mercoledì 3 luglio 2013

IL BAMBINO CHE MANGIAVA LE NUVOLE


Il bambino non ha nome, è un bambino come tanti, che vive in un grande palazzo dove nessuno si conosce. Trascorre le giornate da solo nella sua stanza e si annoia. Per questo motivo, un giorno, decide di mangiare una delle nuvole che vede sempre passare dalla sua finestra. Questo evento cambierà non solo la sua vita, ma coinvolgerà (e sconvolgerà) anche tutti gli abitanti della città in cui abita. È poetica l’immagine della discesa dalla scala su cui corre il bambino con la paletta in mano. Una lunga scala a chiocciola che sembra muoversi libera e sinuosa nell’aria, su cui viene voglia di scivolare a perdifiato. Il traguardo è la scoperta dei rapporti umani. Giocare con gli amici è il nuovo mondo che si offre al bambino e che lui decide di vivere. L’incontro con l’altro avviene, infatti, solo quando si è disposti ad affrontare il nuovo con entusiasmo e curiosità, con un pizzico d’intraprendenza e di coraggio.

Le illustrazioni particolareggiate di Aurélia Fronty riempiono le pagine con colori netti e decisi, che si contrappongono con forza gli uni agli altri a livello sensoriale. Le immagini interpretano il testo e lo rielaborano in una veste ricca di suggestioni grafiche che rimandano all’America Latina.
Una storia sul coraggio di divorare la solitudine.

Nella parole di Patrizia Gandolfo Il bambino che mangiava le nuvole, di Agnes de Lestrade e Aurelia Fronty, Jaca Book


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