lunedì 3 settembre 2007

UZBEKISTAN: VERSO SAMARCANDA

Il mio viaggio inizia a Tashkent. La capitale della Repubblica accorpa due città in una: da un lato dell'Ankhor Canal, la vecchia città uzbeka con case basse, giardinetti interni, vie strette..., dall'altro l'imponenza della città sovietica con palazzi maestosi, viali alberati la cui maestosa larghezza contrasta con il traffico assai scarso, fontane e marmi. La prima animata e solare, la seconda semideserta e seriosa. Il cuore della città vecchia, in gran parte rimasto intatto dopo il terremoto del 1966, è la cinquecentesca madrasa di Kukeldash e il Chorsu Bazaar. Brulichio di gente, aria che profuma di pane appena sfornato e bancarelle con splendida frutta ordinata in piramidi multicolori. Sorridono gli uzbeki: nonostante la teoria di denti d'oro che lascia sempre un po' perplessi noi occidentali, i sorrisi degli uzbeki rimangono nel cuore. Siano bimbi intenti al gioco, uomini al lavoro, venditrice del mercato, anziani seduti all'ombra di un gelso... sorridono, cortesi inclinano il capo e si mettono la mano destra sul cuore.
La prima impressione è positiva: dalle difficoltà comunicative con gli addetti di dogana all'aeroporto, mi era sorto il dubbio che potesse rivelarsi complicato qualsiasi rapporto con i locali. Mi sbagliavo: anche se la lingua è diversa e se l'inglese non è molto diffuso, si riesce a "parlare" sempre e comunque. Ci si capisce insomma senza problemi... almeno per le questioni di base.
Al Chorsu Bazaar sono frastornata dalla confusione, non sul genere dei suq arabi, ma dal continuo andirivieni di persone, carichi, merci e persone che offrono assaggi di frutta, di formaggio fresco o stagionato, di semi sconosciuti, di polveri strane. E tutti sorridono e offrono per il piacere di vedere l'indice di gradimento di chi viene dall'Ovest.
Il caldo è soffocante. Il sole impietoso.
Il viaggio prosegue per Samarcanda!

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