turista disabile di passaggio a Verona.
Ecco dunque una casa, ristrutturata e arredata tenendo in considerazione le esigenze di chi è in carrozzina. Una casa in centro storico (la collocazione è fondamentale per chi è obbligato alla corrozzina), resa disponibile da Agec, con il contributo del Comune e di Agsm. Una casa senza barriere, senza gradini, con il bagno adeguato, gli arredi alle giuste altezze, gli spazi studiati. Una casa in cui l'ospitalità è gratuita.
Funzionalità, gusto estetico e la disponibilità ad ospitare fanno di Casa Dismappa uno posto unico. Il primo esempio di accoglienza vera nei confronti di chi si trova su una sedia a rotelle.
Nicoletta Ferrari, giustamente fiera del suo progetto, si augura non solo che Casa Dismappa sia la prima di una serie di strutture simili, anche in altre città, ma addirittura che un giorno le varie Casa Dismappa, nate sull'esempio di quella in Corso Portoni Borsari, possano diventare inutili: quello sarà il giorno in cui le città saranno senza barriere e pure l'ospitalità tradizionale sarà senza barriere.

Casa Dismappa si trova in Corso Portoni Borsari 17 e da lunedì 21 marzo sono aperte le prenotazioni.

http://www.dismappa.it/

martedì 15 marzo 2016

ANTONELLA CILENTO a Pagina dodici

Il primo romanzo di Antonella Cilento che ho letto è stato Neronapoletano. Era in 2004.
Il 18 marzo alle 18,30 sarà ospite di Pagina dodici, per presentare La Madonna dei mandarini (NN editore)

Antonella Cilento, nata a Napoli nel 1970, inizia a scrivere giovanissima per “Il Mattino” di Napoli, con il quale tuttora collabora, dedicandosi pure giovanissima alla narrativa, ottenendo nel 1997 la segnalazione al Premio Calvino per gli esordienti.
I successi letterari si susseguono: nel 1998 è finalista al Premio Calvino, nel 1999 vince il Premio Pier Vittorio Tondelli, e via via di premio in premio arriva fra i finalisti del Premio Strega nel 2014 e nello stesso anno vince il Premio Boccaccio con Lisario o il piacere infinito delle donne (Mondadori).
Del 2015 sono Bestiario napoletano, edito da Laterza (dove le categorie umane e animali che abitano Napoli, nel tempo e nello spazio, prendono forma in una girandola di tipologie, dove i riti antichissimi di una città eterna accompagnano il lettore dentro e oltre i tanti luoghi comuni della napoletanità e di quell’umanità speciale che da sempre la abita. ) e La madonna dei mandarini, edito dalla promettente NN editore (un romanzo breve, che racconta il mondo della solidarità e del volontariato, nei suoi aspetti caritatevoli e nei suoi lati oscuri, attraverso personaggi semplici, tragici, sfrontati, ironici).
I suoi libri sono tradotti in inglese, francese, spagnolo, tedesco.
Vanta diverse collaborazioni con numerose testate (L'indice dei libri, Corriere del Mezzogiorno, Corriere della sera, Grazia, Marie Claire, Il Sole 24ore, Il Riformista, Panorama Travel).
Scrive testi teatrali (sceneggiature da testi di A.M. Ortese, Elsa Morante, Ian McEwan, Jean Jenet...) e collabora a programmi di Radio Rai.
Si occupa di scrittura creativa, organizzando incontri, laboratori e corsi. Sull'argomento scrive, con Piedimonte nel 2000 Scrivere. Guida ai mondi della parola scritta.
Dal 1993 il suo progetto LALINEASCRITTA (www.lalineascritta.it) propone corsi di formazione alla scrittura, arricchendosi anche di laboratori on-line.
Da quattro anni ha ideato e organizza STRANE COPPIE, in collaborazione con Institut Français de Naples, Goethe Institut, Instituto Cervantes.
I suoi libri:
Il cielo capovolto (Avagliano 2000)
La lunga notte (Guanda 2002)
Non è il paradiso (Sironi 2003)
Neronapoletano (Guanda 2004)
L'amore quello vero (Guanda 2005)
Napoli, il mare luccica (Laterza 2006)
Isole senza mare (Guanda 2009)
Asino chi legge (Guanda 2010)
La pura della lince (Rogiosi 2012)
Lisario (Mondadori 2014)
Bestiario napoletano (Laterza, 2015)
La Madonna dei mandarini (NN editore 2015)






mercoledì 9 marzo 2016

ARE WE HUMAN con LA STRADA COLLETTIVA

All'interno della ricca rassegna ARE WE HUMAN 2015-2016:
LA STRADA COLLETTIVA
di Francesca Proia, Anastasia Mostacci, Adele Cacciagrano. 
Il Vicolo Editore, collana: “Le Ricordanze”. Introduzione di Hshewa Sinbeauti, Luigi De Angelis. Postfazione di Marisa Zattini. Anno di pubblicazione: maggio 2015



Incontro in compagnia delle autrici e della prof.ssa Chiara Zamboni venerdì 11 marzo alle 18,30 in libreria.

«La strada collettiva è un progetto per il quale ho coinvolto undici artisti, provenienti da ambiti eterogenei, nella formazione di una micro comunità del sogno guidato, per sette giorni. (...) Sono stati predisposti due ambienti. Il primo, dedicato alla sperimentazione del sogno lucido, è stato preparato con una trapunta bianca che copriva l’intera superficie del pavimento. In un cerchio avevo disposto dodici lettini neri, di stoffa imbottita. Ogni lettino aveva un piccolo cuscino nero e uno grande cilindrico. (...) Al centro del cerchio, un giovane ulivo, cui ho attribuito un potere riverberante delle energie che si sarebbero addensate attraverso il lungo sostare insieme in forma di cerchio. Infine un grande cartello con la scritta DO NOT SLEEP. Attiguo a questo spazio, un secondo luogo predisposto per il riposo, il dialogo, la scrittura. Qui la scritta in grande, YOU ARE DREAMING invita a riconsiderare costantemente i confini tra realtà e sogno.» Francesca Proia

Francesca Proia danzatrice, coreografa, autrice. Laureata in Conservazione dei Beni Musicali. Inizia lo studio dello yoga nel 1992. Nel 2000 si diploma insegnante presso EFOA International, dove apprende la metodologia di André Van Lysebeth. Dal 2003 al 2007 è stata danzatrice e assistente alle coreografie per il progetto “Tragedia Endogonidia” di Socìetas Raffaello Sanzio. http://francescaproia.tumblr.com/

Anastasia Mostacci è laureata in filosofia del linguaggio con una ricerca sul corpo nel teatro di Grotowski, seguita da un master nell’ambito della performance, un tirocinio e un lavoro di tesi sul corpo sottile nel lavoro di Francesca Proia.

Adele Cacciagrano è dottore di ricerca in Studi Teatrali e Cinematografici presso Università degli Studi di Bologna. Con Piersandra Di Matteo ha curato per il biennio 2010- 2011 la redazione di “Visioni”, piattaforma critica online legata al Festival Natura Dèi Teatri. Ha ideato e co-curato con Laura Severini la prima edizione del festival Funzione Guerriera (Reggio Emilia, 28 febbraio-2 marzo 2014).https://adelecacciagrano.wordpress.com/

Chiara Zamboni insegna Filosofia del linguaggio all'Università di Verona e collabora con la comunità di filosofia femminile Diotima. Tra le sue ultime pubblicazioni: "Parole non consumate. Donne e uomini nel linguaggio" (Liguori, Napoli 2001), "Pensare in presenza. Conversazioni, luoghi, improvvisazioni" (Liguori, Napoli 2009). Ha inoltre curato: "Maria Zambrano. In fedeltà alla parola vivente" (Alinea ed., Firenze
2002) e "Il cuore sacro della lingua" (Il Poligrafo, Padova 2006).

martedì 16 febbraio 2016

AFRODITE

« ποικιλόθρον' ἀθανάτ' Αφρόδιτα, παῖ Δίος δολόπλοκε, λίσσομαί σε, μή μ' ἄσαισι μηδ' ὀνίαισι δάμνα, πότνια, θῦμον »

« Afrodite, immortale che siedi
sopra il trono intarsiato,
figlia di Zeus, tessitrice di inganni
ti supplico: non domare il mio cuore
con ansie, tormenti, o divina. »

Così Saffo invoca la dea
https://www.facebook.com/events/1002156269857800/

martedì 9 febbraio 2016

DANILO DOLCI oggi


Ho incontrato Danilo Dolci per caso, nella libreria di casa, più di qualche anno fa, fra i libri di mia mamma. Quel libro è rimasto con me. Il titolo era “Non esiste il silenzio”, in una vecchia edizione Einaudi.
E' passato del tempo, ma ancora adesso gli scritti di Danilo Dolci mi sembrano di una potenza e un'attualità straordinarie.

La sua storia inizia negli anni '20 (Danilo nasce nel 1924 s Sesana, in territorio allora triestino), come quella di Loris Malaguzzi, di Gianni Rodari, di Mario Lodi, di don Lorenzo Milani, di Bruno Ciari, di rocco Scodellaro, di Alberto Manzi.
Si incrocia con quella di Piero Calamandrei, Aldo Capitini, Maria Montessori, Carlo Levi, Norberto Bobbio.
Sono nomi importanti, allora come adesso. Fanno parte del tessuto culturale italiano (e non solo). Le loro idee riguardano noi e il nostro quotidiano, ci hanno fatto crescere e faranno crescere le generazioni future. Sono principi indiscutibili della società civile, perchè parlano di educazione, cultura, non violenza, partecipazione, progettualità, cambiamento, lavoro, rispetto. Parlano di sprechi e di investimenti sul patrimonio umano.
Parlano di vivere in un contesto di relazione e pace.

A raccontare la storia di Danilo Dolci sono oggi sono Alessio Surian, Diego Di Masi, Emiliano e Lorenzo Martino. Lo fanno nel graphic novel Danilo Dolci. Verso un mondo nuovo, mediterraneo (Beccogiallo edizioni). La forma grafica è un esperimento stupendamente riuscito: le tappe della vita di Dolci, il suo coinvolgimento in un grande progetto corale per lo sviluppo della società tradotti in questa nuova veste diventano così appetibili anche ai lettori più giovani.

A trent'anni dalla prima trasmissione di Radio Partinico libera, la radio della nuova resistenza da cui ha trasmesso nel marzo 1970 “ai siciliani, agli italiani, agli uomini di tutto il mondo”, le parole di Danilo Dolci si possono ancora sentire vicine e mettere in pratica.

Il libro viene presentato con gli autori venerdì 12 febbraio alle 18,30 in libreria.

venerdì 29 gennaio 2016

PASCAL QUIGNARD e VERONA SEMBRA PARIGI


Con il testo inedito “Ballet de l'origine de la langue et de la littérature française” Pascal Quignard si è presentato ieri sera (28 gennaio 2016) al pubblico veronese. La performance è parte integrante del convegno di due giorni (28 e 29 gennaio) organizzato dall'Università (dipartimenti di Scienze umanistiche, di Studi umanistici, di Lingue e letterature straniere), che vede protagonista l'autore francese.
Nello spazio, pieno di charme della Fonderia Aperta Teatro di via del Pontiere, “l'anteprima di uno spettacolo che non è uno spettacolo, di un balletto senza ballerini”: Quignard, solo sul palco a leggere il suo testo inedito sulla nascita della lingua e della letteratura, chiede di immaginare. Gli spettatori percepiscono anche quello che è assente dal palco: i passi di danza, la lingua che prende forma, il primo testo letterario, il decasillabo, gli avvenimenti storici, Carlo Magno, le battaglie medievali. Tutto si rivela davanti ai loro occhi. Magia del teatro!

Una parentesi vivace in un luogo accogliente, che apre una finestra sul mondo e sulla storia.
Verona per un attimo sembra Parigi. 

mercoledì 27 gennaio 2016

27 GENNAIO 2016: I LIBRI DELLA MEMORIA


  • La shoah in 100 mappe, di Georges Bensoussan, Libreria editrice goriziana
Quattro capitoli intensi con cui lo storico francese, che ha dedicato la sua vita professionale principalmente allo studio della Shoah, cerca di schematizzare gli anni dello sterminio: la fase di persecuzione 1933-1939, la concentrazione 1939-1941, la radicalizzazione 1941-1942, il genocidio su scala continentale 1942-1945. Una sorta di atlante storico, dettagliato, documentato, arricchito da un testo sintetico ma esaustivo per dare alla Shoah anche un'immagine grafica
  • KL (Konzentrationlager).Storia dei campi di concentramento nazisti, di Nikolaus Wachsmann, Mondadori
Cosa fa lo storico inglese? Cerca di colmare una lacuna della storia: cerca cioè di aggiungere all'immaginario collettivo, che fa un tutt'uno dei campi di concentramento, Auschwitz, Olocausto, una serie di dati e di informazioni: i Konzentrationlager appartenevano ad un'ampia rete di terrore che coinvolgeva polizia, tribunali, carceri, ghetti, campi di lavoro, avevano un'organizzazione industriale, gestita della SS col criterio economico del massimo rendimento per minima spesa. Questa è una storia che ne illustra in dettaglio la natura e l'attività. Il collegamento con il testo precedente è non solo con i numeri (nel 1945 si contavano 27 campi principali e 1100 campi satellite fra Germania e territori occupati) ma anche in termini di trasformazione legata alla trasformazione stessa dello sterminio.
  • Lei ha mai visto Hitler?, di Walter Kempowski, Sellerio
Un lavoro scritto da un tedesco, di Germania e che in Germania è rimasto fino alla morte (scontando pure una condanna, voluta dai russi, per spionaggio nella Ddr tra il 1948 e il 1956). Sono interviste, brevi, brevissime, parte di un programma che ha impegnato l'autore per decenni: Lei ha visto Hitler? era la domanda posta a chiunque per strada. Ciascuno degli intervistati rispondeva, con maggiore o minore sincerità, dichiarando sempre dov'era nel momento del passaggio di Hitler e riferendo a quali avvenimenti avesse assistito, che ruolo avesse nella società, come gli fosse sembrato Hitler. E' un'indagine sul nazismo, sugli effetti e sui lasciti nella società tedesca.
  • Il guardiano. Marek Edelman racconta, di Rudi Assuntino e Wlodek Goldkorn (Sellerio)
E' un libro in memoria: Marek Edelman è morto nel 2009 ma i due autori l'hanno intervistato nel 1997 e quindi ne possono raccontare la storia. Ebreo polacco, chiuso nel ghetto di Varsavia di cui nel '43 organizza l'insurrezione. Di se stesso dice. “ Sono semplicemente il guardiano delle tombe del mio popolo”, come lo è, insieme ad altri testimoni e sopravvissuti, del mondo ebraico cancellato dalla Shoah. Edelman, antisionista convinto e sostenitore invece di un'Europa democratica e socialista in cui regnasse la fratellanza dei popoli, si è sempre schierato per difendere le cause “giuste”, Solidarnosc in primis ma anche Sarajevo durante l'assedio nella guerra in Bosnia Erzegovina.
  • Racconti del ghetto di Lodz, di Abram Cytryn, Marsilio
Abram Cytryn è un ragazzino: nato nel 1927 a Lodz nel sud della Polonia, dove ha vissuto rinchiuso nel ghetto dal 1940 al 1944 e da dove è stato deportato con tutta la famiglia ad Auschwitz. I 24 taccuini di Abram, conservati dalla sorella (unica sopravvissuta alla deportazione) costituiscono un documento eccezionale, al pari del Diario di Anne Frank. Abram scrive, scrive per non affondare, scrive per sopravvivere, scrive della vita quotidiana nel ghetto, scrive per lasciare traccia come ammette da subito: “Gli abitanti ebrei... sostengono, a ragione, che nessuno descriverà mai il loro inferno. Io tuttavia vorrei trascinare in questa storia, con dolcezza, il lettore e fargli conoscere, anche se parzialmente, questo universo, in cui tragedia e commedia si mescolano”.
  • E tu non sei tornato, di Marceline Loridan-Ivens, Bollati Boringhieri
E' una donna che scrive, una donna anziana ormai, di origine ebrea polacca, ma residente in Francia al momento dell'occupazione nazista: nel 1944 viene deportata con il padre ad Auschwitz-Birkenau, lei si salva, lui no. Quel padre che al momento della deportazione le dice “Tu tornerai, perché sei giovane”, quel padre è adesso il destinatario di una lunga lettera in cui Marceline racconta nel dettaglio tutto quello che è indelebilmente impresso nella sua memoria, dalla cattura fino alla liberazione e al ritorno, ritorno a casa e ritorno ad un vita “normale”.
  • 33 giorni, di Leon Werth, Bompiani
Questo è un libro sull'esodo. Siamo in Francia nell'estate 1940 e Werth, ebreo, parte da Parigi per raggiungere il Jura: 33 giorni è il diario della fuga da Parigi occupata, degli incontri fatti durante in viaggio con gli altri ebrei in fuga, è anche il libro che Werth consegna all'amico Saint-Exupery perché lo faccia pubblicare. Saint-Exupery lo porta a New York, alla casa editrice Brentano (che in tempo di guerra pubblicava libri francesi in traduzione), ma il libro non viene pubblicato. Solo nel 1992 un'editrice francese scopre il manoscritto e lo dà alle stampe.
  • Triangoli rossi, di Boris Pahor, Bompiani
Pahor parla degli altri prigionieri, gli altri deportati, quelli con il triangolo rosso, quelli come lui: i deportati politici, coloro che si erano opposti all'autorità militare nazista in nome della libertà. Una nuova testimonianza, dura e commovente di Pahor dopo il famoso Necropoli e Come ho vissuto (sempre editi da Bompiani) sulla sua esperienza nei lager.
  • Eravamo ebrei, di Alberto Mieli e Ester Mieli, Marsilio
Sono passati sessant'anni e solo adesso Alberto Mieli (classe 1925) racconta alla nipote Ester l'esperienza dei campi: dà voce alle immagini che non lo abbandonano mai, giorno e notte. Rivive la Roma nazifascista, le leggi razziali, l'arresto, l'arrivo ai campi, l'odore, l'orrore, la fame... ancora incredulo per essere sopravvissuto.
  • Come passeri sperduti, di Paola Dalli Cani, Cierre
La voce è quella di una giornalista, il protagonista del libro è Ennio Trivellin, nato a Verona nel 1928 e di qui catturato il 2 ottobre del 1944 dalle SS in quanto aderente alla brigata partigiana Montanari (era giovane, faceva la staffetta), portato a Bolzano e poi a Mauthausen. Paola Dalli Ciani raccoglie la sua testimonianza, dopo il lungo silenzio, quel silenzio che significa “dimenticare per sopravvivere” e poi si trasforma in voce perché testimoniare diventa dovere morale.
  • Oltre la disperazione, di Aharon Appelfeld, Guanda
Appelfeld è originario della Bukovina, regione della Romania, poi annessa all'Unione sovietica nel 1940 e schieratasi a fianco della Germania nazista nel 1941, occupata nuovamente dai Russi nel 1944 e annessa all'Unione sovietica nel 1947, oggi divisa fra Ucraina e Romania.
Appelfeld è un sopravvissuto. Riesce, bambino, a scappare dal Campo e a sopravvivere in condizioni estreme, negando la propria identità.
Oltre la disperazione” raccoglie tre lezioni tenute alla Columbia University di New York: non sono solo la testimonianza della sua storia, ma anche un saggio psicologico/filosofico sulla memoria. Appelfeld spiega cos'è la memoria per un sopravvissuto, quali i tempi di elaborazione e di reazione, quali i sentimenti contrastanti che dominano l'esistenza di chi è sopravvissuto. “L'immagine che significa anche colori, profumi, suoni è la più fedele custode della memoria. Chi ha attraversato la Shoah ha timore della memoria, come fosse fuoco: Per molto tempo la mia generazione ha tenuto nascosta e repressa, quando non ha rimosso, la memoria di quegli anni. Dopo la Shoah era impossibile vivere senza mettere a tacere i ricordi. La memoria è diventata il nostro nemico”.
La prima letteratura sulla Shoah era in forma documentaria, quella più consona al giornalismo da collettivo plurale. Scrivere di sé e dei propri sentimenti sembrava una cosa egoistica, quasi sconcia”.

Sono le mie letture, per oggi e per sempre, scelte fra le pubblicazioni degli ultimi mesi